A conclusione di un rapporto di lavoro conflittuale e ormai da tempo logorato, l´aggressione verbale "non farti più vedere altrimenti finisce male" usata contro la dipendente, dai proprietari di un bar, è costata, a questi ultimi, la condanna per minaccia.
Così la V sez. Penale della Corte di Cassazione con sentenza n. 42752/17, depositata il 19 settembre.
A detta del difensore degli imputati, la frase in oggetto, non avrebbe avuto una forza intimidatoria tale da farla rientrare nel reato di minaccia così come previsto all´ art 612 del Codice penale che recita :" Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro".
Di fatti, asseriva la difesa, non solo l´imputato non aveva avuto nessuna intenzione concreta di attuare i comportamenti prospettati verbalmente ma, per di più, la frase pronunciata si caratterizzava per la genericità del male minacciato, nonché per l´inidoneità della condotta ad incutere timore, e così invocando la particolare tenuità del fatto (art 131 bis Cod. Pen.).
Ulteriori motivi di gravame l´individuazione, nella valutazione effettuata dal Giudice sulla mancanza di spontaneità dei testi, di mere opinioni personali dello stesso e non supportate da elementi oggettivi, nonché la manifesta illogicità della motivazione in sentenza.
Con tali motivazioni gli imputati ricorrevano per la cassazione della sentenza d´appello -reputata eccessiva- con cui venivano condannati i due proprietari del bar, al pagamento di una multa pari ad euro 300 cadauno.
La Cassazione rigettava il ricorso ritenendolo infondato.
Secondo i giudici di legittimità, ha svolto un ruolo importante il contesto in cui avveniva la minaccia, vale a dire quello lavorativo conflittuale, e per i quali le parole scagliate contro la dipendente integravano perfettamente il reato. Il male oscuro, idoneo a creare turbamento e timore nella vittima è, nel caso di specie, una prospettazione evidente e, come confermato in proposito da giurisprudenza di legittimità, con ciò è perfettamente integrato l´elemento oggettivo del reato (Sez. 5, n. 50573 del 24/10/2013).
Peraltro, anche laddove il male minacciato fosse indeterminato, la condotta intimidatoria, e quindi la sola prospettazione della vittima di essere in pericolo ad opera dell´autore della minaccia, è sufficiente ai fini del perfezionamento del reato.
Scritto da Dott.ssa Paola Moscuzza