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Ultrapetizione: Consiglio Stato ricostruisce termini e criteri

E´ stata questa la questione al centro della riflessione condotta dal Consiglio di Stato, Sezione V, culminata nella Sentenza 11 aprile 2016 n. 1419.
In seno al processo portato all´esame del giudice d´appello, con il primo e secondo motivo di appello, la Provincia Autonoma di Trento aveva dedotto il vizio di ultrapetizione della sentenza, assumendo che la domanda di risarcimento dei danni formulata dalla P. era intimamente connessa alla domanda di annullamento della revoca dell´assegnazione, sicché essa presupponeva l´accertamento della illegittimità della revoca o, comunque, profili di illiceità della condotta tenuta dalla Amministrazione provinciale nel corso del procedimento (ciò sarebbe stato desumibile anche dalla quantificazione del danno, consistente, quanto al danno emergente nelle spese vive sostenute in vista della stipula del contratto di compravendita, compresi gli onorari da corrispondere ai professionisti e le spese sostenute per l´acquisizione di nuovi macchinari per la verniciatura; mentre il lucro cessante sarebbe stato individuato nell´affidamento della ricorrente nella conclusione del contratto che l´avrebbe indotta ad orientarsi verso determinati tipi di intervento piuttosto che altri).
Poiché la sentenza impugnata non avrebbe ritenuto responsabile l´amministrazione pubblica per illecito comportamento in merito al procedimento, ritenendo anzi doveroso nell´interesse pubblico ritirare il provvedimento di assegnazione del lotto, non vi sarebbero i presupposti dell´azione risarcitoria, nel mentre la corresponsione dell´indennizzo previsto dall´articolo 21 quinquies della L. n. 241 del 1990, sarebbe stata, ad avviso della parte, ultra petita perché mai chiesto dalla ricorrente.
Il Collegio non ha però condiviso la prospettazione della ricorrente, ritenendola incentrata su una lettura estremamente formalistica dell´articolo 112 c.p.a..
Secondo Palazzo Spada, l´articolo 112 c.p.a. (corrispondenza tra chiesto e pronunciato) in base al quale il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa (principio, invero, inderogabile che rappresenta il completamento del principio della domanda di cui all´articolo 99 c.p.a. e dell´articolo 2907 c.c. che stabilisce l´obbligo per il giudice di rispettare i contenuti delle domande formulate dalle parti), deve intendersi violato allorquando il giudice alteri petitum e causa petendi pronunciandosi in merito ad un bene diverso da quello richiesto, nemmeno compreso implicitamente nella domanda o qualora ponga a fondamento della decisione fatti o situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo una causa petendi nuova e diversa rispetto a quella contenuta nella domanda.
Ma, ha soggiunto il Collegio, è invece consentito l´esame di una questione non espressamente formulata qualora questa debba ritenersi tacitamente proposta, in quanto in rapporto di necessaria connessione o compresa in quelle espressamente formulate.
Fermo restando, ha precisato, che spetta al giudice interpretare la domanda o le domande proposte, tenendo presente il contenuto sostanziale della domanda (petitum e causa petendi) quale desumibile dagli atti del giudizio e dalle allegazioni delle parti.
Quindi, il giudice non può sostituire alla domanda proposta una diversa domanda, cadendo altrimenti nella pronuncia ultra petita o extra petita, nel mentre non può parlarsi di pronuncia ultra o extra petita quando rimangano inalterati il petitum e la causa petendi.
Il giudice ben può, quindi, porre a base della domanda una diversa norma di legge o qualificare la domanda in base a una norma di legge giacché si ha modifica della causa petendi solo con l´indicazione di una realtà fattuale diversa da quella prospettata dalla parte.
E ancora, non ricorre il vizio di ultrapetizione o extrapetizione qualora il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad un´autonoma qualificazione giuridica dei fatti allegati, ad argomentazioni giuridiche diverse e a diversa valutazione delle prove, essendo il giudice libero di individuare l´esatta natura dell´azione, di porre a base della pronuncia considerazioni di diritto diverse, di rilevare - indipendentemente dall´iniziativa della controparte - la mancanza degli elementi che caratterizzano l´efficacia costitutiva o estintiva di una pretesa della parte, attenendo ciò all´esatta applicazione della legge (Casso. Civ., 29 gennaio 2003, n. 1273; 6 giugno 2002, n. 8218; 12 ottobre 2001, n. 12471; 15 marzo 2012, n. 4143).

Segue Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 936 del 2007, proposto dalla Provincia Autonoma di Trento, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall´avvocato Achille Chiappetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Paolo Emilio, n. 7;

contro

P.V. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Chelodi, Armando Montarsolo e Mario Maccaferri, con domicilio eletto presso lo studio dell´avvocato Armando Montarsolo in Roma, via San Tommaso D´Aquino, n. 116;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - del Trentino Alto Adige, Trento n. 300 del 23 agosto 2006, resa tra le parti, concernente corresponsione indennizzo risarcitorio a seguito di revoca assegnazione area

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l´atto di costituzione in giudizio di P.V. s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell´udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il Consigliere Doris Durante;

Udito l´avvocato Curzio Cicala su delega dell´avvocato Achille Chiappetti;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1.- P.V. s.r.l. (già P.M. s.n.c.) in base alla legge provinciale 13 aprile 1981, n. 4 "Aree per impianti produttivi", con istanza del 26 luglio 1999 chiese alla Giunta provinciale di Trento l´assegnazione in proprietà di un´area della superficie di 5.000 metri quadrati in zona destinata alla realizzazione di impianti produttivi del Comune di Lavis.

La domanda venne accolta e in data 26 luglio 1999 venne predisposto lo schema di contratto da sottoscrivere per accettazione e le modalità di frazionamento del terreno.

Con successiva determinazione del Servizio Industria n. 190 del 14 aprile 2000 si approvò l´alienazione in favore della P. s.n.c. del lotto di terreno richiesto, fissandosi il corrispettivo della vendita in L. 459.600.000 + i.v.a. e le modalità di pagamento.

L´atto di vendita del lotto, tuttavia, non venne stipulato nei tempi e nei termini convenuti e la Provincia Autonoma con determinazione del Dirigente Servizio Industria n. 326 del 29 giugno 2005 dispose l´archiviazione della domanda di assegnazione e il ritiro del provvedimento di approvazione dello schema di compravendita dell´area.

2.- Era accaduto che nelle more della stipula dell´atto di vendita veniva accertata una grave situazione di inquinamento nel sottosuolo dell´area da cedere.

La società non aderiva alla proposta della Provincia circa l´accollo a suo carico delle spese di bonifica del terreno né accettava condizioni diverse di vendita (con nota dell´11 ottobre 2000 la società aveva chiesto una proroga del termine di stipula "in attesa della certificazione da parte dell´Ufficio Aree di salubrità del terreno..."; con nota del 10 agosto 2001 la società aveva ribadito la volontà di stipulare l´atto di acquisto ed aveva sollecitato l´amministrazione all´espletamento dell´attività di bonifica).

La Provincia, dal canto suo, con nota del 21 agosto 2001 rappresentava le difficoltà delle indagini dei fattori inquinanti, insistendo sull´accollo da parte della società del rischio connesso al rinvenimento di elementi inquinanti e con nota del 29 dicembre 2004 invitava la società P. ad un incontro per definire la pratica, dovendosi ritenere decaduta la proroga a suo tempo concessa.

La società P., con atto di diffida notificato il 21 giugno 2005 formalizzava la volontà già manifestata di acquisto del terreno alle condizioni inizialmente pattuite sollecitando la Provincia alle operazioni di bonifica e alla cessione dell´area alle condizioni pattuite.

A tal punto, la Provincia di Trento con nota del 2 marzo 2005 dichiarava scaduta la proroga a suo tempo concessa alla P. e, pur assicurando che dopo l´avvenuta bonifica avrebbe privilegiato la società nella cessione del terreno il cui prezzo avrebbe dovuto tenere conto delle mutate condizioni di mercato, con la determinazione del Dirigente Servizio Industria n. 326 del 29 giugno 2005 archiviava la domanda di assegnazione del lotto e ritirava il provvedimento di approvazione dello schema di compravendita.

3.- P.V. s.r.l. con ricorso al Tribunale di Giustizia Amministrativa del Trentino Alto Adige chiedeva l´annullamento della Det. n. 326 del 2005 e il risarcimento in forma specifica mediante la sottoscrizione e la esecuzione dell´originario contratto o il risarcimento in forma equivalente, con pagamento delle spese vive sostenute e delle perdite economiche connesse.

Resisteva in giudizio la Provincia Autonoma che chiedeva il rigetto del ricorso.

4.- Il Tribunale di Giustizia Amministrativa del Trentino Alto Adige con la sentenza n. 300 del 23 agosto 2006 respingeva la domanda di annullamento e accoglieva invece "nei sensi e nei limiti e con le modalità di cui in motivazione, la domanda di indennizzo risarcitorio e, per l´effetto condanna(va) la Provincia Autonoma di Trento alla corresponsione della somma risultante alla società ricorrente" maggiorata di interessi e rivalutazione a decorrere dalla domanda. Compensava le spese di giudizio.

4.1- Ad avviso del TAR, l´azione dell´amministrazione sarebbe stata conforme all´interesse pubblico "essendo evidente, chiaro e ragionevole che quest´ultima non poteva agire in modo diverso in revoca; che altrimenti avrebbe finito col sottoscrivere ed eseguire un contratto divenuto eccessivamente oneroso, sotto il profilo economico e finanziario (in ragione delle prevedibili spese di bonifica e del tempo trascorso dalla stesura propositiva dell´iniziale disposizione di assegnazione dell´area in questione); situazione questa chiaramente lesiva della salubrità (pubblica) dell´ambiente e, alla fine, anche del valore (collettivo) del pubblico denaro. E tutto ciò in ragione di accadimenti e fatti non ascrivibili...mancando sul punto una qualsiasi prova contraria - a proprie azioni omissioni organizzative e/o di potestà pubbliche...".

4.2- Quanto alla richieste risarcitoria, ad avviso del TAR, andava accolta la domanda, implicita, ma oggettivamente ricavabile dalla domanda di risarcimento per equivalente, con la quale si tendeva ad ottenere comunque un risarcimento economico e, percorrendo la strada indicata dall´articolo 21 quinquies della L. n. 241 del 1990, utilizzando l´espresso concetto di indennizzo economico, intendendo quest´ultimo compreso, in quanto domanda di minor spessore nella domanda di risarcimento per equivalente, riconosceva quel "dignitoso ristoro economico su basi legittime" previsto quale extrema ratio dalla citata norma.

4.3- In ordine all´applicabilità della norma anche nella Provincia autonoma di Trento, non riteneva ostativa la circostanza che la Provincia non avesse legiferato nella materia, trattandosi di norma di portata generale e immediatamente precettiva.

4.5- Sulla base di queste considerazioni il TAR accoglieva la domanda di indennizzo risarcitorio che quantificava in relazione alle sole spese vive sostenute e documentate, oltre interessi e rivalutazione dalla data della domanda.

5.- La Provincia Autonoma di Trento ha impugnato la suddetta sentenza, chiedendone l´annullamento o la riforma per erroneità alla stregua dei seguenti motivi:

5.1- vizio di ultrapetizione;

5.2- violazione dell´articolo 116 della Costituzione; violazione dell´articolo 1 dello Statuto della Regione Trentino Alto Adige e del D.Lgs. n. 266 del 16 marzo 1992; eccesso di potere per erronea valutazione di circostanze di fatto e difetto di motivazione;

5.3- in via subordinata, violazione e falsa applicazione dell´articolo 21 quinquies della L. n. 241 del 1990; eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta; erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; difetto di motivazione;

5.4- eccesso di potere per travisamento di circostanze di fatto e diritto; difetto di motivazione.

6.- Si è costituita in giudizio la s.r.l. P.V. che ha chiesto il rigetto dell´appello.

7.- Con memoria difensiva depositata il 13 novembre 2015, la PAT ha rappresentato di aver quantificato in Euro 22.449,92 l´indennizzo spettante alla P. e di aver corrisposto la somma, ma di non poter ritenere cessato l´interesse alla decisione, avendo la società accettato il pagamento "con salvezza di ogni e maggiore pretesa".

A sua volta la P.V. ha dato atto dell´avvenuto pagamento dell´indennizzo, concludendo per la sopravvenuta carenza di interesse alla impugnazione da parte della Provincia.

8.- Le parti hanno scambiato memorie di replica e, alla pubblica udienza del 17 dicembre 2015, precisate le conclusioni nei termini di cui agli atti difensivi, il giudizio è stato trattenuto per la decisione.

9.- L´appello è infondato nel merito e va respinto, sicché si può prescindere dall´esame della eccezione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.

10.- Con il primo e secondo motivo di appello, che possono essere esaminati congiuntamente, la Provincia Autonoma di Trento deduce il vizio di ultrapetizione della sentenza, assumendo che la domanda di risarcimento dei danni formulata dalla P. era intimamente connessa alla domanda di annullamento della revoca dell´assegnazione, sicché essa presupponeva l´accertamento della illegittimità della revoca o, comunque, profili di illiceità della condotta tenuta dalla Amministrazione provinciale nel corso del procedimento (ciò sarebbe desumibile anche dalla quantificazione del danno, consistente, quanto al danno emergente nelle spese vive sostenute in vista della stipula del contratto di compravendita, compresi gli onorari da corrispondere ai professionisti e le spese sostenute per l´acquisizione di nuovi macchinari per la verniciatura; mentre il lucro cessante sarebbe stato individuato nell´affidamento della ricorrente nella conclusione del contratto che l´avrebbe indotta ad orientarsi verso determinati tipi di intervento piuttosto che altri).

Poiché la sentenza impugnata non avrebbe ritenuto responsabile l´amministrazione pubblica per illecito comportamento in merito al procedimento, ritenendo anzi doveroso nell´interesse pubblico ritirare il provvedimento di assegnazione del lotto, non vi sarebbero i presupposti dell´azione risarcitoria, nel mentre la corresponsione dell´indennizzo previsto dall´articolo 21 quinquies della L. n. 241 del 1990, sarebbe ultra petita perché mai chiesto dalla ricorrente.

La prospettazione della ricorrente non può essere condivisa, perché incentrata su una lettura estremamente formalistica dell´articolo 112 c.p.a..

10.1- L´articolo 112 c.p.a. (corrispondenza tra chiesto e pronunciato) in base al quale il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa (principio, invero, inderogabile che rappresenta il completamento del principio della domanda di cui all´articolo 99 c.p.a. e dell´articolo 2907 c.c. che stabilisce l´obbligo per il giudice di rispettare i contenuti delle domande formulate dalle parti), deve intendersi violato allorquando il giudice alteri petitum e causa petendi pronunciandosi in merito ad un bene diverso da quello richiesto, nemmeno compreso implicitamente nella domanda o qualora ponga a fondamento della decisione fatti o situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo una causa petendi nuova e diversa rispetto a quella contenuta nella domanda.

E´ invece consentito l´esame di una questione non espressamente formulata qualora questa debba ritenersi tacitamente proposta, in quanto in rapporto di necessaria connessione o compresa in quelle espressamente formulate.

Naturalmente spetta al giudice interpretare la domanda o le domande proposte, tenendo presente il contenuto sostanziale della domanda (petitum e causa petendi) quale desumibile dagli atti del giudizio e dalle allegazioni delle parti.

Inevitabile corollario è che il giudice non può sostituire alla domanda proposta una diversa domanda, cadendo altrimenti nella pronuncia ultra petita o extra petita, nel mentre non può parlarsi di pronuncia ultra o extra petita quando rimangano inalterati il petitum e la causa petendi.

Il giudice ben può, quindi, porre a base della domanda una diversa norma di legge o qualificare la domanda in base a una norma di legge giacché si ha modifica della causa petendi solo con l´indicazione di una realtà fattuale diversa da quella prospettata dalla parte.

Ugualmente non ricorre il vizio di ultrapetizione o extrapetizione qualora il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad un´autonoma qualificazione giuridica dei fatti allegati, ad argomentazioni giuridiche diverse e a diversa valutazione delle prove, essendo il giudice libero di individuare l´esatta natura dell´azione, di porre a base della pronuncia considerazioni di diritto diverse, di rilevare - indipendentemente dall´iniziativa della controparte - la mancanza degli elementi che caratterizzano l´efficacia costitutiva o estintiva di una pretesa della parte, attenendo ciò all´esatta applicazione della legge (Casso. Civ., 29 gennaio 2003, n. 1273; 6 giugno 2002, n. 8218; 12 ottobre 2001, n. 12471; 15 marzo 2012, n. 4143).

Alla stregua di tali principi, deve ritenersi corretto il percorso motivazionale del TAR che ha qualificato la domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente nella più modesta forma dell´indennizzo ex articolo 21 quinquies della L. n. 241 del 1990 che integra in sostanza una modalità risarcitoria precostituita per legge per le ipotesi di provvedimenti di revoca legittimamente adottati dall´amministrazione ma fonte comunque di danno per la parte che subisce la revoca di un provvedimento attributivo di un vantaggio.

Vanno, quindi, respinti i primi due motivi di appello.

11.- Con i motivi dedotti in via subordinata l´amministrazione appellante deduce la violazione dell´articolo 116 della Costituzione, dell´articolo 4 dello Statuto della Regione Trentino Alto Adige, nonché del D.Lgs. 16 marzo 1992, n. 266 ed il vizio di eccesso di potere per erronea valutazione di circostanze di fatto e di diritto e per difetto di motivazione.

In sostanza la PAT ritiene inapplicabile nella Provincia Autonoma la disposizione di cui all´articolo 21 quinquies della L. n. 241 del 1990 perché relativa a materia riservata alla competenza esclusiva della Regione e delle Province Autonome.

La censura è infondata

La L. n. 241 del 1990 detta i principi fondamentali sostanziali e processuali del procedimento amministrativo ed in quanto norma di portata generale ed immediatamente precettiva va applicata su tutto il territorio italiano, comprese le regioni e province ad autonomia speciale.

Né ha pregio l´assunto della Provincia Autonoma di Trento secondo la quale la L. n. 241 del 1990 sarebbe ricompresa nella più ampia disciplina degli uffici regionali riservata alla competenza della Regione Trentino Alto Adige, giusta il disposto dell´articolo 4, comma 1 dello Statuto.

Infatti, la riserva riguarda l´organizzazione interna degli uffici e non già le norme sul procedimento, laddove vengano regolati i rapporti con i terzi e tutelata la posizione dei terzi.

Va da sé che la circostanza che la legge in materia di disciplina del procedimento amministrativo emanata dalla Provincia autonoma di Trento non menzioni la L. n. 241 del 1990 e non contempli l´istituto dell´indennizzo previsto dall´articolo 21 quinquies della suddetta L. n. 241 del 1990 non ne impedisce l´applicazione stante la portata generale e precettiva della disposizione citata.

12.- La Provincia appellante deduce l´erroneità della sentenza per travisamento delle circostanze di fatto e di diritto sul presupposto che il provvedimento da essa adottato "Archiviazione della domanda di assegnazione...e contestuale revoca della Det. n. 190 del 14 aprile 2000" non sarebbe un vero e proprio provvedimento autoritativo di revoca ma il ritiro di una proposta non più accettata, essendo indubbio che la P. non accettò condizioni di vendita diverse da quelle originariamente pattuite malgrado la nuova situazione di inquinamento accertata.

12.1- L´assunto è infondato.

L´atto in questione integra una ipotesi tipica di revoca da parte dell´amministrazione di un proprio atto, ricadendo in pieno nella previsione dell´articolo 21 quinquies della L. 7 agosto 1990, n. 241 (Revoca del provvedimento), a mente del quale "Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell´adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell´interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell´organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l´amministrazione ha l´obbligo di provvedere al loro indennizzo".

In conclusione deve ritenersi che il TAR ha fatto corretta applicazione della suddetta disposizione non solo quanto al riconoscimento alla società P. dell´indennità per atto legittimo, ma anche quanto alla liquidazione dell´indennizzo spettante alla società a fronte della revoca.

Per le ragioni esposte, l´appello deve essere respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza nell´importo indicato in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull´appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la Provincia Autonoma di Trento al pagamento in favore della P.V. s.r.l. delle spese di questo grado di giudizio che liquida in Euro 3.000,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l´intervento dei magistrati:

Mario Luigi Torsello, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo´ Lotti, Consigliere

Doris Durante, Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

 

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