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Trasferimento per incompatibilità aziendale, SC: nessun onere formale e motivazionale, non è diaciplinare

Moscuzza

 

Il trasferimento del dipendente per incompatibilità ambientale non ha natura disciplinare, ed è legittimo a prescindere dalla osservanza di garanzie sostanziali o procedimentali che siano stabilite per le sanzioni disciplinari.
 
Queste le parole della sezione Lavoro della Cassazione, sentenza n. 11568/17, depositata l´11 Maggio, per la risoluzione di una controversia nata tra una lavoratrice e l´azienda datrice di lavoro.
 
La dipendente, impiegata al Comune, presentava domanda al Tribunale del Lavoro affinchè fosse dichiarata l´illegittimità del suo trasferimento da una unità operativa ad un´altra, subito a seguito di tensioni e connessa disfunzione venutesi a creare tra i colleghi.
 
In primo, come successivamente in secondo grado, la richiesta non trovava accoglimento, avendo entrambi i giudici confermato la legittimità del provvedimento ed escluso la natura disciplinare dello stesso.
 
Ricorreva pertanto in Cassazione la donna, lamentando la violazione e falsa applicazione dell´art. 2103 c.c. e dell´art 2 della Legge n. 604/1966, e così la mancanza di motivazione del provvedimento di trasferimento, che deve essere adottato solo per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
 
In accordo però ai giudici di merito, quelli di legittimità confermavano che la motivazione del trasferimento, dovuto a una situazione di incompatibilità aziendale che ha dato luogo a malfunzionamenti dell´unità produttiva, coincide con quella che è definita esigenza tecnica, organizzativa e produttiva, e che il trasferimento non è configurabile alla stregua di una sanzione disciplinare.
 
Per questo, il provvedimento non è soggetto a oneri di forma e non deve necessariamente contenere l´indicazione dei motivi: "In tali casi, il controllo giurisdizionale sulle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, che legittimano il trasferimento, deve essere diretto ad accertare soltanto se vi sia corrispondenza tra il provvedimento datoriale e le finalità tipiche dell´impresa, e, trovando un preciso limite nel principio di libertà dell´iniziativa economica privata (garantita dall´art. 41 Cost.)" le testuali parole della Corte.
 
Il dirigente dell´unità ospedaliera, infatti, reiterando la richiesta di allontanamento della ricorrente, aveva più volte tentato di risolvere il disservizio, e neanche l´assegnazione della stessa ad altra mansione era risultata una soluzione vincente. I contrasti e le ostilità tra i colleghi, peraltro documentati a dovere, facevano ritenere nociva una ulteriore permanenza della donna nella stessa sede fornendo al datore di lavoro una prova esaustiva su cui fondare il provvedimento di trasferimento (sul punto, in sentenza, è fatto richiamo alla n. 2143/2017 della Cassazione), non essendo neanche necessario che questo fosse inevitabile ed essendo sufficiente la ragionevolezza di tale soluzione sul piano tecnico, organizzativo e produttivo.
 
L´esigenza dell´ente di assicurare un ambiente di lavoro che favorisca uno svolgimento dell´attività improntato a rapporti pacati e distesi, lo legittima a ricorrere alla mobilità del personale, che dunque rientra nelle esigenze di cui l´art 2103 è portavoce.
Il ricorso, ritenuto privo di fondatezza, veniva rigettato.
 
Paola Moscuzza, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Messina, nell´anno 2015.
 
 
 
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