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La Cassazione si è ancora pronunciata sul delitto di traffico di influenze illecite, tentando nuovamente di individuare e definire la fattispecie delittuosa.
Gli Ermellini, nell'ambito di un procedimento cautelare di sequestro preventivo, nell'esaminare i presupposti del fumus commissi delicti, premettendo che il fumus richiesto per l'adozione del sequestro preventivo è costituito dalla esistenza di indizi di reato, cioè dalla esistenza di elementi concreti che facciano apparire verosimile che un reato sia stato commesso, giunge a definire i contorni della illiceità della mediazione onerosa. Secondo i giudici di legittimità la mediazione onerosa è illecita se è volta alla commissione di un illecito penale, di un reato, idoneo a produrre vantaggi al committente.
La pronuncia in commento si pone nel solco interpretativo tracciato da una sua precedente sentenza, sempre della Sesta Sezione (Cass. 9 novembre 2021 n. 40518), a mente della quale con l'art. 346bis c.p. il legislatore "… ha inteso punire, in via preventiva e anticipata, il fenomeno della corruzione, sottoponendo a sanzione penale tutte quelle condotte, in precedenza irrilevanti, prodromiche rispetto ai reati di corruzione, consistenti in accordi aventi ad oggetto le illecite influenze su un pubblico agente che uno dei contraenti (il trafficante) promette di esercitare in favore dell'altro (il privato interessato all'atto) dietro compenso (per sé o altri o per remunerare il pubblico agente)".
Esaminiamo in breve i fatti di causa.
La Cassazione prende le mosse da un ricorso articolato in tre motivi presentato avverso il provvedimento cautelare con il quale il Tribunale di Roma confermava il decreto con cui era stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca "dei saldi attivi esistenti sui rapporti finanziari e/o bancari fino alla concorrenza dell'importo di euro 212.000", quale prezzo del reato di concorso in traffico di influenze illecite.
La Cassazione, ritenuto infondato il secondo motivo e dichiarato assorbito il terzo, annullava l'ordinanza impugnata e rinviava al competente Tribunale di Roma per accertare, in accoglimento del primo motivo del ricorso, se ed in che termini sussisteva, nel caso di specie, il fumus del reato ipotizzato e, in particolare, la illiceità della mediazione. Col primo motivo si deduceva la violazione di legge sulla ritenuta sussistenza del fumus del delitto di traffico di influenze illecite, previsto dall'art. 346bis del c.p., reato per il quale la misura cautelare del sequestro preventivo era stata disposta.
La Sentenza della Cassazione
Secondo la Cassazione il Tribunale non aveva fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali che disciplinano il delitto di traffico di influenze illecite, di cui all'art. 346bis c.p., inserito nel nostro ordinamento dall'art. 1, comma 75, della Legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge Severino), e poi modificato dalla Legge 9 gennaio 2019, n. 3 (c.d. legge spazza-corrotti).
Nell'ambito di un'articolata motivazione gli Ermellini spiegano che il Tribunale aveva: a) di fatto escluso ogni coinvolgimento illecito nei fatti di causa del Commissario Nazionale per l'emergenza Covid; b) spiegato che l'acquisto di mascherine in quel peculiare momento di emergenza nazionale poteva essere concluso senza procedure di evidenza pubblica, atteso che l'art. 122 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18 convertito nella legge 24 aprile 2020 n. 27, consentiva al Commissario Straordinario di non essere "tenuto al rispetto dell'ordinaria disciplina in materia di appalti per l'approvvigionamento di farmaci e dispositivi medici". Pur tuttavia, prosegue la Corte, il Tribunale riteneva sussistente il fumus commissi delicti del reato di traffico di influenze illecite, in particolare, l'illiceità della mediazione, sulla base di un assunto costitutivo che la "mediazione illecita" trovava la propria giustificazione causale nel pregresso e consolidato rapporto personale con il Commissario straordinario.
Ciò che il Tribunale non aveva spiegato, conclude la Corte, è: a) quale fosse la finalità prospettica illecita di quella "mediazione", tenuto conto che nessuna irregolarità è stata nemmeno ipotizzata nella condotta del Commissario e neppure in ordine alla legittimità dei contratti stipulati con le società cinesi; b) quale fosse la finalità di inquinamento della pubblica funzione che i contraenti si proponevano di realizzare; c) quale fosse il comportamento inquinante del mediatore, nell'ottica della mediazione, che avrebbe in astratto dovuto compiere; d) se l'iniziativa fu presa dal Commissario e perché, se così fosse, la mediazione sarebbe illecita.
Sulla base di queste argomentazioni la Cassazione annullava l'ordinanza impugnata e rinviava al competente Tribunale di Roma per accertare se ed in che termini sussisteva, nel caso di specie, il fumus del reato ipotizzato e, in particolare, l'illiceità della mediazione, non prima di aver chiarito che, quanto al fumus, in materia di misure cautelari reali, la giurisprudenza tende oramai a valutare con maggiore rigore i presupposti che giustificano l'adozione del sequestro preventivo: si richiede che il giudice verifichi la sussistenza del fumus commissi delicti attraverso un accertamento concreto, basato sulla indicazione di elementi dimostrativi, sia pure sul piano indiziario, della sussistenza del reato ipotizzato. È consolidato il principio nella giurisprudenza di legittimità secondo cui anche la funzione "cautelare" del sequestro, strumentale rispetto al successivo provvedimento di merito, è ancorata ai principi di adeguatezza e proporzionalità, alla luce delle più recenti pronunce della Corte costituzionale, che in più occasioni ha affermato che il generale controllo di ragionevolezza deve essere effettuato tenendo conto del principio di proporzionalità (Corte cost., sentenza n. 85 del 2013 e n. 20 del 2017).
La Corte affronta, infine, il tema della mediazione onerosa illecita. Nel caso di mediazione onerosa, con la riforma del 2019, la punibilità viene fatta discendere dal mero accordo tra committente e intermediario, originato dalla possibilità di sfruttare una relazione reale con il pubblico agente ovvero semplicemente indotta dalla ostentazione di relazioni. Accordo che deve essere diretto ad "influenzare" l'operato del "pubblico agente-bersaglio", al di là dell'effettivo esercizio di una ingerenza inquinante e del conseguimento del risultato desiderato. La mediazione onerosa pertanto è illecita se è volta alla commissione di un illecito penale, di un reato, idoneo a produrre vantaggi al committente.
Ciò che assumerà rilevanza, prosegue la Corte, è la ricostruzione dell'oggetto della "mediazione", della volontà del committente, dell'impegno, del programma obbligatorio, dell'opera che il mediatore si obbliga a porre in essere. Un accertamento che, sul piano probatorio, deve essere compiuto caso per caso. Potranno così assumere rilievo le aspettative specifiche del committente, cioè il movente della condotta del privato compratore, il senso, la portata ed il tempo della pretesa di questi, la condotta in concreto che il mediatore assume di dover compiere con il pubblico agente, il rapporto di proporzione tra il prezzo della mediazione ed il risultato che si intende perseguire, i profili relativi alla illegittimità negoziale del contratto.
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