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Tra "colpevoli omissioni" e "riflessi internazionali". Il testo della sentenza che assolse Amanda per l'omidicio Meredith

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Sabato Amanda Knox ha partecipato, a Modena, ad un dibattito sulla "giustizia mediatica" organizzato nell'ambito del I Festival della Giustizia penale. 

Su questo giornale abbiamo ampiamente riferito dei contenuti del suo intervento modenese. Riteniamo adesso opportuno, a beneficio di quanti non abbiamo avuto l'opportunità di ripercorrere il travagliato percorso processuale che la vide protagonista insieme a Raffaele Sollecito e che si concluse soltanto nel 2015, richiamare, pur se in modo estremamente sommario, le motivazioni sulle quali la Suprema Corte ebbe a fondare, Illo tempore, il proprio convincimento. Ciò, in modo tale che possono essere direttamente i lettori, i Giuristi in modo particolare, compresi quelli che hanno partecipato al dibattito modenese anche in qualità di spettatori, a farsi una libera idea in ordine alle dichiarazioni rese da Amanda Knox.

Ricordiamo allora che, ribaltando la decisione emessa dalla Corte d'Assise d'Appello di Firenze del 29 aprile 2014 (ud. 30 gennaio 2014), che aveva dichiarato gli imputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito "ugualmente responsabili" per l'omicidio di Meredith Kercher, la quinta Sezione penale della Suprema Corte di cassazione, con la sentenza in commento e qui allegata, ebbe ad annullare senza rinvio alla corte territoriale tale sentenza, assolvendo gli imputati per non aver commesso il fatto, e prendendo atto, peraltro, minore capo di reato loro ascritto, dell'intervenuta prescrizione.

Come è dato leggere in motivazione, un possibile rinvio alla Corte d'Appello  per un nuovo esame  è stato ritenuto non praticabile dalla Suprema Corte di cassazione, atteso il quadro probatorio generale caratterizzato da "intrinseca ed irriducibile contraddittorietà", risultato di discutibili scelte operate dagli inquirenti sul luogo del delitto. Infatti, la scarsità di reperti biologici a disposizione della Corte, si sarebbe frapposta alla possibilità di acquisire, con una nuova istruttoria,  possibili ulteriori determinanti elementi.  Da qui  la decisione di non  procedere ad un rinvio che, in un tale quadro, non avrebbe potuto se non condurre al proscioglimento ai sensi e per gli effetti dell'art. 530, co. 2, c.p.p.

 Il processo per l'omicidio di Meredith Kercher – si legge più in particolare - ha avuto "un iter obiettivamente ondivago, le cui oscillazioni sono, però, la risultante anche di clamorose defaillance o 'amnesie' investigative e di colpevoli omissioni di attività di indagine". Secondo la sezione penale della Suprema Corte di cassazione, qualora nel corso delle attività investigative non si fossero registrate "colpevoli omissioni", si sarebbe "con ogni probabilità, consentito, sin da subito, di delineare un quadro, se non di certezza, quanto meno di tranquillante affidabilità, nella prospettiva vuoi della colpevolezza vuoi dell'estraneità" dei due imputati - Knox e Sollecito - rispetto all'accusa di omicidio, loro addebitata, di Meredith Kercher.

Rispetto alla precedente sentenza di condanna, il collegio della Suprema Corte esclude "la loro partecipazione materiale all'omicidio, pur nell'ipotesi della loro presenza nella casa di via della Pergola" sottolineando la "assoluta mancanza di tracce biologiche a loro riferibili" nei luoghi dell'omicidio o sul corpo di Meredith.

Non hanno "certamente giovato alla ricerca della verità" il "clamore mediatico" e i "riflessi internazionali" assunti da una vicenda, che Anzi ha portato ad una "improvvisa accelerazione" delle indagini "nella spasmodica ricerca" di colpevoli "da consegnare all'opinione pubblica internazionale".

C'è un "solo dato di irrefutabile certezza: la colpevolezza di Amanda Knox in ordine alle calunniose accuse nei confronti di Patrick Lumumba", scrivono i giudici della Suprema corte. Calunnia confermata in un quadro "immune da anomale pressioni psicologiche". Per questo "una eventuale pronuncia della Corte di Giustizia Europea favorevole" al ricorso nel quale la Knox ha denunciato "un poco ortodosso trattamento degli investigatori nei suoi confronti", non potrebbe "in alcun modo scalfire" il definitivo passaggio in giudicato di questo capo della sentenza, "neppure in vista di possibile revisione della sentenza, considerato che le calunniose accuse che la stessa imputata rivolse al Lumumba, per effetto delle asserite coercizioni, sono state da lei confermate anche innanzi al pm, in sede di interrogatorio, dunque in un contesto istituzionalmente immune da anomale pressioni psicologiche".

 

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