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Nulla la delibera che subordina la sepoltura ad attestazione di un credo religioso

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Nel caso di convenzione stipulata tra un Comune e un Centro islamico avente a oggetto l'assegnazione a quest'ultimo di un'area per la realizzazione del reparto cimiteriale, è nulla la deliberazione con cui la P.A. successivamente modifichi la predetta convenzione, subordinando la sepoltura all'attestazione della professione della fede islamica da parte dei defunti rilasciata dal Centro.

Questo è quanto ha statuito il Tar Lombardia con sentenza n. 383 del 20 aprile 2019.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

Le ricorrenti, Associazioni islamiche, espongono che un Centro islamico ha stipulato con il Comune una convenzione. Con questa, in buona sostanza, è stato pattuito che il Centro sarebbe stato assegnatario di un'area, concessa in diritto di superficie per «la realizzazione del reparto cimiteriale riservato e separato, a sua cura e spese» .

La convenzione, inoltre, ha previsto che nel cimitero così realizzato sarebbero stati accolti tutti i defunti della religione islamica «che lo desiderano, senza distinzione di sesso, censo, etnia o tradizione. Per i suddetti defunti saranno praticate indistintamente le condizioni contenute nel Regolamento comunale di Polizia Mortuaria e nelle tabelle allegate allo stesso».

Successivamente all'incremento di richieste di sepolture islamiche, si è reso necessario estendere l'area già assegnata al Centro, con una ulteriore assegnazione. È accaduto che il Comune nel concedere l'estensione di tale area ha apportato delle modifiche alla convenzione. 

In pratica, la P.A. ha stabilito che nel reparto speciale islamico sarebbero stati «accolti tutti i defunti di quella religione per i quali ne venga fatta richiesta e di cui venga attestata preventivamente la professione della fede islamica da parte del Centro [...] senza distinzione di sesso, censo, etnia o tradizione, o appartenenza associativa».

In pratica, in mancanza di questa attestazione i defunti sarebbero stati soggetti all'ordinaria inumazione nel campo comune del cimitero monumentale.

Secondo le ricorrenti questa modifica è illegittima in quanto:

  • viola il diritto di libertà dell'espressione religiosa per il fatto di subordinare la sepoltura all'attestazione della fede islamica demandata, peraltro, a un soggetto privato, senza fissare criteri e/o vincoli;
  • limita il diritto riconosciuto, nella formulazione originaria della convenzione,«di chi professi la fede islamica a trovare sepoltura nell'apposito settore cimiteriale».

Alla luce di tanto, quindi, le ricorrenti ritengono che la modifica in questione vada annullata.

Così il caso è giunto dinanzi ai Giudici amministrativi.

La decisione del Tar Lombardia.

Il Tar adito è dello stesso avviso delle associazioni islamiche.

Secondo quest'autorità giudiziaria, infatti, la modifica della convenzione nel senso su formulata è in contrasto con i principi costituzionali che garantiscono la libertà di religione e della sua professione. E ciò in considerazione del fatto che viene limitato l'accesso al rito funebre islamico, subordinandolo al rilascio di un'attestazione di un soggetto privo di legittimazione, trattandosi di una mera associazione privata.

 Anche la successiva rettifica, apportata dalla P.A. al fine di adeguarsi all'ordinanza del Tar emessa in sede cautelare, contrasta con i principi suddetti. Con tale rettifica l'accesso alla sepoltura islamica è stata subordinata, anziché all'attestazione del Centro, a un'autocertificazione rilasciata da parte dei parenti del defunto attestante la fede islamica dello stesso. Anche in questo caso la libertà di religione viene violata.

Per tali ragioni, a parere dei Giudici amministrativi, deve essere annullata la deliberazione apportante dette modifiche, «con conseguente effetto caducante sul nuovo testo convenzionale sottoscritto».

A loro avviso, infatti, quando viene disposto l'annullamento di un atto, in autotutela o a seguito di una pronuncia giudiziale, se tale atto incide su un altro che è presupposto logico-giuridico di una convenzione, è evidente che detto annullamento causa la caducazione dell'accordo. «Tanto che potrebbe essere ipotizzata anche la nullità originaria dell'accordo per impossibilità dell'oggetto, una volta venuto meno il deliberato preliminare».

Secondo il Tar, è proprio quanto accaduto nella fattispecie in esame.

A suo parere, l'annullamento della deliberazione che ha apportato le modifiche in questione comporta l'effetto caducante della modificazione della convenzione sottoscritta dal Comune e dal Centro islamico, con conseguente ripristino dell'efficacia del testo della convenzione inizialmente stipulata.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Tar ha accolto il ricorso e ha annullato «l'atto impugnato, con effetto caducante sulla correlata modifica convenzionale».

 

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