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Tar: è la specifica funzione cui l´opera è destinata a rivelarne la natura precaria

Con Sentenza 13.1.2016 n. 137, il T.A.R. Campania, Sede di Napoli, ha stabilito che la natura precaria di un´opera deve essere valutata facendosi riferimento alla specifica funzione cui la stessa è preordinata e non, invece, alle modalità tecniche della sua realizzazione, traendo da ciò la conseguenza per cui l´impatto sul territorio delle opere edilizie destinate ad un uso prolungato nel tempo, e non al soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo e transeunte, non sono irrilevanti.
Richiamata, in proposito, la propria giurisprudenza (T.A.R. Napoli, Sez. III, 14 maggio 2013, n. 2505), al T.A.R. partenopeo non è rimasto altro che rigettare il ricorso, con il quale era stato impugnato da un privato il diniego comunale alla installazione di strutture considerate precarie (nella specie, gazebo e recinzione di un terrazzo) stante il parere contrario della Soprintendenza.
Rilevato prioritariamente che il territorio di quel Comune è assoggettato alla tutela di cui alla Parte Terza del D. Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) stante l´apposizione di un vincolo di notevole interesse paesaggistico risalente al D.M. 28 marzo 1985, per cui le opere edilizie modificanti l’aspetto esteriore degli immobili sono soggette all´autorizzazione di cui
all´art. 146 del medesimo D. Lgs. 42/2004, l´attenzione del T.A.R. si concentra tuttavia sull´uso de manufatto, che, qualora destinato a perdurare nel tempo, anche in assenza di immobilizzazione al suolo o al solaio, non può dirsi precario, rimanendo in proposito del tutto irrilevanti le tecniche e i materiali impiegati e le stesse finalità dei proprietari.



N. 00137/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00858/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 858 del 2012, proposto da:
Borrelli Giuseppe, rappresentato e difeso dall´avv. Cinzia Esposito, con la quale domicilia per legge presso la Segreteria
del Tar Campania, Napoli;
contro
- Comune di San Giorgio a Cremano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, anche
disgiuntamente, dagli avv. Adele Carlino e Lucia Cicatiello, con i quali domicilia per legge, presso la Segreteria del Tar
Campania, Napoli.
- Soprintendenza per i beni architettonici paesaggistici, storici, artistici ed etno-antropologici per Napoli e provincia (di
seguito: Soprintendenza) in persona del Soprintendente pro tempore,
- Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso per legge dall´Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, Via Diaz n. 11;
per l´annullamento:
- della determinazione dirigenziale prot. n. 43796 dl 14 dicembre 2011, notificata il successivo 20;
- del parere negativo espresso dalla Soprintendenza prot. n. 20370 del 13 settembre 2011.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Giorgio a Cremano e dell’Avvocatura distrettuale dello Stato per
conto del Ministero e della Soprintendenza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza cautelare n. 457 del 23 marzo 2012;
Relatore nell´udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2015 il dott. Gianmario Palliggiano e uditi per le parti i difensori
come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Riferisce il ricorrente, Borrelli Giuseppe, che in data 11 febbraio 2011 aveva presentato una nota, acquisita al protocollo
n. 6701 del comune di San Giorgio a Cremano, contenente la denuncia di inizio lavori, con connessa richiesta di
autorizzazione paesaggistica, per installare un gazebo in legno e recintare il terrazzo relativo all’immobile sito in San
Giorgio a Cremano, corso Roma n. 40, censito al NCEU al foglio 7, particella 196, sub. 16, di cui è proprietario.
In data 21 luglio 2011, la Commissione edilizia integrata esprimeva parere favorevole, avendo valutato la compatibilità
del progettato intervento con il paesaggio.
L’amministrazione comunale inviava quindi gli atti alla Soprintendenza la quale formulava parere negativo con nota prot.
n. 15308 del 13 settembre 2011.
In conseguenza di ciò, il Comune di San Giorgio a Cremano, con determinazione dirigenziale prot. n. 43796 del 14
dicembre 2011 (notificata il successivo 20 dicembre) esprimeva il proprio diniego all’originaria istanza.
Avverso la sopra menzionata determinazione, Borrelli Giuseppe proponeva l’odierno ricorso al TAR, notificato il 10
febbraio 2012 e depositato il successivo 25.
Si sono costituiti in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato, per conto della Soprintendenza e del Ministero intimati,
la quale ha presentato memoria di mera costituzione nonché il comune di San Giorgio a Cremano che ha depositato
scritti difensivi.
Con ordinanza cautelare n. 457 del 22 marzo 2012, questo TAR ha respinto la richiesta di sospensione cautelare
dell’esecuzione del provvedimento impugnato.
Alla pubblica udienza del 5 novembre 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione
DIRITTO
1.- Il ricorrente formula due gruppi di censure tese a contestare, sia nel merito sia per aspetti procedimentali, l’operato,
rispettivamente, della Soprintendenza e dell’amministrazione comunale.
1.1.- Riguardo al parere reso dalla Soprintendenza, il ricorrente censura la violazione e la falsa applicazione dell’Allegato
I al d.p.r. n. 139/2010; dell’art. 4 d.p.r. n. 139/2010; degli artt. 9, comma 6 e 13 P.T.P. dell’area del Vesuvio; degli artt. 3 e
10-bis L. n. 241/1990; il travisamento dei fatti la manifesta irragionevolezza ed iniquità.
Osserva, in via preliminare, che l´intervento oggetto della richiesta riguardava la realizzazione di un gazebo “del tipo
amovibile e realizzato con struttura portante in legno”; in virtù di questa caratteristica, a suo avviso, si sarebbe dovuto
fare ricorso al procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata, ai sensi del d.p.r. n. 139/2010, Allegato I,
trattandosi di “strutture stagionali non permanenti collegate ad attività turistiche, sportive o del tempo libero, da
considerare come attrezzature amovibili”.
La Soprintendenza avrebbe quindi erroneamente fatto ricorso alla disciplina di cui all´art. 146, comma 7, d lgs. 42/2004;
da ciò consegue, per un verso, uno scorretto esercizio del potere di valutazione (non potendo rinvenirsi in quest’ultima
disposizione la normativa di riferimento alla fattispecie in esame) e, per altro verso, la circostanza che, nei confronti del
ricorrente, non sono state applicate le garanzie procedimentali previste dal d.p.r. 139/2010.
Più in particolare, secondo il ricorrente, la Soprintendenza avrebbe omesso di effettuare l’unica valutazione realmente
consentitale dall’appena menzionato d.p.r. 139/2010, ossia quella relativa alla compatibilità dell’intervento con la
disciplina di zona prevista dal Piano Territoriale Paesaggistico (P.T.P.), atteso che le attività umane compatibili con il
vincolo paesaggistico sono state già minuziosamente descritte nel suddetto Piano.
1.2.- Il motivo non è fondato.
1.2.1.- Il ricorrente, nella comunicazione di inizio attività, inoltrata allo Sportello edilizia privata del Servizio Urbanistica
del Comune di San Giorgio a Cremano, indica i seguenti interventi da eseguire:
- recinzione della proprietà tramite realizzazione di un cordoletto in calcestruzzo alto m 0.20 e con sovrastante ringhiera
in ferro, con settore apribile, altra m. 0.70;
- installazione di un gazebo sul terrazzo di esclusiva proprietà della suddetta unità immobiliare di dimensioni 4.70 x 4.90
m., avente una forma ad “L” per una superficie d’ingombro pari a circa mq 32,40. La relazione tecnica di parte precisa sul
punto che il “gazebo sarà del tipo amovibile e realizzato con struttura portante in legno, costituita da elementi verticali
aventi dimensioni 10 x 19 cm. ed orizzontali a sezione rettangolare aventi dimensione aperta su tutti i lati. La copertura
del gazebo sarà realizzata con tessuto impermeabile e collocata su fioriere in legno del tipo autoportanti, poste alla base
dei pilastrini. Per una maggiore stabilità le foriere avranno un’altezza di circa 60 cm e dimensioni alla base 50 x 50 cm.”.
Ciò chiarito, sostiene il ricorrente che: “Tale struttura si identifica al punto 8 dell’allegato I (previsto dall’art. 1, co. 1) del
regolamento recante il procedimento semplificato ai sensi del d.p.r. 9 luglio 2010, n. 139”. Pertanto, le predette opere si
qualificherebbero quali esercizio di attività edilizia libera ai sensi dell’art. 6 d.p.r. 380/2001 e, quindi, non in contrasto con
i vigenti strumenti urbanistici adottati dal comune.”.
1.2.2.- L’assunto non è condivisibile.
Va premesso che l’intero territorio comunale di S. Giorgio a Cremano è assoggettato alla tutela di cui alla Parte Terza del
d. lgs. 42/2004, il Codice dei beni culturali e del paesaggio, per la presenza di un vincolo di notevole interesse
paesaggistico, risalente al decreto ministeriale 28 marzo 1985.
Pertanto, tutte le opere edilizie che modificano l’aspetto esteriore degli immobili sono soggette all’autorizzazione di cui
all’art. 146 del menzionato d. lgs. 42/2004.
In disparte questa considerazione preliminare, tra le opere che l’Allegato I del menzionato d.p.r. 139/2010 contempla, ai
fini del ricorso al procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, il n. 8 indica testualmente la “realizzazione
di tettoie, porticati, chioschi da giardino e manufatti consimili aperti su più lati, aventi una superficie non superiore a 30
mq”.
Nel caso di specie, per quanto sopra illustrato, la superficie d’ingombro risulta superiore, benché di poco, alla quella
massima consentita dal d.p.r. 139/2010 per il ricorso al procedimento autorizzatorio semplificato.
E’ sufficiente questa circostanza, dichiarata dallo stesso ricorrente nella relazione tecnica allegata alla comunicazione di
inizio lavori, perché, ai fini dell’autorizzazione paesaggistica, debba farsi ricorso non al procedimento semplificato, di cui
al d.p.r. 139/2010, come pretenderebbe il ricorrente, bensì a quello ordinario di cui all’art. 146 d. lgs. 42/2004.
In ogni caso, anche volendo prescindere dalla questione legata all’ingombro della superficie - in considerazione dello
scarto invero minimo tra lo sviluppo della superficie progettato e quello massimo previsto dal d.p.r. 139/2010 per
accedere alla forma semplificata del procedimento autorizzatorio in questione - appare comunque dirimente il fatto che
l’intervento preveda anche una recinzione con cordoletto in calcestruzzo e sovrastante ringhiera in ferro. Non sembra
dubitabile che questo elemento costruttivo produca un’alterazione significativa del prospetto, con ogni conseguenza in
merito all’iter istruttorio da seguire ai fini dell’autorizzazione paesaggistica.
Alla luce di quanto sopra, appare dunque corretto e pertinente il procedimento ordinario di autorizzazione paesaggistica
seguito dal comune di San Giorgio a Cremano e dalla Soprintendenza.
1.3.- Viene di conseguenza a cadere anche la censura relativa alla violazione dell’art. 8, comma 4, d.p.r. 139/2010, in
relazione all’art. 10-bis L. n. 241/1990, per omessa comunicazione preventiva dei motivi ostativi all’accoglimento della
domanda, posta l’inapplicabilità, al caso in esame, della disposizione di cui all’art. 8 in questione.
1.4.- Il ricorrente censura, altresì che il contestato diniego finisca per trascurare il fatto che l’immobile in questione ricada
in zona RU.A. (di Recupero urbanistico-edilizio, Restauro paesaggistico-ambientale), la cui disciplina consentirebbe, a
suo avviso, l’intervento richiesto.
1.4.1.- Più in particolare, argomenta il ricorrente, dalla lettura dell’art. 9, comma 3, n. 1 (rubricato “Interventi consentiti per
tutte le zone”) e dall’art. 13, comma 6, (rubricato “Recupero edilizio”, in zona RUA) del P.T.P. è possibile realizzare - per
tutte le area a destinazione residenziale (la prima disposizione) e solo per la zona RUA (la seconda disposizione) -
“anche in deroga alle norme e prescrizioni di tutela delle singole zone […] Interventi di ristrutturazione edilizia […] che
dovranno puntare alla riqualificazione edilizia recente”.
1.4.2.- Il rilievo, benché suggestivo, non è condivisibile.
L’ammissibilità in astratto di interventi, anche in deroga, di ristrutturazione edilizia degli immobili ricadenti in zona RUA
non significa affatto che qualsiasi intervento della specie sia in via automatica assentibile; in concreto, infatti, è sempre
necessaria una verifica preventiva da parte della Soprintendenza in ordine alla compatibilità del progetto specifico al
bene paesaggio, oggetto di tutela.
Nel caso di specie, il giudizio di compatibilità ha dato esito negativo, per una circoscritta ma ben definita ragione
riconducibile alle caratteristiche dell’immobile, sul quale l’intervento produrrebbe modifiche alla struttura stilistica ed alla
simmetria della facciata.
1.5.- Non rileva, inoltre, il fatto che la richiesta di autorizzazione paesaggistica aveva ad oggetto una struttura
temporanea ed amovibile destinata, come sottolinea il ricorrente, ad uso “evidentemente solo stagionale”, inidonea in
quanto tale a “modificare la struttura del prospetto dell’edificio”.
1.5.1.- L’argomento non persuade il Collegio.
In primo luogo, l’eventuale carattere temporaneo dell’opera non può riguardare, per ovvie caratteristiche strutturali, il
cordoletto di recinzione, la cui consistenza, materiali e destinazione (delimitazione della proprietà) lasciano trasparire, in
via del tutto verosimile, una sua stabilità nel tempo.
1.5.2.- In secondo luogo, non può a priori escludersi un utilizzo permanente della struttura (nella specie, costituita da
pilastri in legno poggianti su fioriere) a prescindere dal carattere astrattamente precario dei materiali utilizzati.
Come chiarito da questa stessa Sezione, in adesione ad un indirizzo giurisprudenziale in materia consolidato, il carattere
precario di un’opera edilizia va valutata con riferimento non alle modalità costruttive bensì alla funzione cui essa è
destinata, con la conseguenza che non possono essere considerati quali opere destinate a soddisfare esigenze
meramente temporanee quelle adibite ad un utilizzo perdurante nel tempo, tale per cui l´alterazione del territorio –
circostanza decisiva ai fini dell’autorizzazione paesaggistica - non può essere considerata irrilevante (T.A.R. Napoli, sez.
III, 14 maggio 2013, n. 2505). Da ciò consegue che, laddove si realizzi un manufatto destinato ad un uso prolungato nel
tempo, anche in assenza di immobilizzazione al suolo o al solaio, la precarietà dello stesso non dipende dai materiali
impiegati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall´uso al quale il manufatto è rivolto e va quindi valutata alla
luce dell´obiettiva ed intrinseca destinazione naturale dell’opera, senza che rilevino le finalità, ancorché temporanee, date
o auspicate dai proprietari.
1.5.2.- In ogni caso, ai fini dell’autorizzazione paesaggistica, a differenza delle valutazioni prettamente urbanisticoedilizie,
è irrilevante che la compromissione del vincolo sia realizzata per mezzo di opere stabili o precarie, in quanto
risulta decisivo l’effetto di alterazione dello stato preesistente.
Sul punto, il parere della Soprintendenza, pur sintetico, è molto chiaro. Vi è un fattore che, sebbene unico, finisce per
essere determinante ai fini della compatibilità paesaggistica: l’intervento non può essere assentito perché “l’edificio
preesistente rappresenta, nella sua configurazione formale, uno degli esempi di edilizia corale che non deve essere
modificata per la sua semplicità stilistica e la sua simmetria della facciata stessa.”.
2.- Quanto sopra illustrato consente di superare agevolmente il secondo gruppo di censure, rivolte all’operato del
comune resistente, con le quali il ricorrente si duole dell’errore di diritto e della carente motivazione che affliggerebbero il
provvedimento comunale impugnato.
2.1.- Deduce, in particolare, la violazione dell’art. 4, comma 10, d.p.r. 139/2010 secondo cui il parere del soprintendente
ha carattere obbligatorio e non vincolante laddove, com’è nel caso di specie, l’area interessata dall’intervento di lieve
entità sia assoggettata a specifiche prescrizioni d’uso del paesaggio.
Il Comune, aggiunge il ricorrente, avendo già espresso parere favorevole all’intervento richiesto (ed essendo il parere
della Soprintendenza solo obbligatorio), avrebbe più correttamente dovuto motivare sulle eventuali ragioni in virtù delle
quali la propria precedente valutazione favorevole non poteva essere più mantenuta.
Rileva ancora il ricorrente in via subordinata, qualora l’intervento non sia valutabile “di lieve entità” - ai sensi dell’art. 4,
comma 8, d.p.r. 139/2010 - il provvedimento comunale conclusivo del procedimento risulterebbe comunque inficiato da
incompetenza assoluta, posto che avrebbe dovuto essere adottato dallo stesso Soprintendente, previa comunicazione
all’interessato dei motivi ostativi all’accoglimento.
2.2.- Le censure sono infondate.
Come sopra chiarito, l’intero territorio comunale è sottoposto alla tutela di cui alla parte Terza del d. lgs. 42/2004, per la
sussistenza del vincolo d’interesse paesaggistico formalizzato con d.m. 28 marzo 1985; inoltre, l’opera progettata
comporta una modifica duratura dell’aspetto esteriore dell’immobile.
Tutto ciò impone il ricorso al procedimento autorizzatorio di cui all’art. 146 d. lgs. 42/2004 citato.
Per questo, il parere obbligatorio della Soprintendenza assume anche carattere vincolante, con conseguente sottrazione
di qualsiasi competenza da parte del comune resistente, il cui ruolo non è più decisorio ma essenzialmente istruttorio.
L’amministrazione comunale ha peraltro mostrato di rispettare la scansione procedimentale prevista per l’autorizzazione
paesaggistica richiesta. In questo senso, con nota prot. n. 33804 del 3 ottobre 2011, notificata il 22 novembre
successivo, ha informato il ricorrente dell’avvio del procedimento di diniego della richiesta della C.I.L. e della contestuale
richiesta di autorizzazione paesaggistica, prodotta in data 11 febbraio 2011, con prot. gen. n. 6701.
3.- Per quanto sopra, il ricorso va respinto.
Sussistono ad avviso del Collegio le eccezionali ragioni di cui all’art. 26 cod. proc. amm., per compensare integralmente
le spese del giudizio, in considerazione, da un lato, delle oggettive incertezze circa la tipologia di procedimento da
seguire ai fini dell’autorizzazione paesaggistica da seguire e, dall’altro, della circostanza che la difesa dell’Avvocatura
distrettuale dello Stato si sia limitata al mero atto di costituzione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa integralmente le spese del giudizio tra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2015 con l´intervento dei magistrati:
Fabio Donadono, Presidente
Vincenzo Cernese, Consigliere
Gianmario Palliggiano, Consigliere, Estensore

L´ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)




 

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