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Si all'accesso ad atti di un procedimento amministrativo anche in pendenza di indagine penale

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 I giudici della prima sezione del Tar di Catania, con la sentenza n. 1737/2018, pubblicata il 23 agosto 2018, hanno affermato chela pendenza di una indagine penale non può,di per sé,impedire la conoscibilità di tutti gli atti amministrativi che siano connessi con i fatti oggetto di indagine.

I Fatti

Con proprio provvedimento il Comitato Provinciale per l'ordine e la sicurezza presso la Prefettura di Catania,decideva di revocare l'assegnazione di due agenti del servizio scorte ed una autovettura ha 24 a un soggetto che aveva goduto del servizio di protezione.

Successivamente lo stesso soggetto presentava istanza alla Prefettura di Catania al fine di richiedere accesso agliatti per acquisire copia del verbale e copia di documenti e pareri, nonchè copia dellarelazione del Procuratore Generale della Repubblica, al fine di conoscere le motivazioni in merito al provvedimento di revoca della scortaassunto dal Comitato Provinciale per l'ordine e la sicurezza.

L'accesso agli atti e il rilascio delle copie dei documenti non veniva concesso con apposito provvedimento di diniego della Prefettura di Catania. 

Avverso il provvedimento di diniego dell'accesso l'interessato promuoveva ricorso giurisdizionale avanti al Tar Sezione di Catania.Con il ricorso si chiedeva:-l'annullamento del diniego di accesso opposto dalla Prefettura di Catania;-l'annullamento della decisione espressa dalla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, con cui veniva respinto il ricorso proposto al fine di riesaminare il diniego opposto dalla Prefettura di Catania verso la richiesta di acquisire copia dei sopracitati documenti;-l'accertamento del diritto del ricorrente di prendere visione ed estrarre copia integrale della documentazione suddetta.

 Motivi della decisione

La Prefetturadi Catania aveva rigettato l'istanza di accesso agli atti fondandolo sulla disposizione regolamentare di cui al D.P.C.M. 6 novembre 2015 n. 5. Secondo quanto sostenuto dalla Amministrazione gli atti oggetto dell'accesso avevano carattere riservato ai sensi del D.P.C.M. del 6 novembre 2015 n. 5 recante "Disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di Stato e delle informazioni classificate a diffusione esclusiva" e, come tali, sono sottratti all'accesso …"A tal proposito la competente Commissione rilevava che " tra i poteri che la legge assegna alla scrivente non figura quello concernente la disapplicazione di norme regolamentari; potere, viceversa, espressamente attribuito al giudice amministrativo".Con il ricorso proposto il ricorrente denunciava : la a) violazione e/o falsa applicazione degli articoli 22 e 24 della l. 241/1990 – violazione e/o falsa applicazione del d.p.c.m. 6 novembre 2015 n. 5 - violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24 e 113 della costituzione – violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 6 della CEDU. Asserisce parte ricorrente che la Prefettura e il Comitato sarebbero incorsi in un equivoco ingiustificato in quanto trattandosi di procedimento amministrativo e non di un procedimento giudiziario, non potrebbero essere qualificati come "secretate" le relazioni tecniche delle Forze di Polizia, né quella del Procuratore Generale della Repubblica nell'ambito di un tale procedimento. L'accesso agli atti che il ricorrente aveva richiesto non era finalizzato a raccogliere notizie sull'attività di indagini in corso da parte della A.G. su soggetti terzi, ma più semplicemente notizie sugli atti in cui è stato espresso un parere sul diritto o meno del ricorrente ad essere sottoposto ad una misura di tutela tramite scorta. 

Infondata sarebbe inoltre la motivazione espressa dal Comitato per l'accesso ai documenti che in secondo grado ha ritenuto di negare il diritto in quanto non ha i poteri per disapplicare il D.P.C.M. del 6 novembre 2015 n. 5.Il Comitato, secondo quanto sostenuto dal ricorrente infatti, non avrebbe dovuto disapplicare la normativa citata, ma semplicemente affermare la non applicabilità al caso di specie della disciplina sul segreto di stato e delle informazioni classificate e a diffusione esclusiva.I giudici amministrativi, dopo avere ricostruito la complessa normativa posta alla base della tutela dei documenti c.d. "riservati", cui il Prefetto di Catania si è riferito per negare l'accesso a cominciare dall'art. 24 della l. 241/90, per poi passare all'esame dei vari Regolamenti del Governo sulla natura e la classificazione dei vari attiche rivestono la natura di segretezza e riservatezza, sono passati alla rassegna di numerose pronunce dei giudici di merito.

 Nel caso di specie il Prefetto di Catania aveva individuato la fonte di riservatezza nel D.P.C.M. del 6 novembre 2015 n. 5. Nella relazione della Prefettura alla Commissione per l'accesso, si precisa che vi sarebbero anche "atti di natura giudiziaria in ambito processuale non ancora definito". A tal proposito i giudici delTar di Catania hanno condiviso un proprio precedente pronunciamento richiamato dallo stesso ricorrente e (cfr. TAR Catania, III, 1.2.2017, n. 229), secondo il quale <<l'esistenza di un'indagine penale non implica, di per sé, la non ostensibilità di tutti gli atti o provvedimenti che in qualsiasi modo possano risultare connessi con i fatti oggetto di indagine: solo gli atti per i quali è stato disposto il sequestro e quelli coperti da segreto possono risultare sottratti al diritto di accesso (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, n. 2331/2014).

I giudici della Prima Sezione del Tar hanno voluto evidenziare che " gli atti di indagine compiuti dal P.M. e dalla polizia giudiziaria sono coperti dall'obbligo di segreto nei procedimenti penali ai sensi dell'art. 329 c.p.p., di talché gli atti posti in essere da una pubblica amministrazione nell'ambito della sua attività istituzionale sono atti amministrativi, anche se riguardanti lo svolgimento di attività di vigilanza, controllo e di accertamento di illeciti e rimangono tali pur dopo l'inoltro di una denunzia all'autorità giudiziaria; tali atti, dunque, restano nella disponibilità dell'amministrazione fintanto che non intervenga uno specifico provvedimento di sequestro da parte dell'A.G., cosicché non può legittimamente impedirsi, nei loro confronti, l'accesso garantito all'interessato dall'art. 22, 1. 7 agosto 1990 n. 241, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui all'art. 24, 1. n. 241 del 1990 "

Nel caso di specie l'unica motivazione addotta dall'Amministrazione a fondamento del diniego, era stata quella che si riferiva alle indagini nel corso delle fasi istruttorie di natura penale non chiuse e, quindi, sottratte all'accesso. Né veniva indicata una diversa (o ulteriore) motivazione concreta per la quale quanto richiesto veniva classificato come riservato.

Per tali motivi i provvedimenti impugnati sono stati ritenuti affetti da difetto di motivazione. Ne consegue l'accoglimento del ricorso, facendo obbligo all'Amministrazione di rideterminarsi, consentendo l'accesso o negandolo mediante motivazione coerente con i principi sopra indicati.Si allega sentenza

 

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