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Con la sentenza dello scorso 13 giugno, il Tribunale per i Minorenni di Genova, ha accolto la richiesta di due donne che, nel chiedere l'adozione del figlio del proprio partner omogenitoriale, insistevano affinchè ai bambini fosse assegnato il doppio cognome. Si è difatti precisato che l'attribuzione del doppio cognome, quale principio generale, deve essere consentita anche nel caso di Stepchild adoption.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio da due istanze presentate contestualmente da due donne, tra loro legate sentimentalmente da anni; ciascuna donna, dopo esser divenuta mamma, tramite il ricorso alla tecnica della fecondazione assistita in Spagna, chiedeva l'adozione del figlio dell'altra, con conseguente assunzione anche del proprio cognome.
L'ASL faceva pervenire una relazione favorevole sulle due adozioni richieste: i bambini, infatti, vivevano serenamente nelle mura domestica e ciascun piccolo, sebbene si rivolgesse in via preferenziale alla propria mamma, nondimeno dimostrava di avere un legame affettivo intenso anche con l'altra.
Il Tribunale per i Minorenni di Genova, ritenendo necessario approfondire l'analisi delle personalità delle due ricorrenti e dei minori, disponeva una ctu sulla famiglia; dalla stessa emergeva come i figli considerassero entrambe le due donne come madri e si reputassero tra di loro fratelli; a dire delle due mamme i bambini erano a conoscenza della loro storia, ben sapevano di avere due mamme e, tale situazione, non aveva mai avuto ripercussioni negative nella loro realtà quotidiana.
Alla luce di tale valutazione, il Tribunale accoglie le istanze delle due donne.
In punto di diritto, la pronuncia in commento premette come le Sezioni Unite (sentenza n. 12193/19) – chiamate a pronunciarsi sulla legittimità dell'adozione ex art. 44 lett d) della legge 184/83 da partner del partner omogenitoriale (c.d. stepchild adoption) – hanno affermato la possibilità di ricorrere in ogni caso a siffatta adozione, fatto salvo il caso di maternità surrogata, ad oggi ancora vietato in quanto contrario ad ordine pubblico.
Con specifico riferimento al caso di specie, del tutto estraneo alla questione della maternità surrogata, la maternità è stata ottenuta con inseminazione di un donatore maschio anonimo, mentre la gestazione è stata portata avanti dalla madre biologica che poi ha regolarmente riconosciuto il figlio.
Ne deriva che, anche in tal caso, è possibile ricorrere all'adozione ex art. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 183 del 1994, in quanto clausola di chiusura del sistema, intesa a consentire l'adozione tutte le volte in cui è necessario salvaguardare la continuità affettiva ed educativa della relazione tra adottante ed adottando, come elemento caratterizzante del concreto interesse del minore a vedere riconosciuti i legami sviluppatisi con altri soggetti che se ne prendono cura.
L'accesso a tale forma di adozione è consentito alle persone singole ed alle coppie di fatto, senza che possa attribuirsi rilevanza – sia ai fini dell'accertamento dell'impossibilità dell'affidamento preadottivo che dell'indagine sull'interesse del minore – all'orientamento sessuale del richiedente ed alla conseguente relazione da questo stabilita con il proprio "partner".
Alla luce di tali arresti giurisprudenziali, risultato accertato il sereno clima familiare, il giudice ritiene essenziale, proprio per garantirne uno sviluppo sereno dei minori, il riconoscimento del legame genitoriale di fatto vissuto, consentendo il ricorso alla stepchild adoption.
In relazione all'assegnazione del cognome, il Tribunale evidenzia come l'art. 55 della legge 184/83 richiama la disciplina dell'art.299 c.c.: ne deriva che l'adottato, che sia figlio naturale riconosciuto dai propri genitori, dovrebbe anteporre tale cognome al proprio cognome di origine, non essendo prevista per tale ipotesi, alla stregua del tenore letterale della norma, alcuna deroga alla regola del doppio cognome fissata dal primo comma del menzionato art.299.
Tuttavia, l'applicazione di tale principio anche nel caso di specie, avrebbe l'effetto paradossale, ed incomprensibile per i due minori, di una pronuncia che da un lato riconosce la fratria e contestualmente li separa semanticamente con una diversa successione dei cognomi; deve, pertanto, riaffermarsi la validità del principio – fatto proprio sia dalla Cassazione che dalla giurisprudenza CEDU – secondo cui la piena ed effettiva realizzazione del diritto all'identità personale, impone l'affermazione del diritto del figlio ad essere identificato, sin dalla nascita, attraverso l'attribuzione del cognome di entrambi i genitori.
L'attribuzione del doppio cognome, quale principio generale, deve essere consentita anche nel caso di adozione compiuta da entrambi i coniugi che vogliano attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno al momento dell'adozione.
Conseguentemente non vi è ragione per distinguere tra le varie forme di adozione e, in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata, è necessario assecondare la volontà delle due mamme, che chiedono unicamente di aggiungere il cognome dell'altro genitore.
Compiute queste precisazioni, il Tribunale accoglie il ricorso.
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