Con sentenza n. 31668/2016, resa in esito all´udienza del 23/06/2016 e depositata il 21 luglio 2016, le Sezioni unite Penali della Corte di cassazione hanno affermato il principio di diritto, secondo cui integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale (nella specie davanti al Giudice di pace) del querelante previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l´eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela.
Ritorniamo su questa importante decisione, che, probabilmente anche a causa della data, quasi feriale, del suo deposito, non è stata adeguatamente attenzionata dalle riviste giuridiche.
La questione
Con sentenza del 7 marzo 2014, il Giudice di pace di Taranto dichiarava non doversi procedere nei confronti di P.L. in ordine ai delitti di ingiuria e minaccia in danno di C.C. perchè estinti per remissione di querela, sul presupposto in diritto che l’assenza in udienza, tanto della persona offesa (previamente avvertita dal giudice che la sua mancata comparizione sarebbe stata considerata come volontà di conciliare la lite e, quindi, di rimettere la querela) quanto dell’imputato (parimenti avvertito che la sua assenza sarebbe stata considerata come accettazione della remissione della querela), significasse tacita espressione, rispettivamente, di remissione della querela e di accettazione della medesima.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Lecce, deducendo violazione di legge.
L´Ordinanza di rimessione
Con ordinanza del 21 marzo - 6 maggio 2016, la Quinta Sezione penale ne disponeva la rimessione alle Sezioni Unite, in ragione del riprodursi di un contrasto giurisprudenziale sulla questione.
L’ordinanza di rimessione così riassumeva gli argomenti su cui si era fondata la predetta sentenza:
- nel procedimento davanti al giudice di pace, l’effetto di improcedibilità dell’azione penale, collegato dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 30, comma 1, alla mancata comparizione del querelante che abbia regolarmente ricevuto il decreto di convocazione in udienza, si produce, per chiara indicazione normativa, solo nel caso in cui si proceda a seguito di ricorso immediato della persona offesa ex art. 21;
- nella ipotesi di processo instaurato con citazione a giudizio emessa dal p.m., ex art. 20, nulla di simile e’ previsto dalla legge, e dalla mancata comparizione della persona offesa, pur se informata del significato che a tale assenza il giudice potrebbe conferire, non può desumersi la tacita volontà del querelante di rimettere la querela, trattandosi di un comportamento compatibile con la determinazione di insistere nella originaria istanza punitiva;
- in ogni caso, il comportamento omissivo del querelante configurerebbe una sorta di remissione tacita processuale, non contemplata dalla legge, posto che l’art. 152 c.p., comma 2, prevede soltanto per la remissione extraprocessuale la forma tacita, da individuare in comportamenti del querelante incompatibili con la volontà di persistere nella querela.
La decisione
Come detto, la questione rimessa alle Sezioni Unite era stata così enunciata:
"Se nel procedimento davanti al giudice di pace, instaurato a seguito di citazione disposta dal pubblico ministero, configura remissione tacita di querela la mancata comparizione del querelante, previamente ed espressamente avvisato che l´eventuale sua assenza sarebbe stata interpretata come volontà di non insistere nella istanza di punizione".
Le Sezioni Unite hanno preliminarmente ricordato che il procedimento davanti al giudice di pace (D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274) può essere instaurato con citazione a giudizio emessa dal pubblico ministero (art. 20) ovvero, per i soli reati perseguibili a querela, con ricorso immediato al giudice della persona offesa (art. 21), e che solo nel caso di ricorso immediato è previsto che la mancata comparizione della persona offesa ricorrente, non dipendente da caso fortuito o forza maggiore, determina la improcedibilità del ricorso (art. 30, comma 1); mentre, per la eventualità che vi siano altre persone offese oltre il ricorrente, che la mancata comparizione di esse equivale a rinuncia al diritto di querela o alla remissione della querela, se già presentata (art. 29, comma 3).
Orbene, secondo Sezioni Unite n. 46088 del 30/10/2008, la mancata comparizione in udienza del querelante, previamente avvisato che tale condotta sarebbe stata interpretata come volontà di rimettere la querela, configurerebbe una sorta di remissione tacita processuale, non contemplata dalla legge, posto che l´art. 152 c.p., comma 2, prevede soltanto per la remissione extraprocessuale la forma tacita.
Difatti, il codice penale e quello processuale non specificano gli atti o i comportamenti, indefinibili a priori, dai quali ricavare una volontà di remissione tacita, limitandosi l´art. 152 c.p., comma 2, terzo periodo, ad attribuire valore di remissione al compimento da parte del querelante di "fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela".
In base alla disciplina codicistica, deve intendersi remissione processuale solo quella ricevuta dalla autorità giudiziaria procedente a norma dell´art. 340 c.p.p., comma 1, e non sono ammesse modalità di espressione di una volontà di rimettere la querela in sede processuale se non quella esternata attraverso una formale dichiarazione ricevuta dall´autorità procedente.
Riassumendo, hanno concluso sul punto le Sezioni Unite, la remissione processuale va identificata in una formale espressione della volontà della parte querelante che interviene nel processo, direttamente o a mezzo di procuratore speciale, ricevuta dall´autorità giudiziaria che procede. In ogni altro caso la condotta significativa di una volontà di rimettere la querela va valutata come extraprocessuale.
Pertanto, hanno concluso, "la condotta considerata nel presente processo, costituita dal non essere il querelante comparso in udienza a seguito dell´avvertimento che ciò sarebbe stato considerato volontà implicita di rimessione della querela, può bene essere inquadrata nel concetto di fatto di natura extraprocessuale incompatibile con la volontà di persistere nella querela, a norma dell´art. 152 c.p., comma 2, terzo periodo".
Per quanto, allora, che un simile avvertimento alla persona offesa querelante non sia contemplato espressamente nel procedimento davanti al giudice di pace nei casi di citazione a giudizio emessa dal pubblico ministero (D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 20), tale iniziativa non è dissonante rispetto alla generale fisionomia del procedimento, che prevede, all’art. 2, comma 2, l’impegno del giudice di pace di "favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le parti", ed e’ in linea con la specifica previsione dell’art. 29, comma 4 (che vale per entrambi i riti di introduzione della udienza) secondo cui il giudice, proprio con riferimento al caso di reato perseguibile a querela, "promuove la conciliazione tra le parti".
Nel caso in esame, in conclusione, risultava dagli atti che nel corso del procedimento davanti al Giudice di pace di Taranto, relativo a reati perseguibili a querela, sia la persona offesa C.C. sia l’imputato P.L. non erano comparsi in udienza, dopo essere stati avvertiti dal Giudice che la loro mancata comparizione sarebbe stata interpretata rispettivamente come volontà di remissione della querela e di accettazione di essa.
Correttamente, dunque, era stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per intervenuta estinzione dei reati per remissione della querela.
Si allega Sentenza