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Specializzazione, docenti: è ragionevole il sistema delle prove preselettive? I chiarimenti del Tar Lazio

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È ragionevole da parte della P.A. regolare l'accesso a un concorso attraverso l'accertamento del possesso dei requisiti culturali di base da parte dei candidati di un concorso, mediante il meccanismo della prova preselettiva. E ciò soprattutto ove il numero dei concorrenti è maggiore rispetto a quello dei posti disponibili. Il ricorso al meccanismo in questione è ragionevole anche quando si intende regolare l'accesso dei docenti, abilitati e non, ai percorsi di specializzazione sul sostegno, se il numero dei partecipanti è eccessivo.

Questo ha ribadito il Tar Lazio con sentenza n. 6665 del 28 maggio 2019.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'attenzione dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

Il ricorrente è un insegnante tecnico pratico (ITP) e lamenta che il d.m. n. 92/2019 ("Disposizioni concernenti le procedure di specializzazione sul sostegno di cui al Decreto del Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca 10 settembre 2010 n. 249 e successive modificazioni") è illegittimo nella parte in cui non consente:

  • la diretta partecipazione ai percorsi di specializzazione sul sostegno ai docenti ITP;
  • a tali docenti l'accesso diretto alle prove di ammissione ai percorsi innanzi indicati senza previo svolgimento di prove preselettive.

Il caso, per tali motivi, è giunto dinanzi al Tar Lazio.

La decisione del Tar.

I Giudici amministrativi, innanzitutto, affermano che è pacifico in giurisprudenza il principio secondo cui l'espletamento delle procedure preselettive è conforme ai principi di buona organizzazione, efficienza e razionalità dell'azione della Pubblica Amministrazione.

 Infatti, a loro avviso, se è vero che quest'ultima deve semplificare e rendere celere l'iter concorsuale, dall'altro essa non può prescindere dal fatto che è ragionevole da parte della P.A. accertare che i candidati abbiano dei requisiti culturali di base, attraverso una prova preliminare di accesso. E ciò soprattutto ove il numero dei concorrenti è maggiore rispetto a quello dei posti disponibili. In tali casi, infatti, appare necessario procedere a una riduzione dello stesso attraverso il sistema delle prove preselettive.

Questo sistema:

  • costituisce un meccanismo semplice, idoneo a garantire la parità di trattamento degli interessati (cfr. Tar. Lazio, n. 12982/2015);
  • consente di evitare che il numero esorbitante di domande di partecipazione determini delle sensibili lungaggini procedimentali.

Ciò premesso, il Tar passa all'esame del d.m. 30 settembre 2011, richiamato dal decreto ministeriale impugnato dal ricorrente. Secondo tale normativa «è ammesso alla prova […] un numero di candidati, che hanno conseguito una votazione non inferiore a 21/30 [...], pari al doppio dei posti disponibili per gli accessi».

In buona sostanza, secondo tale decreto, alla P.A. «non è preclusa la possibilità di stabilire una soglia minima più alta in quanto tale possibilità in sé corrisponde all'esigenza, ragionevole ed apprezzabile favorevolmente, di effettuare - soprattutto nei concorsi caratterizzati da un altro numero di partecipanti e di posti banditi - una stringente selezione dei più meritevoli, in perfetta linea con i principi scolpiti dall'art. 97 Cost.» (cfr. Cons. Stato, n. 5639/2015). 

 È evidente, a parere dei Giudici amministrativi, che questo decreto ministeriale mette in rilievo la discrezionalità attribuita alla P.A. nell'ambito degli iter concorsuali e della selezione dei concorrenti. Una discrezionalità, questa, che risulta essere «funzionale all'esigenza di compiere una selezione rigorosa dei più meritevoli».

In questi casi, quando il Ministero esercita il potere discrezionale in questione, la sua decisione:

  • sarà insindacabile da parte del giudice amministrativo, riguardando il merito dell'azione amministrativa;
  • potrà essere suscettibile di sindacato solo ove l'esercizio del potere discrezionale sia caratterizzato «da vizi macroscopici di eccesso di potere per irragionevolezza o per contraddittorietà manifesta».

Tornando alla fattispecie in esame, ad avviso del Tar, la P.A. ha esercitato correttamente tale potere e non sono ravvisabili i vizi innanzi citati.

Con l'ovvia conseguenza che il decreto ministeriale impugnato appare conforme ai principi di buona organizzazione, efficienza e razionalità dell'azione della Pubblica Amministrazione. Una conformità, questa, che resta ferma anche a prescindere dall'ulteriore eccezione formulata dal ricorrente relativa al possesso dell'abilitazione dei docenti-concorrenti che, a parere del ricorrente, dovrebbe consentire un accesso diretto ai percorsi di specializzazione in questione. Di diverso avviso sono i Giudici amministrativi, secondo i quali la necessità di una prova preselettiva è prevista per tutti i partecipanti, abilitati o no, senza alcuna eccezione.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Tar Lazio ha respinto il ricorso, confermando il decreto ministeriale impugnato. 

 

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