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Spada Damocle su referendum, ad horas verdetto su ricorso Onida: gli scenari possibili

Cresce l´attesa per il verdetto del Tribunale di Milano sul ricorso proposto dal presidente emerito della Consulta Onida, al quale potrebbero conseguire effetti dirompenti sulla celebrazione del referendum costituzionale.
Tutte le ipotesi sono in campo: da una conferma dell´appuntamento referendario del 4 dicembre, ad un rinvio, anche sine die, ad un blocco sostanziale della consultazione. Tutto dipenderà dalla sentenza che il Tribunale pronuncerà. L´unico dato certo, al momento, che il Collegio si esprimerà prima del 4 dicembre, mentre rimane incerta l´impatto che sulla questione potranno avere decisioni meramente politiche anche se giustificata sulla base di alcune gravi emergenze che il paese sta vivendo, a cominciare dal sisma nell´Italia centrale, riguardo, in particolare, ad una ipotesi, che sta circolando in queste ore, di rinvio della consultazione.
Chi decide a Milano
Il giudice milanese che deciderà sul ricorso Onida è Loreta Dorigo. Un giudice indipendente, nota alle cronache giudiziarie per essere stata componente del Collegio che si è occupata della nota vicenda di corruzione in atti giudiziari che ha riguardato, in un processo del 2009, l´avvocato inglese David Mills, imputato di falso e condannato dal Tribunale ambrosiano.

Il ricorso Onida
I ricorsi sui quali il Tribunale deve assumere una decisione sono due. Uno è stato proposto da un gruppo di legali nel mese di giugno, ed è stato discusso il 20 ottobre. Il secondo è quello proposto dal presidente emerito della Consulta, Valerio Onida, e dalla professoressa Barbara Randazzo. Anche questo secondo ricorso (che dai tam tam del palazzo appare quello più insidioso per la tenuta del referendum) è stato discusso la scorsa settimana.
Sembra estremamente probabile che i due ricorsi, seppure non suscettibili di riunione ed infatti non riuniti, possano essere decisi simultaneamente. Le questioni che sono state poste sono infatti simili. Si chiede, in estrema sintesi, che la Corte Costituzionale si pronunci sulla questione di legittimità costituzionale della legge che ha istituito il referendum (la legge numero 352 del 1970) riguardo alla parte di essa che, in caso di consultazione approvativa, non stabilisce l´articolazione dei quesiti referendari.

Onida, nel proprio ricorso, ha infatti contestato la chiarezza e l´omogeneità del quesito, assumendo che esso, a causa della sua eterogeneità, violerebbe la libertà di voto del cittadino elettore, chiamato a decidere su «un intero pacchetto senza poter valutare le sue diverse componenti». Se il Tribunale aderisse a questa tesi e trasmettesse gli atti alla Consulta, secondo Onida, «sarebbe possibile rimandare la data del referendum costituzionale». Il costituzionalista ha spiegato le conseguenze di un placet del Tribunale a La Spezia, come riportato da alcuni organi di informazione: «Il vero problema è che facciamo troppe leggi. Ciò crea un´instabilità che induce incertezza tra i cittadini. Il nuovo Senato non dà voce alle autonomie locali e alle Regioni ma ai partiti. Mi stupisco che le Regioni più attive come quelle del nord Italia non abbiano alzato un po´ la voce. Il centralismo è un brutto vizio tutto italiano». Un ulteriore problema, l´Italicum, legge che, secondo Onida, «rischia di mandare al governo una minoranza. Riforma e legge elettorale sono figlie di un clima politico basato sullo scontro e sull´antipolitica, anche questo falso problema del numero delle poltrone e dei costi del Parlamento è un ammiccamento all´antipolitica ed è pericoloso».
Sempre secondo Onida, "il referendum viene definito confermativo, ma tale definizione non esiste nella legge che regola questa consultazione e comunque non può essere concepito come se fosse una ratifica popolare di una deliberazione parlamentare complessiva". Infine, "il decreto (di emanazione del referendum) fa riferimento al titolo della legge, ma la legge numero 352 del 1970 è chiara: nel caso di referendum su leggi di revisione costituzionale, nel quesito vanno indicati gli articoli della Carta sottoposti a modifica".

La posizione della Presidenza del Consiglio
Rappresentata in udienza dall´Avvocatura dello Stato, la Presidenza del Consiglio ha ribattuto alle tesi di Onida: "Se lo scopo finale di queste domande è quello di incidere sulle prerogative politiche, non è lecito e va respinto perché un procedimento di questo tipo non può incidere sulla politica". Comunque, ha chiosato la difesa erariale, sarebbe inibita alla Corte Costituzionale la sospensione del referendum in quanto l´esercizio di un siffatto potere è consentito solo in caso di referendum riguardanti i conflitti Stato-Regioni.
Ma secondo Onida, "il tribunale civile non può che rimettere la decisione alla Corte ma non sospendere l´atto. Potrebbe farlo invece la Consulta utilizzando, anche per analogia, i poteri di urgenza che già le si riconoscono, potendo sospendere l´efficacia delle leggi in caso di conflitto tra Stato e Regioni e gli atti impugnati con un conflitto di attribuzioni".
Se quindi la tesi del presidente emerito della Consulta fosse fondata, dato che la Corte Costituzionale non potrebbe decidere ad horas, dovendo disporre di un lasso di tempo di due o tre settimane, la Consulta sarebbe obbligata a decidere interinalmente la sospensione del referendum (rectius, del decreto di sua indizione), o, in alternativa, assumere una decisione di merito entro il 4 dicembre.
Sempre che, ovviamente, la questione sia dichiarata infondata o la politica anticipi una qualsiasi decisione scegliendo, come inizialmente proposto da Pierluigi Castagnetti, la strada di un rinvio.

 

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