La concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell´art. 168-bis c.p., è rimessa al potere discrezionale del giudice e postula un giudizio volto a formulare una prognosi positiva, negativamente integrata anche da un solo precedente specifico, che deve confrontarsi con l´efficacia riabilitativa e dissuasiva del programma di trattamento proposto.
Ad affermarlo, la Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, con Sentenza 20/12/2016, n. 644.
La vicenda
Il pronunciamento della Corte di legittimità ha preso le mosse da quello reso dal Tribunale di Brescia che, con propria sentenza, aveva applicato a (OMISSIS) la pena concordata, ai sensi dell´art. 444 c.p.p., di otto mesi di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa, per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, per avere il primo detenuto, ai fini di cessione, grammi 22,85 circa di marijuana e, nella sua abitazione, una pianta di marijuana insieme a strumenti per la pesatura ed il confezionamento dello stupefacente.
Nell´applicata misura il Tribunale, su accordo delle parti, aveva ritenuto la continuazione dei fatti contestati con quelli giudicati con sentenza emessa dal medesimo ufficio giudiziario alcuni mesi prima, non concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Da qui il ricorso per cassazione del prevenuto, diretti a censurare la sentenza in quanto, a suo dire, il Tribunale aveva mancato di indicare e valutare con precisione gli elementi di prova contrari ad un´assoluzione nel merito (primo motivo); in quanto la pena finale sarebbe stata illegale non rispondendo a criteri di legge l´aumento in continuazione e la diminuente del rito, applicati, come anche illegittima la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena (secondo motivo); in quanto egli aveva personalmente richiesto la sospensione del procedimento in corso, con messa alla prova, ed il giudicante aveva rigettato la richiesta sulla sola mancanza di prognosi favorevole.
La decisione della Corte
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile dalla Corte, in quanto generico, manifestamente infondato ed avente ad oggetto indeducibili censure.
In particolare, e per quanto specificamente qui rileva, è stata ritenuta inammissibile la terza censura, contenente critiche sul provvedimento di diniego della sospensione del procedimento.
La concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell´art. 168 bis c.p., - ha infatti affermato la Sezione - è rimessa al potere discrezionale del giudice e postula un giudizio volto a formulare una prognosi positiva, negativamente integrata anche da un solo precedente specifico, che deve confrontarsi con l´efficacia riabilitativa e dissuasiva del programma di trattamento proposto (Sez. 4, n. 9581 del 26/11/2015).
Nel ricorso, poi, la mancanza di motivazione della concessione era stata del tutto genericamente, e quindi inammissibilmente, dedotta, ed il ricorrente non si era fatto carico di segnalare quale programma, per la censurata decisione, fosse stato disatteso dal giudice del merito nei suoi dedotti effetti riabilitativi.
Da qui, l´inammissibilità.
Segue Sentenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLONI Giacomo - Presidente -
Dott. GIANESINI Maurizio - Consigliere -
Dott. MOGINI Stefano - Consigliere -
Dott. SCALIA Laura - Consigliere -
Dott. D’ARCANGELO Fabrizio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
F.L., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/05/2016 del Tribunale di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Laura Scalia;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. LORI Perla, che ha chiesto dichiararsi l´inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Brescia, con la sentenza in epigrafe indicata, ha applicato a F.L. la pena concordata, ai sensi dell´art. 444 c.p.p., di otto mesi di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa, per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, per avere il primo detenuto, ai fini di cessione, grammi 22,85 circa di marijuana e, nella sua abitazione, una pianta di marijuana insieme a strumenti per la pesatura ed il confezionamento dello stupefacente.
Nell´applicata misura il Tribunale, su accordo delle parti, ha ritenuto la continuazione dei fatti contestati con quelli giudicati con sentenza emessa dal medesimo ufficio giudiziario il 28 dicembre 2015, irrevocabile il 7 aprile 2016, e non ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.
2. Avverso l´indicata sentenza propone ricorso per cassazione, in proprio, il prevenuto, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente fa valere violazione di legge per erronea applicazione dell´art. 444 c.p.p., in relazione all´art. 129 c.p.p..
Il Tribunale aveva mancato di indicare e valutare con precisione gli elementi di prova contrari ad un´assoluzione nel merito.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge e pena illegale per erronea applicazione dell´art. 444 c.p.p., in relazione all´art. 81 c.p., ed agli artt. 163, 164 e 168 c.p..
Riconosciuta la continuazione tra i fatti per i quali si era proceduto e quelli di cui alla sentenza del Tribunale di Brescia n. 5668 del 28 dicembre 2015, la pena finale sarebbe stata illegale non rispondendo a criteri di legge l´aumento in continuazione e la diminuente del rito, applicati.
Illegittima sarebbe stata anche la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, atteso che il riconoscimento del reato continuato in sede di cognizione produce un unico e primo giudicato, come tale non integrativo dei presupposti ai sensi dell´art. 168 c.p., per i quali opererebbe di diritto la revoca della sospensione.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge in relazione all´art. 464 quater c.p.p., e manifesta illogicità dell motivazione. Come riportato nel verbale d´udienza il prevenuto aveva personalmente richiesto la sospensione del procedimento in corso, con messa alla prova, ed il giudicante aveva rigettato la richiesta sulla sola mancanza di prognosi favorevole.
3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l´inammissibilità del ricorso nella congruità della motivazione resa quanto all´art. 129 c.p.p.; nell genericità di ogni censura portata al calcolo della pena; nell´intervenut accordo delle parti anche sulla revoca della sospensione condizionale della pena; nel carattere discrezionale della concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 168 bis c.p.p.).
Motivi della decisione
1. Il ricorso à ~ inammissibile in quanto generico, manifestament infondato ed avente ad oggetto indeducibili censure, per le ragioni che qui di seguito si espongono.
1.1. Il denunciato omesso controllo ai sensi dell´art. 129 c.p.p., Ã ~ del tutto genericamente dedotto in ricorso.
Non si indica per lo stesso infatti la ragione per cui, a fronte di una richiesta di applicazione di pena finale proveniente dallo stesso imputato, tale da presupporre rinuncia implicita a qualsiasi questione sulla colpevolezza e sull´entità della concordata pena, il giudice avrebbe dovut eludere la richiesta e giungere ad una decisione liberatoria, dovendo la richiesta di applicazione pena essere considerata come ammissione del fatto (Sez. 2, n. 41785 del 06/10/2015, Ayari, Rv. 264595; Sez. U, 5777 del 27/03/1992, di Benedetto, Rv. 191135).
1.2. La censura sulla illegalità della pena resta anch´ess consegnata a critica del tutto generica non riportandosi neppure in ricorso le norme la cui violazione integrerebbe la dedotta illegittimità .
La questione poi della illegalità della revoca del benefici della sospensione condizionale della pena à ~ superata, come rilevato dall stesso P.G., per avere le parti liberamente concordato la revoca del beneficio, nella piena rinunciabilità dello stesso ad opera dell´imputato, del difensore di questi munito di procura speciale, costituendo la rinuncia atto personalissimo idoneo ad incidere sul profilo sanzionatorio (Sez. 3, n. 11104 del 30/01/2014, Ercolini, Rv. 258701).
La sentenza impugnata riporta espressamente, sul frontespizio, le conclusioni rassegnate dalle parti che, comprensive della rinuncia al beneficio, sono riferite all´imputato, presente.
Tanto vale ad integrare la dismissione del beneficio in un contesto in cui, incidendo la misura della sospensione ai sensi dell´art. 168 c.p., sul trattamento sanzionatorio, la procura speciale conferita per patteggiare, e quindi per definire la misura della pena, avrebbe peraltro consentito il riconoscimento di un siffatto potere anche in capo difensore officiato.
1.3. L´ulteriore critica avanzata dal ricorrente sul provvedimento di diniego della sospensione del procedimento si presta a plurime valutazioni di inammissibilità .
1.4. La concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell´art. 168 bis c.p., Ã rimessa al potere discrezionale del giudice e postula un giudizio volto a formulare una prognosi positiva, negativamente integrata anche da un solo precedente specifico, che deve confrontarsi con l´efficacia riabilitativa e dissuasiva del programma di trattamento proposto (Sez. 4, n. 9581 del 26/11/2015 (dep.2016), Quiroz, Rv. 266299).
Nel ricorso, poi, la mancanza di motivazione della concessione viene del tutto genericamente, e quindi inammissibilmente, dedotta, in alcun modo il ricorrente facendosi carico di segnalare quale programma, per la censurata decisione, sia stato disatteso dal giudice del merito nei suoi dedotti effetti riabilitativi.
2. All´inammissibilità del ricorso segue la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell´art. 616 c.p.p., nel testo modificato dalla sentenza della Corte costituzionale 13 giugno 2000, n. 186.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2017