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"Io, figlia di un cinquantenne disoccupato, bollato come un parassita, mi si stringe il cuore". Un delitto sperare in un lavoro?

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 Siamo una famiglia di sinistra che non ha votato 5 Stelle, ma non si può insultare chi spera di poter vivere in modo dignitoso". 

Pubblichiamo la lettera che una lettrice de L'Espresso ha pubblicato sotto forma di commento partecipando al dibattito in corso nella bacheca di Claudio Munafò, giornalista dello stesso settimanale su come si rapporta il popolo "di sinistra" con una misura come quella del Reddito di Cittadinanza appena approvato dal Consiglio dei ministri, e in quale modo le critiche nel merito della norma rischiano poi di sfociare nel classismo.

Speriamo, con questo, di poter aprire un serio dibattito perché il lavoro dei giovani è la principale emergenza del paese e il sostegno a chi non è in condizioni di dignità per vivere un atto semplicemente dovuto, oltre ogni perfino plausibile considerazione di finanza pubblica.

"Io sono una dei tanti figli di quei cinquantenni che troppo spesso si ritrovano disoccupati che potrebbero solo trarre beneficio dal trovate un lavoro nella maniera semplice che promette il Governo.

Nessuno nella mia famiglia ha votato il Movimento 5 Stelle, sia per orientamento politico (siamo da generazioni una famiglia che ha sempre votato esclusivamente a sinistra) sia perché, pur essendo una delle famiglie che fa effettivamente parte del possibile bacino di utenza di questa fantomatica misura, nessuno di noi crede (o ha creduto al momento del voto) che questa fantomatica misura possa essere realizzabile nei tempi e modi tanto declamati in pubblica piazza dall'attuale Governo.

In casa mia, come nelle case di molti intorno a noi, sappiamo fin troppo bene cosa significhi andare nei centri d'impiego. Tutto troppo spesso si limita a ''mi lasci la mail, la contattiamo se saltasse fuori qualcosa'', e con ciò non voglio recriminare i dipendenti di questi centri, anche perché se il lavoro non te lo propongono è perché probabilmente (e questo è ovvio) non esiste. Dal momento che, come detto, sono convintamente di sinistra, il mio dispiacere nel leggere questi giudizi su persone come mio padre, e i padri e le madri di tanti altri, è ancora più opprimente.

Ogni volta che leggo (o troppo spesso sento) bollare, persone come lui, che vorrebbero solo vivere serenamente e far vivere serenamente i propri affetti con un onesto lavoro, come ''animali da divano'' o ''scansafatiche'' o ''parassiti in nero''mi si stringe il cuore.

Non è questa la sinistra in cui credo. La sinistra in cui credo è quella che si sofferma sui problemi delle minoranze grazie al proprio lato progressista (il lato che probabilmente mi sta maggiormente a cuore, perché il tema dei diritti per me è essenziale), ma che si occupa anche di creare soluzioni per il mondo del lavoro.

Perché fare opposizione a suon di ''non funziona perché quella gente non vuole lavorare'' è di fatto esternare una posizione classista, che non risolve il problema o propone soluzioni, ma che di fatto non fa altro che cercare di nascondere la polvere sotto il tappeto, cercando di mascherare il fatto che non si hanno soluzioni concrete con le quali fare opposizione. E in tutto questo cosa succede: si scade nell'attacco aggressivo.

Per cui sono stanca di vedere sempre e solo fare di tutta l'erba un fascio. In tutto il Paese è sicuramente pieno di persone che si strofinano le mani al pensiero di avere 200€ in più in tasca a spese di tutti, ma è anche pieno di persone che non credono che questo Governo riesca a concludere qualcosa, ma che sotto sotto ci spera, e non per campare con una stupida tessera da 200€ da spendere rigorosamente nei negozi che non faranno parte delle blacklist, ma per trovare finalmente il lavoro dignitoso che ogni persona spera di trovare prima o poi nella vita.

Un lavoro che ti fa dormire sereno la notte, che ti fa pensare al presente e non con ansia al futuro.

Cordiali Saluti
La figlia di ''uno scansafatiche''

 

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