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Si può confiscare la prima casa di chi ha commesso reati tributari nel caso di vendita simulata del patrimonio immobiliare per sottrarsi al recupero del debito erariale?

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Riferimenti normativi: Art.11 D.Lgs.n.74/2000

Focus: Con la confisca dei beni l'autore di illeciti tributari viene privato dallo Stato delle utilità economiche, comprensive di beni mobili ed immobili, conseguite attraverso il reato commesso. L'immobile che è prima casa del debitore può essere sottoposta a sequestro preventivo ed eventualmente a confisca?

Principi generali: Nel caso in cui l'evasione fiscale si sia trasformata in reato o siano state superate determinate soglie di tributo non versato il sistema penale tributario prevede il sequestro preventivo finalizzato all'adozione della confisca dei beni del debitore. La giurisprudenza della Corte di Cassazione negli ultimi anni ha esteso la possibilità del sequestro preventivo anche a tutti gli immobili oggetto di compravendita o di donazioni fittizie in quanto atti fraudolenti verso l'Erario posti in essere al solo scopo di ridurre il patrimonio del debitore esposto verso il fisco. Ciò in quanto l'art.11 del D.Lgs.n.74/2000 punisce chi "aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva". La Corte di Cassazione, sez.3, con sentenza n.30342/2021, è stata chiamata ad affrontare il tema di stabilire se sia applicabile o meno alla confisca dei beni immobili dell'autore del reato, di cui all'art.11 citato, il limite posto dall'art. 76 del D.P.R. n. 602/1973 che vieta all'agente di riscossione di operare il pignoramento della prima casa per debiti fiscali. 

Nel caso di specie il Tribunale del riesame di Trento, in presenza del reato di cui all'art.11 del D.Lgs.n.74/2000, disponeva con ordinanza il sequestro preventivo dei beni immobili nei confronti del socio unico amministratore di una società s.n.c., limitatamente alla somma di euro 180.270,50. Il Tribunale, infatti, riteneva che si fosse in presenza dei presupposti fraudolenti del reato di cui al citato art.11 poichè il debitore, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte e della sanzione per un ammontare pari alla predetta somma, aveva posto in essere l'alienazione simulata di due immobili di sua proprietà cedendone uno in favore della propria figlia ma rientrando in possesso del corrispettivo della cessione e mantenendo l'usufrutto sullo stesso, e trasferendo la somma incassata dalla vendita di un terreno su conti della moglie, ciò con evidenti riflessi sulla garanzia patrimoniale e sulla inefficacia della procedura esecutiva. 

Tale ordinanza veniva impugnata dal socio unico amministratore della s.n.c. dinanzi alla Suprema Corte chiedendone l'annullamento per mancanza di motivazione. Infatti, secondo la difesa il tribunale non aveva preso in considerazione quanto dedotto con precedente memoria secondo cui l'operazione posta in essere sarebbe stata una normale compravendita al prezzo giusto e regolarmente pagato, e oggetto di sequestro sarebbe stato l'immobile prima casa del ricorrente che, ai sensi dell'art. 76 del D.P.R. n. 602/1973, come sostituito dall'art.52 del D.L.69/2013 convertito dalla L.n.98/2013, non sarebbe sequestrabile ai fini della confisca nei confronti del soggetto indagato per il delitto dell'art.11 del D.Lgs.n.74/2000. 

La Suprema Corte ha ritenuto congrua e sufficiente la motivazione dell'ordinanza impugnata; ciò in quanto le due operazioni di dismissione del patrimonio personale del ricorrente sono state correttamente ritenute "atto fraudolento" tenuto conto del fatto che l'alienazione è simulata quando il programma contrattuale non corrisponde in tutto o in parte all'effettiva volontà dei contraenti e l'atto posto in essere rappresenta ai terzi una realtà, quale quella della riduzione del patrimonio del debitore, che non corrisponde al vero, in tal modo mettendo a repentaglio o, comunque, rendendo più difficoltosa l'azione di recupero del bene sottratto alle ragioni dell'erario.

Il giudice di legittimità, per quanto sopra esposto, ha ritenuto il ricorso infondato condividendo, altresì, l'orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di reati tributari, il limite all'espropriazione immobiliare previsto dall'art.76 del D.P.R.n.602/73 opera solo nei confronti dell'Erario, per debiti tributari, non nei confronti di altre categorie di creditori; riguarda l'unico immobile di proprietà e non la prima casa del debitore e non costituisce un limite all'adozione nè della confisca penale nè del sequestro preventivo ad essa finalizzato (Cass.sez.3 sent.n.8995 del 7.11.2019; Cass.sez.3 sent.n.5608 del 20.10.2020).

 

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