Si è spento Bruno Catalanotti, l´ex magistrato che indagò sui disordini del marzo 1977 a Bologna. Catalanotti, classe 1939, è stato un giudice che amava il suo mestiere. Era da poco pretore di Bobbio e di Bettola quando riuscì a disarmare un uomo che imbracciando un fucile aveva sequestrato un medico di base perché non gli aveva riconosciuto l´invalidità. I carabinieri ci avevano provato inutilmente.
Nel 1983 ha lasciato la toga ed è diventato un avvocato di grido, studi a Bologna e a Milano, in via Montenapoleone. Nella seconda fase della sua vita ha messo a segno una vittoria clamorosa. A conclusione del processo per Calciopoli, la Cassazione, con una sentenza di oltre trecento pagine, ha dichiarato l´amnistia per tutti gli imputati, ma ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni del Bologna e del Brescia, entrambe retrocesse nel campionato 2005-2006. Su chi sia competente a fissare le cifre è ancora in corso un braccio di ferro giudiziario. Il Bologna reclama 50 milioni, il Brescia 70, più gli interessi.
Da magistrato, appena arrivato a Bologna, Catalanotti fu l´estensore di una delle prime sentenze che applicavano la legge Scelba contro la ricostituzione del partito fascista a carico di diversi estremisti di destra della città. Ma la sua notorietà è legata all´inchiesta sui fatti del marzo 1977, l´indagine che vide apparire sui muri di Bologna il suo nome scritto con la kappa, come Kossiga, Pekkioli e Kappler. Diventò il nemico pubblico di una generazione che aveva sconvolto la città-vetrina del Pci dopo l´uccisione dello studente di Lotta Continua Pier Francesco Lorusso. Durante i disordini e i saccheggi fu svuotata un´armeria. Per il magistrato cominciò una vita blindata che durò 2 anni e 9 mesi, gli uomini della scorta che presidiavano il pianerottolo di casa, una pistola sempre in tasca. «Tutto quello che mi trasmisero le forze dell´ordine – ricorderà venti anni dopo in una intervista – furono rapporti a carico di ignoti».
I suoi fascicoli si riempirono di nomi. «Emersero - rammenta nella stessa occasione - intrecci e connessioni tra l´autonomia operaia bolognese e altre organizzazioni eversive di Padova, Milano e Bologna». Nacque un secondo filone di indagine che condusse all´arresto di Maurice Bignami nell´ appartamento milanese di Toni Negri, fino a quel momento considerato solo un ideologo. Dopo essere stato scarcerato Bignami entrò in clandestinità e diventò un uomo di punta del gruppo di fuoco di Prima Linea. Successivamente si dissociò. «L´inchiesta – riassume il magistrato – scoprì inquietanti traffici di armi fra l´Autonomia, le Br e alcune frange dell´Olp. Succedeva un anno prima del sequestro di Aldo Moro». Undici leader del Movimento Studentesco furono processati. Il giudice ordinò anche l´arresto del carabiniere ausiliario Massimo Tramontani per «omicidio preterintenzionale di Lorusso». Il militare fu poi assolto applicando la ´legge Reale´.
Negli anni successivi Catalanotti avvia un´indagine su una rete di bische clandestine che porta in carcere anche un ex questore di Ravenna. Scattano diversi tentativi di trasferirlo dall´incarico di giudice istruttore. Finiscono tutti in nulla. Catalanotti lascia la magistratura. «Per troppo tempo fummo solo in pochi servitori dello stato a impegnarci con grande forza nella difesa della legalità democratica» spiegherà dopo avere abbandonato per sempre la toga.
Fonte: il Resto del Carlino, 4/8/16
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