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Scuola multiculturale? Non è uno slogan, ecco come noi docenti ci siamo messi a studiare in Sicilia

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Gli studenti immigrati o con almeno un genitore straniero sono aumentati, negli ultimi quindici anni, di oltre il 10 per cento in Italia: una crescita superiore per velocità a quella della media degli altri Paesi europei e dell'area Ocse. Tuttavia nel loro complesso gli studenti stranieri di prima o seconda generazione nel nostro Paese sono meno rispetto al resto d'Europa: uno su sei (17 per cento) contro uno su quattro (23 per cento). 

Dietro ai numeri ci sono persone, quella società multiculturale con cui dobbiamo rapportarci, e non combattere, valorizzandone gli aspetti sociali. Abbiamo una legislazione molto avanzata in termini di diritti dei minori, soprattutto per quanto concerne l'istruzione: l'Italia consente a tutti i minori, migranti e rifugiati, persino a quanti hanno genitori in clandestinità, di poter frequentare la scuola. Il punto di partenza è la Legge 7 aprile 2017 n. 47, che dispone misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati e prevede il divieto assoluto di respingimento dei minori stranieri non accompagnati alla frontiera, il raccordo tra strutture di prima accoglienza e SPRAR, esteso ai minori non accompagnati, tutele per il diritto all'istruzione e alla salute. 

L'istruzione è un diritto garantito dalla nostra Costituzione. Un diritto che poi diventa reale ed esigibile grazie al sistema formativo italiano che con le proprie scuole statali rappresenta un sistema non solo di accoglienza, ma di vera e propria integrazione di una scuola-comunità che mette in circolo gli anticorpi della tolleranza e della solidarietà che rappresentano l'elemento costitutivo di una scuola che non si limita a dare ai profughi l'opportunità di studiare, ma anche di svolgere un'azione di integrazione generale. 

Nel 2017 con il Fondo asilo migrazione e integrazione 2014-2020 (FAMI) il Miur ha annunciato di voler finanziare la formazione di docenti di italiano, come lingua 2, e di dirigenti di scuole con un alto tasso di immigrati. I progetti di formazione sono ancora in corso. Il valore aggiunto è costituito dall'esperienza, dal coinvolgimento, dalla preparazione degli insegnanti e del personale della scuola. A fare la differenza, in tutte le situazioni nelle quali l'integrazione è stata positivamente realizzata, è stato il diretto coinvolgimento delle persone. Una realtà che rappresenta il tentativo concreto di gestire quotidianamente nelle scuole, e dunque portare a sistema, il tema dell'educazione dei minori non accompagnati e dei migranti. 

Non senza difficoltà tuttavia. Ci si misura, infatti, con normative poco chiare o addirittura inesistenti, ad esempio sull'obbligo di vaccinazione da cui sono paradossalmente esclusi gli alunni stranieri: evidentemente si parte dal presupposto che i tutori dei minori non siano in grado di produrre la relativa certificazione. Al dirigente scolastico, in questo caso, non rimane altra scelta se non quella di ammettere lo studente anche in assenza di documentazione che attesti l'avvenuta vaccinazione che tanto ha fatto discutere nei mesi scorsi. Il risultato è un modello di scuola, tutto italiano, che ha portato quasi a sorpresa per i colleghi europei, alla realizzazione di pratiche e didattiche di inclusione che oggi fanno da progetto pilota anche per i paesi del Nord Europa. Quello che è stato realizzato, durante lo scorso anno scolastico, in Sicilia e in molte altre regioni della Penisola, è un fatto completamente nuovo: scuole, insegnanti e personale in sinergia, per creare un modello inedito di educazione che intreccia competenze, esperienze e necessità. 

L'idea che si è realizzata in Sicilia dove dirigenti, insegnanti e personale Ata, si sono messi a studiare l'inglese per poter comunicare più facilmente, o le esperienze di didattica di laboratorio, sono il modo concreto di integrazione attuato nei territori dove il fenomeno migratorio è vissuto quotidianamente, con evidenti ricadute positive su tutti i componenti della comunità scolastica, sia migranti che stanziali. Da dove partire per trasformare un'esigenza in buona prassi? 

La partecipazione alla scuola dell'infanzia è cruciale per aiutare lo sviluppo linguistico e sociale dei bambini con un background di immigrazione. Importanti sforzi sono necessari per accompagnare le famiglie verso una maggiore partecipazione alla vita scolastica. Insegnanti e dirigenti scolastici devono ricevere il supporto necessario per aiutare i giovani immigrati ad affrontare le barriere all'integrazione, i nuovi approcci pedagogici necessari per far fronte alla diversità linguistica e culturale sono importanti per migliorare l'offerta formativa di tutti gli studenti. In tale direzione si è fatto molto, ad esempio con la legge che ha istituito i Centri Provinciali per l'Istruzione degli Adulti (CPIA). I percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana, destinati agli adulti stranieri, sono finalizzati al conseguimento di un titolo attestante il raggiungimento di un livello di conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue, elaborato dal Consiglio d'Europa. I percorsi di istruzione di secondo livello mirano invece al conseguimento del diploma di istruzione tecnica, professionale e artistica. La strada è ancora lunga, ma la direzione è indubbiamente quella giusta.

Maria Di Benedetto - Insegnante e vicaria IC Portella della Ginestra - Vittoria (RG)

 

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