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Sanzione docente e libertà di espressione.

scuola

 Nel novembre 2019, una dirigente scolastica, sanzionava una insegnante per la pubblicazione di alcuni post sui social, ritenuti offensivi.

Il procedimento disciplinare, era stato aperto dalla dirigente, in quanto tali messaggi erano stati ritenuti lesivi dell'immagine della scuola e denigratori nei confronti del personale scolastico.

La sanzione viene però annullata e la dirigente, ormai in pensione, condannata alle spese processuali ed a quelle della CTU.

Orbene, afferma il Giudice del lavoro di Siracusa nella sentenza; "… dalla trascrizione delle conversazioni emerge una situazione di indubbia prevenzione a fronte della richiesta di chiarimenti o volontà di spiegazioni da parte della docente". Ed ancora si legge nelle motivazioni "…Dall'esame degli atti non emerge la sussistenza di un comportamento denigratorio del contesto scolastico così come qualificato ed attribuito alla docente sanzionata".

Il Giudice, parla, inoltre, di critica o di satira, insomma il post appariva più che altro ironico e non offensivo tanto che anche il sindacato degli insegnanti sosteneva la difesa della docente sanzionata dalla dirigente. 

 Occorre precisare, che, non sono ammissibili limiti alla libertà di manifestazione del pensiero diversi da quelli fondati sulla Carta costituzionale.

In Italia, anche il diritto di satira è riconosciuto come diritto soggettivo di rilevanza costituzionale in quanto esso rientra negli articoli 21, 9 e 33 della Costituzione, che tutelano la libertà di pensiero ed espressione, lo sviluppo della cultura e la libertà di creazione artistica.

Ciò che occorre comprendere è se i limiti di cui abbiamo detto sopra valgono nello stesso modo per qualunque tipo di manifestazione del pensiero.

Ad esempio, uno dei limiti più frequentemente invocati rispetto alla libertà di manifestazione del pensiero è rappresentato dalla tutela dell'onore, protetta anche dal codice penale con la previsione del reato di diffamazione, aggravato dalla circostanza di essere commesso a mezzo stampa o attraverso trasmissioni televisive o radiofoniche.

Per quanto concerne la satira, intesa appunto come forma di espressione del pensiero, essa si propone di raccontare la realtà attraverso la burla, l'esagerazione, l'estremizzazione dei fatti, il paradosso, suscitando l'ilarità dei destinatari del messaggio.

 Un limite alla satira deriva dal fatto che per la sua natura non deve avere l'informazione come obiettivo primario, perché in tal caso dovrebbe soggiacere ai limiti propri del diritto di cronaca.

Un altro limite è rappresentato dalla continenza espositiva.

Sul punto la giurisprudenza è divisa, in quanto una parte sostiene che alla satira, quale espressione artistica caratterizzata da un linguaggio non convenzionale, non soggetto a schemi razionali, non possa applicarsi il metro consueto della correttezza dell'esposizione.

Altra parte ritiene invece che la satira non sfugga al limite della continenza per cui non potrebbe essere invocata la scriminante dell'art. 51 per le attribuzioni di condotte illecite o moralmente disonorevoli, gli accostamenti volgari, la deformazione dell'immagine in modo da suscitare disprezzo o dileggio.

Se ne deduce in definitiva che la satira non può tradursi in diritto al libero insulto, travalicando il limite della correttezza del linguaggio e del rispetto della dignità umana (T. Trento, 26.1.1999).

 

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