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Diramati gli esiti della consultazione referendaria nella Repubblica di San Marino, le cui autorità hanno chiamato nella giornata di ieri i 34.458 aventi diritto ad esprimersi su 2 quesiti di carattere confermativo. Il primo quesito riguardava la normativa elettorale mentre il secondo il divieto di discriminazione sessuale è di genere. A votare è stato il 41,97% degli elettori, che si sono in entrambi i casi espressi a favore della proposta.
Il primo quesito, quello inerente la normativa elettorale, modifica le regole delle consultazioni politiche nella Repubblica. Il referendum consegna di fatto all'istituzione suprema, il consiglio grande e generale, il diritto-dovere di esprimersi nelle prossime settimane costruendo una legge elettorale coerente con gli esiti referendari. In pratica, e per esemplificare, qualora al primo turno elettorale non vi sia una coalizione vincitrice direttamente, la Reggente sarà tenuta ad attribuire alla lista con la maggioranza relativa dei voti, un mandato di 15 giorni per formare una maggioranza, previo accordo con un'altra lista o coalizione che abbia ottenuto seggi. In caso il tentativo non vada in porto, il mandato dovrà essere consegnato al secondo gruppo di partiti, e solo qualora anche questo ulteriore tentativo vada a vuoto, dovrà essere celebrato il ballottaggio. La riforma elettorale, in altri termini, semplifica il procedimento, ma riduce anche i costi della politica prevedendo il turno di ballottaggio come soltanto eventuale, e facendo leva sulle possibilità del dialogo tra le forze politiche successivamente al primo turno.
Il secondo quesito referendario ha invece confermato l'introduzione, nella Carta costituzionale, del divieto di discriminazione in base al genere e all'orientamento sessuale per quanto riguarda le unioni di civili e i diritti conseguenti.
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