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Riscossione e prescrizione dei crediti previdenziali Inps

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Riferimenti normativi: Art.3, comma 9, L.n.335/1995 - Art.24 L.n.46/1999

Focus: In caso di mancata opposizione alla cartella di pagamento dei crediti previdenziali (Inps) il termine di prescrizione dei crediti rimane sempre quinquennale? La questione, più volte affrontata dalla giurisprudenza, è stata oggetto della recente sentenza della Corte di Cassazione n.22350 del 15 ottobre 2020.

Principi generali: A norma dell'art.3, comma 9, L.n.335/1995 il termine prescrizionale per il versamento dei contributi previdenziali, prima decennale, è ritornato quinquennale a partire dal gennaio 1996. Tuttavia, ai sensi del comma 10 del citato art.3, permane il termine prescrizionale decennale per le contribuzioni relative agli anni precedenti nel caso di atti interruttivi già compiuti e/o di procedure di recupero iniziate dall'Inps nel rispetto della normativa precedente. La procedura di recupero dei crediti previdenziali ha luogo con l'iscrizione a ruolo dei contributi non versati dal debitore nei termini di legge o dovuti a seguito di accertamenti eseguiti dagli uffici, seguita da cartella di pagamento che, pur avendo le caratteristiche di un titolo esecutivo, resta un atto amministrativo privo dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Si è posto da tempo il problema se la decorrenza del termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento produce soltanto l'effetto sostanziale dell'irretrattabilità del credito o determini anche l'effetto di rendere applicabile l'art. 2953 cod.civ.convertendo il termine di prescrizione breve (quinquennale, secondo l'art.3, commi 9 e 10, della legge n.335/1995) in quello ordinario decennale. 

In materia di durata della prescrizione per gli avvisi di pagamento non opposti, secondo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario tradizionale, si può verificare la conversione della prescrizione da breve a decennale, in base all'art. 2953 c.c., soltanto per effetto di sentenza passata in giudicato, oppure di decreto ingiuntivo che abbia acquistato efficacia di giudicato formale e sostanziale o di decreto o di sentenza penale di condanna divenuti definitivi (Cassazione sentenze nn.6628/2006; 1650/2014; 3987/2016). In particolare, per la riscossione coattiva dei crediti la suddetta norma è considerata applicabile esclusivamente quando il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l'atto amministrativo, ma un provvedimento giurisdizionale divenuto definitivo (Cassazione sentenze nn.1965/1996; 1980/1996). La Suprema Corte ha, da sempre, sottolineato che "la disciplina della prescrizione è insuscettibile di interpretazione analogica", quindi, in base all'art.2946 c.c., la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale, a meno che la legge disponga diversamente come nel caso dei contributi previdenziali (art. 3 Legge n.335/1995). 

Pertanto, l'art.2953 c.c. non può essere applicato per analogia oltre i casi in esso stabiliti e il termine di prescrizione decennale da essa previsto decorre non dal giorno in cui sia possibile l'esecuzione della sentenza né da quello della sua pubblicazione, ma dal momento del suo passaggio in giudicato. Sulla questione è intervenuta anche la Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n.23397 del 17/11/2016 la quale ha precisato che "la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento, di cui all'art.24, c.5, D.Lgs. n.46/1999 (iscrizioni a ruolo ed emissione di avviso di addebito per i crediti degli enti previdenziali), pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l'effetto della cosiddetta "conversione" del termine di prescrizione breve (quinquennale) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art.2953 c.c.".

E' stato ribadito che il principio di diritto, secondo cui i crediti previdenziali si prescrivono in 5 anni, si applica con riguardo a tutti gli atti, comunque denominati, di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative. Di conseguenza, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione, non consente di applicare l'art.2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo. 

La disposizione dell'art.2953 c.c., che si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, non si applica, quindi, alla cartella di pagamento la quale è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l'avviso di addebito dell'Inps che dal 1°gennaio 2011 ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale dello stesso istituto (art.30 D.L.n.78/201, convertito dalla L.n.122/2010). Tale principio è stato recentemente richiamato dalla Corte di Cassazione, sez.VI civile, con ordinanza del 23 giugno 2020 n.12288, e con la sentenza n.22350 del 15 ottobre 2020. In conclusione, perciò, si può affermare che la decorrenza del termine per l'opposizione alla cartella di pagamento, applicabile per la riscossione di contributi previdenziali, produce l'effetto sostanziale dell'irretrattabilità del credito contributivo ma non determina anche l'effetto di convertire il termine di prescrizione breve nel termine di prescrizione ordinario decennale.

 

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