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Rimborso dei dividendi già tassati ad holding estera: è legittimo?

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Riferimenti normativi: Art.27 bis T.U.I.R. - Art. 27 bis D.P.R.n.600/73 - Art.43, c. 1, D.P.R.n.600/73 - Direttiva n. 90/435/CE

Focus: La normativa nazionale prevede una tassazione differente dei dividendi percepiti da società operative residenti in Italia rispetto ai dividendi percepiti da holding o società interposte estere. In particolare, i dividendi percepiti da una società non residente in Italia sono assoggettati a ritenuta alla fonte, cioè a tassazione immediata e definitiva, a prescindere dal loro risultato di esercizio, e i dividendi percepiti da una società residente in Italia vengono tassati alla chiusura dell'esercizio in cui vengono percepiti solo se la società è in attivo. Se, invece, l'esercizio fiscale chiude in passivo la tassazione viene differita ad un esercizio attivo successivo, nel caso in cui le perdite riportabili all'esercizio seguente siano imputate sino a concorrenza dell'importo dei dividendi percepiti, procurando, in tal modo, un vantaggio di natura finanziaria alle società residenti in perdita, e, addirittura, un'esenzione in caso di cessazione dell'attività. Per evitare l'applicazione della ritenuta alla fonte sui dividendi erogati nei confronti di società estere la normativa prevede il regime del rimborso (articolo 27-bis, comma 1, del D.P.R. 600/1973). La Corte di Cassazione con la sentenza n.14527/2019 si è pronunciata sulla fattispecie di diniego di rimborso delle ritenute su dividendi da parte dell'Agenzia delle Entrate.

Principi generali: Il trattamento fiscale dei dividendi previsto dalla Direttiva n. 90/435/CE (c.d. Direttiva madre figlia), corrisposti da società fiscalmente residenti a società o enti con una partecipazione diretta non inferiore al 20%, residenti in uno Stato membro dell'Unione europea, è disciplinato dall'articolo 27-bis del D.P.R. 600/1973. In base a tale disposizione, se ricorrono alcune specifiche condizioni, nella distribuzione di dividendi è possibile azzerare la ritenuta alla fonte a titolo di imposta. Il legislatore prevede due possibilità per evitare l'applicazione della ritenuta alla fonte sui dividendi erogati nei confronti di società estere: il regime del rimborso (articolo 27-bis, comma 1, del D.P.R. 600/1973) e il regime dell'esenzione (articolo 27-bis, comma 3, del D.P.R. 600/1973). Nel regime del rimborso il soggetto residente in Italia, alle condizioni previste per l'applicazione della direttiva madre-figlia, deve operare la ritenuta alla fonte a titolo di imposta nella misura dell'1,20%, indicata nell'art. 27, comma 3-ter, del D.P.R. 600/1973. Successivamente, il soggetto non residente che ha percepito i dividendi potrà richiedere il rimborso della ritenuta subita. 

Nel regime dell'esenzione di cui all'art. 27-bis, comma 3, del D.P.R. 600/1973 il soggetto residente, al verificarsi delle condizioni previste per l'applicazione della Direttiva madre-figlia, su richiesta del soggetto non residente non opera la ritenuta alla fonte a titolo di imposta nella misura indicata nell'art. 27, comma 3-ter, del D.P.R. 600/1973.

La Corte di Giustizia europea con sentenza C-575/2017 del 22 novembre 2018, che costituisce una vera e propria fonte normativa di origine comunitaria, ha censurato la legge nazionale per "disparità di trattamento" tra società percipienti in ambito UE rispetto alle percipienti italiane. Infatti, la disciplina della doppia imposizione comunitaria (Direttiva madre-figlia) in materia di tassazione dei dividendi, distribuiti tra società madre e figlia residenti in diversi paesi dell'Unione Europea, non garantisce il venir meno della disparità di trattamento tutte le volte che la società percipiente in altro Stato membro non ha avuto modo di compensare in tale Stato l'imposta pagata in Italia (a mezzo di ritenuta) perché non tassata nel proprio Stato di appartenenza o non sufficientemente tassata.Tale differente trattamento fiscale dei dividendi a seconda del loro luogo di residenza delle rispettive società beneficiarie, a giudizio della Corte di Giustizia europea, dissuade gli investimenti tra società e comporta, perciò, una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata, in linea di principio, dall'articolo 63, paragrafo 1, Tfue (Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea). La Corte di Cassazione, sez.5, con l'ordinanza n.2889 del 31/1/2019, richiamando la predetta decisione della Corte di Giustizia europea ha riconosciuto non corretto l'operato dell'Amministrazione finanziaria che subordina il rimborso della ritenuta alla effettiva compensazione da parte della società percipiente estera nel paese UE di residenza dell'imposta sul dividendo proveniente dall'Italia.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n.14527 del 28 maggio 2019, si è pronunciata in merito al diniego di rimborso da parte dell'Agenzia delle Entrate sulla ritenuta in uscita, applicata dalla società controllata italiana Augusta spa sui dividendi da essa erogati alla società Agusta Holding BV, alla quale Finmeccanica spa aveva trasferito l'intero capitale sociale di Agusta spa. La vicenda è sorta dal fatto che l'Agenzia delle Entrate dopo aver riconosciuto, in sede di controllo formale, il rimborso alla società richiedente ha negato successivamente, a seguito di controllo sostanziale, l'applicazione del rimborso della ritenuta sui dividendi disconoscendo lo status di beneficiario effettivo della Holding olandese.

Ha ritenuto, infatti, che quest'ultima sia una società costruita per puro artificio avente la propria residenza effettiva in Italia e non in Olanda, finalizzata al conseguimento di risparmi di imposta indebiti, allo scopo di beneficiare del regime agevolato di tassazione favorevole dei dividendi previsto dalla Convenzione tra Italia e Paesi Bassi sulle doppie imposizione e del regime di esenzione dei dividendi dalle imposte vigente in Olanda. Di conseguenza la società non possedeva i requisiti per beneficiare dell'istituto del rimborso delle ritenute sui dividendi, previsti dall'art. 27 bis del D.P.R. n. 600/73 e dalla Convenzione sulle doppie imposizioni, e non era assoggettata ad imposta della società stessa nel proprio Stato di residenza, (requisito richiesto dall'art. 27-bis, comma 1 lett. c), del DPR 600/73, al fine di compensare la ritenuta alla fonte).

A fronte di queste argomentazioni la Cassazione ha ritenuto infondata la ricostruzione effettuata dall'Amministrazione finanziaria, vittoriosa in Commissione tributaria regionale. In particolare, la Corte Suprema ha confermato la piena legittimità del rimborso della ritenute su dividendi erogati dalla società italiana alla propria controllante estera (olandese), anche laddove quest'ultima si sia limitata alla mera detenzione delle partecipazioni, senza esercitare altra attività. In buona sostanza, essa ha ritenuto non corretto presumere la residenza fiscale italiana di una Holding passiva per il solo fatto che gli amministratori siano italiani e per il fatto che l'attività si limiti alla gestione delle partecipazioni. Al contrario, la produzione dei documenti sociali attestanti lo svolgimento dei consigli di amministrazione e delle assemblee, nonché la disponibilità di locali atti a tale scopo, sono stati ritenuti sufficienti ad escludere la residenza italiana della Holding olandese.

In pratica, una Holding di partecipazioni, che non effettua attività commerciale e che, quindi, presente una struttura organizzativa flessibili e costi gestionali limitati non è struttura "fittizia". Inoltre, di particolare rilievo è l'affermazione secondo cui lo svolgimento di una mera attività di gestione di partecipazioni è connaturata alla natura di Holding. Questo tipo di società può, quindi, esercitare attività economica anche se: "si limita a custodire la partecipazione [..], a registrare annualmente la percezione di dividendi e a pagare gli onorari a consulenti ed amministratori.In conclusione, quindi, è legittimo il rimborso della ritenuta su dividendi erogati da società italiana alla controllante estera anche nel caso il cui la controllante si "limiti" alla mera gestione delle partecipazioni.

 

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