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Quando è reato prendersela con l´amministratore, il pugno della Cassazione contro i veleni condominiali.

Che l´abitare in condominio sia fonte di continue discussioni è un fatto. Che esse a volte possano degenerare, e minare anche la cordialità dei rapporti personali, e spesso la realtà. Che, infine, le assemblee condominiali si trasformino in un rodeo da Far West, è un´altra realtà acclarata e ben conosciuta da tutti quei legali che si occupano di questioni condominiali.
Ma, per quanto la discussione, soprattutto in ordine ai bilanci da approvare ed approvati possa essere aspra, sarà bene, da questo momento in poi, ricordare che essa non può abbandonare un fondamentale terreno di civiltà per degenerare in insulti che, quand´anche intendessero censurare la pura realtà dei fatti, sarebbero comunque gratuiti e costituirebbero reato, precisamente reato di diffamazione, potenzialmente in grado di condurre alla condanna di chi abbia avuto la poca accortezza di pronunciarli a carico dell´amministratore, per esempio accusandolo di falsificare i bilanci condominiali.

Proprio quella sopra riassunta in generale è stata la questione recentissimamente portata all´attenzione della Suprema Corte di Cassazione che, con sentenza n.2627 del 22/01/2018 della quinta sezione penale, ha confermato la condanna a carico di un condomino che aveva, diffamandolo, accusato l´amministratore di compilare un bilancio condominiale falso.
Tutto parte da una sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che confermava la sentenza del Giudice di pace di Carinola del 27 febbraio 2015 con la quale l´imprudente condomino era stato condannato per il delitto di diffamazione in danno dell´amministratore del condominio nel quale era uno dei comproprietari. I fatti, secondo il capo d´imputazione, erano consistiti nella diffusione durante una riunione di condominio di uno scritto con il quale l´imputato affermava la redazione di un consuntivo palesemente falso nonché nei giorni successivi alla suddetta assemblea di aver continuato ad accusare, incontrando o telefonando ad altri condomini, l´amministratore del condominio di aver redatto un consuntivo falso.
Sicché, per la cassazione di tale condanna, egli aveva deciso di interporre ricorso presso la Suprema Corte di legittimità, muovendo contro la stessa due censure: la prima nascente dall´essere stato l´amministratore presente alla riunione condominiale, per cui non vi sarebbe stata la diffusione a terzi delle dichiarazioni diffamatorie tali da integrare il delitto di cui all´articolo 595 cod.pen.; la seconda, nascente dalla mancata indicazione del nominativo della persona offesa nello scritto diffuso durante l´assemblea condominiale.
La decisione
Purtroppo per il condomino, la Suprema Corte di Cassazione ha però rigettato nella sua totalità il ricorso confermando la condanna.
A prescindere da impedimenti in rito, ha precisato il supremo Collegio, "non vi può essere dubbio circa la natura diffamatoria sia dello scritto diffuso nell´assemblea condominiale che delle dichiarazioni poste in essere dall´imputato durante gli incontri con gli altri condomini dopo l´assemblea condominiale".
Infatti, "affermare che il bilancio consuntivo condominiale sia falso costituisce un evidente attacco ad personam nei riguardi del soggetto incaricato della redazione del suddetto strumento contabile e cioè l´amministratore condominiale".
Così come, ha soggiunto il supremo Collegio, "posto che il bilancio condominiale è predisposto dall´amministratore del condominio è evidente come l´accusa di una sua falsificazione sia diretta allo stesso e, comunque, a soggetto facilmente identificabile".
L´occasione ha infine offerto il destro ai giudici del Palazzaccio di soffermarsi su un aspetto non secondario riguardo il reato di diffamazione a mezzo stampa: "In tema di diffamazione a mezzo stampa, ma il principio è valido in qualsiasi modo si sviluppi l´azione diffamatoria, qualora l´espressione lesiva dell´altrui reputazione sia riferibile, ancorché in assenza di indicazioni nominative, a persone individuabili e individuate per la loro attività, esse possono ragionevolmente sentirsi destinatarie di detta espressione, con conseguente configurabilità del reato di cui all´articolo 595 cod.pen. (v. Cass. Sez. V 21 ottobre 2014 n. 2784)".

 

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