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Qual è il potere di ordine dell’Autorità nazionale anticorruzione? Commento ad una deliberazione dell’Anac

Quali sono i poteri dell’Autorità nazionale anticorruzione?

Con una deliberazione dello scorso 18 novembre (ma pubblicata solo di recente) il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione affronta in modo diretto e deciso il tema relativo a “l’esercizio del potere di ordine” dell’ANAC.

Il documento scaturisce dalla previsione, contenuta nell’articolo 1, comma 3, della legge 6 novembre 2012, n. 190, secondo cui l’Autorità “esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni e ordina l’adozione di atti o provvedimenti richiesti dal piano nazionale anticorruzione e dai piani di prevenzione della corruzione delle singole amministrazioni e dalle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa previste dalla normativa vigente, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza”. Nonché dall’articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, secondo il quale l’Autorità controlla l’esatto adempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, esercitando poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle amministrazioni pubbliche e ordinando l’adozione di atti o provvedimenti richiesti dalla normativa vigente, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con le regole sulla trasparenza.

Proprio in riferimento a quelle disposizioni la stessa Autorità riconosce di trovarsi in una situazione “atipica”. Nel primo periodo, infatti, afferma: “Ad una prima lettura della norma richiamata della legge n. 190 (art. 1, comma 3, in rapporto al comma 2, lettera f) dello stesso articolo), il potere di ordinare l’adozione di atti e comportamenti a singole amministrazioni appare configurato come un potere atipico, nel senso che la legge non disciplina puntualmente né i casi in cui il provvedimento di ordine può essere adottato, né le conseguenze giuridiche del provvedimento, né il relativo procedimento.

Si tratta, anche a giudizio dell’Autorità, di un “potere che non ha contenuto sanzionatorio”. L’unica sanzione che viene riconosciuta all’Autorità, afferma il Presidente Cantone, è di natura “reputazionale”, cioè, riconosce all’ANAC, il ruolo di divulgare le inadempienze degli enti, senza, tuttavia, alcun potere, sia per ordinare l’adeguamento alle norme, sia per applicare eventuali sanzioni “reali”.

L’unica eccezione (che sembra proprio confermare la regola) è contenuta nell’articolo 19, comma 5 del decreto legge n. 90/2014, che esplicitamente attribuisce all’Autorità il potere di comminare, una sanzione amministrativa non inferiore nel minimo a euro 1.000 e non superiore nel massimo a euro 10.000, nel caso in cui il soggetto obbligato ometta l’adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione, dei programmi triennali di trasparenza o dei codici di comportamento.

E’ proprio Cantone ad affermare nella deliberazione che “l’assenza di una specifica sanzione costituisce una grave carenza della disciplina vigente, che si segnala al Parlamento e al Governo perché completino il potere di ordine conferito dalla legge n. 190 con efficaci sanzioni.



Di seguito pubblichiamo i meccanismi che la stessa Autorità riepiloga nella deliberazione, che possono essere intrapresi, di volta, in volta, in occasione di inadempienze o violazioni:

Provvedimenti di ordine volti all’adozione di atti e comportamenti a contenuto predeterminato dalla legge. In questi casi il procedimento può essere semplificato e fondato solo all’accertamento della violazione degli obblighi di legge. L’ANAC: a) procede alla contestazione del mancato rispetto degli obblighi; b) dà un termine molto breve all’amministrazione perché presenti proprie controdeduzioni e osservazioni sui fatti contestati; c) adotta il provvedimento di ordine, restando distinto l’avvio dei provvedimenti sanzionatori previsti dalla legge. Poiché il comportamento da tenere è predeterminato dalla legge, l’ordine può essere eseguito dall’amministrazione destinataria con la semplice adozione di atti coerenti, anche senza l’adozione di veri e propri provvedimenti amministrativi (si pensi alla pubblicazione sul sito di un documento, che può essere considerata mera operazione attuativa dell’obbligo di legge).
Provvedimenti di ordine volti alla rimozione di situazioni di inerzia, cioè di mancata adozione di atti o comportamenti. L’ANAC ordina di adottare un provvedimento, ma lascia all’amministrazione la determinazione del suo contenuto. Anche in questi casi l’accertamento è semplice, perché si tratta di verificare se l’amministrazione abbia adottato un atto o un comportamento reso obbligatorio dalla legge (dal PNA dai Piani della stessa amministrazione), anche se il contenuto dell’atto non è da questa puntualmente predeterminato. Poiché, però, l’ANAC intende limitarsi al semplice ordine di adottare l’atto, senza intervenire sul suo contenuto, il procedimento può essere simile a quello di cui al punto 1: a) contestazione della mancata adozione; b) termine per controdeduzioni dell’amministrazione; c) adozione del provvedimento di ordine.
Provvedimenti di ordine volti alla adozione di atti previsti dalla legge o dai piani adottati dall’amministrazione, ma di cui va determinato il contenuto. L’ANAC nel provvedimento indica, in modo più o meno puntuale, gli atti e i comportamenti da adottare. In questi casi il procedimento avviato dall’Autorità è destinato ad un accertamento più complesso della situazione di mancato rispetto della legge, perché la situazione accertata può consistere in un formale rispetto delle disposizioni (ad esempio il PTPC è formalmente adottato), mentre mancano, in modo rilevante, le misure concrete anticorruzione, previste dallo stesso piano ma in modo non puntuale. La fase istruttoria deve, quindi, accertare la distanza della situazione effettivamente creatasi dalle disposizioni di legge e dalla previsioni di piano, la gravità di tale distanza, l’urgenza di provvedere. In questi casi appare indispensabile una prima contestazione della situazione accertata, una diffida a provvedere, magari accompagnata da alcune indicazioni di contenuto. In caso di silenzio o di mancata adozione degli atti oggetti della diffida, l’ANAC comunica all’amministrazione un preavviso di provvedimento di ordine, che può contenere concrete misure da adottare, con un termine breve di garanzia di partecipazione (nella forma delle controdeduzioni o della interlocuzione diretta con l’Autorità). Il procedimento si conclude con l’adozione, tenuto conto dell’istruttoria, del provvedimento finale di ordine. Il tutto da contenere in tempi ristretti per non pregiudicare il carattere, essenziale, di tempestività dell’intervento dell’Autorità.

Provvedimenti di ordine volti alla rimozione di atti e comportamenti illegittimi o comunque in contrasto con l’interesse pubblico curato (prevenzione della corruzione e trasparenza). L’ANAC ordina all’amministrazione di rimuovere, in autotutela, un proprio provvedimento in contrasto con la legge, con i piani adottati, con le misure in esse previste. In questi casi il procedimento può essere relativamente semplice. Accertata la illegittimità di un atto per contrasto con la legge, con il PNA, con i piani adottati dalla stessa amministrazione, l’ANAC procede, in tempi brevi: a) a contestare l’atto illegittimo/gravemente sproporzionato; b) a dare all’amministrazione un termine per le proprie controdeduzioni; c) ad adottare il provvedimento con il quale si intima/ordina la rimozione dell’atto illegittimo/gravemente sproporzionato.


Fonte: Ap

 

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