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Psicologi a scuola, no della Cassazione: "Senza consenso genitori, costituisce reato"

La presenza della psicologo scolastica in un´aula di scuola elementare è reato (violenza privata) se non è preventivamente autorizzata dai genitori degli alunni. Non solo, trattandosi di un´attività svolta da pubblico ufficiale, la mancata registrazione nel protocollo dell´istituto, e poi il diniego alle domande dei genitori circa l´esistenza della relazione finale, rappresentano un falso per soppressione.
Una ipotesi? No, lo hanno messo nero su bianco i giudici della Cassazione, con la sentenza 40291/17, depositata ieri che ha annullato il proscioglimento del Gip di Arezzo nei confronti di due dirigenti scolastici.
I fatti sono stati narrati da Repubblica.it e hanno tratto origine dalla richiesta di due insegnanti di una scuola elementare di Arezzo in esito alla quale il direttore aveva autorizzato la psicologa a stare in classe con gli allievi per esaminarne il comportamento e scrivere una relazione clinica, in particolare su un ragazzino ´vivace´ ma senza che i genitori fossero informati e acconsentissero. Genitori, però, cui la Suprema Corte di Cassazione ha dato ragione, stabilendo, con la pronuncia in commento, che in casi consimili il consenso è assolutamente imprescindibile. E che, soprattutto, la mancata acquisizione fa rientrare la condotta in questione nel novero delle ipotesi di violenza privata, rubricate e punite dal codice penale.
Accogliendo il ricorso di padre e madre del minore, la Cassazione ha infatti annullato l´archiviazione del gup, per violenza privata, nei confronti di tutta l´equipe scolastica e stabilito che il consenso è imprescindibile.
Secondo il gup di Arezzo, non era "configurabile il delitto di violenza privata, in quanto l´attività" della psicologa, C.M., "ossia l´osservazione dei minori durante le ore di lezione, non si sarebbe sostanziata in atti impositivi riconducibili alla fattispecie tipica della violenza privata", inoltre "il mancato consenso dei genitori non può essere equiparato al dissenso richiesto dalla norma incriminatrice".
Questo punto di vista non è stato condiviso dai supremi giudici che hanno accolto, come scrive La Repubblica, il reclamo dei genitori del bimbo ´sorvegliato speciale´ i quali hanno sostenuto - nell´udienza in Cassazione - che era "stato realizzato un trattamento sanitario senza consenso, per di più su un minore, in danno anche e soprattutto dei genitori".
Nel loro verdetto si legge che "l´assenza di un esplicito consenso da parte di chi sia legittimato a prestarlo, vale a dire i genitori del minore nel nostro caso, integra certamente una compressione della libertà di autodeterminazione del soggetto passivo". Osserva inoltre la Cassazione che "non vi è dubbio che l´osservazione delle condotte in classe, al fine di trarne elementi per formare una valutazione degli alunni sotto il profilo comportamentale e prendere ulteriori provvedimenti, rappresentava una invasione delle sfere personali degli alunni che, come tale, necessitava il preventivo consenso".
La decisione del gup - rileva l´alta Corte - "appare eccessivamente sbrigativa laddove non ha considerato che la celebrazione del dibattimento avrebbe potuto chiarire la natura, i confini e le finalità dell´osservazione commissionata" alla psicologa della scuola dalla direttrice A.P., su richiesta dei docenti B. N. e G.S., vicenda nella quale è coinvolto anche il nuovo direttore dell´istituto, L. T. che aveva negato ai genitori l´accesso agli atti.
Al gup propenso a ritenere che "l´attività della psicologa consisteva in una osservazione dei comportamenti tenuti dai bambini durante le ore di lezione al fine di suggerire un indirizzo pedagogico ai docenti", la Suprema Corte fa presente che i genitori sostengono invece che "oggetto dell´osservazione erano le condotte di alcuni bambini, che presentavano particolari problematicità, al fine di suggerire interventi mirati". "Se nella prima ipotesi, in cui la psicologa avrebbe avuto il ruolo di ´consulente´ della maestra per suggerirle indirizzi didattici, non involgendo quindi in alcun modo i comportamenti degli alunni" si potrebbe escludere la necessità del consenso dei genitori, "non altrettanto può dirsi se oggetto dell´osservazione erano proprio i comportamenti degli alunni e ancor di più, di alcuni degli alunni ritenuti portatori di problematiche", conclude la Cassazione.
Alessandra Garozzo

 

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