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Prova testimoniale dei contratti oltre i limiti, i poteri del giudice e la sanatoria della nullità

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Inquadramento normativo: Art. 2721 c.c.

La deroga ai limiti fissati per la prova testimoniale dei contratti e il potere del giudice: La prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il valore dell'oggetto eccede euro 2,58. Tuttavia l'autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza (art. 2721 c.c.). Il giudice può ammettere la prova testimoniale anche in ordine al pagamento delle somme di denaro eccedenti il limite suddetto. Tuttavia questa deroga è subordinata a una concreta valutazione delle ragioni in base alle quali, nonostante l'esigenza di prudenza e di cautela che normalmente richiedono gli impegni relativi a notevoli esborsi di denaro, la parte non abbia curato di predisporre una documentazione scritta (Cass., nn. 7940/2020, 10989/2003, 5884/1993, 879/1968, richiamate da Cass. n. 11461/2021). Da quanto si qui esposto appare evidente che l'ammissione della prova testimoniale oltre i limiti di valore stabiliti dall'art. 2721 c.c. costituisce un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, o mancato esercizio, è insindacabile in sede di legittimità ove sia correttamente motivato (Cass., n. 190/2020, richiamata da Cass., n. 19799/2021). 

D'altro è pacifico in giurisprudenza che l'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. nn. 16056/2016, 19011/2017, richiamata da Cass., n. 23431/2021). Così è altrettanto pacifico che con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., n. 23431/2021).

Mancata eccezione della nullità della prova testimoniale per superamento dei limiti: Il limite in esame non attiene all'ordine pubblico, ma è dettato nell'esclusivo interesse delle parti private (Cass., nn. 3959/2012, 3956/2018, richiamate da Cass., n. 23431/2021). Dal fatto che il limite posto dall'art. 2721 c.c. all'ammissibilità della prova testimoniale sia dettato nell'esclusivo interesse delle parti private, discende che, ove la prova predetta venga ammessa oltre i limiti su citati, essa deve ritenersi ritualmente acquisita se la parte non ne abbia eccepito la nullità:

  •  in sede di assunzione;
  • nelle prima difesa successiva (Cass., nn. 3959/2012, 3956/2018, richiamate da Cass., n. 23431/2021). Non può rilevare, a tal ultimo fine, il richiamo che la parte fa, in sede di precisazione delle conclusioni, a tutte le eccezioni precedentemente proposte, vale a dire all'eccezione d'inammissibilità della prova testimoniale sollevata nella terza memoria prevista dall'art. 183 c.p.c. E ciò in considerazione del fatto che occorre che la parte, una volta espletata la prova testimoniale avversata, deve sollevare, nella prima istanza o difesa successiva, l'eccezione di nullità della stessa, ai sensi dell'art. 157, comma 2°, c.p.c.: l'eccezione d'inammissibilità, infatti, non può essere confusa con quella di nullità né può ad essa sovrapporsi, posto che la prima eccezione opera ex ante, per impedire il compimento dell'atto invalido, mentre la seconda agisce ex post, per evitare che i suoi effetti si consolidino (Cass. n. 21443/2013, richiamata da Cass., n. 17924/2020).

In mancanza di tempestività, la nullità della prova, infatti, resta sanata e non potrà essere oggetto di discussione né in appello (neppure dalla parte che sia rimasta contumace nel giudizio di primo grado), nel giudizio di legittimità (Cass., nn. 3959/2012, 3956/2018, richiamate da Cass., n. 23431/2021). E tanto perché le violazioni degli artt. 2721 e ss. c.c. danno vita a nullità relative, sottoposte al regime dell'art. 157 c.p.c., con conseguente loro non rilevabilità d'ufficio e relativa sanatoria in caso di intempestiva eccezione di parte (Cass., n. 11461/2021). 

 

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