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Processo del lavoro: la costituzione del resistente e l'incontrovertibilità dei fatti non contestati

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Inquadramento normativo: Art. 416 c.p.c.

La costituzione del resistente nel processo del lavoro: Nel processo del lavoro, il resistente deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza, depositando in cancelleria «una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio» (art. 416 c.p.c.). «La tardiva costituzione del convenuto comporta la decadenza dalle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, tra le quali rientra l'eccezione di prescrizione [...] (Cass. 8134/2008, richiamata da Cass. civ., n. 17643/2020). Questa eccezione è soggetta alla preclusione e la tardività della relativa deduzione può essere rilevata dal giudice anche d'ufficio. Tuttavia, ove manchi tale rilievo officioso, la parte interessata è tenuta [...] a denunciare il vizio in sede di gravame, pena il formarsi del giudicato interno sul punto e la preclusione sia della sua rilevabilità d'ufficio da parte del giudice d'appello, sia della sua deducibilità nei successivi gradi di giudizio» (Cass. n. 27866/2008, richiamata da Cass. civ., n. 17643/2020).

La chiamata del terzo nel rito del lavoro: Il processo del lavoro è retto da norme dettate per soddisfare le esigenze di concentrazione e speditezza di tale tipo di processo. 

Ne consegue che, ove si renda necessario chiamare un terzo in giudizio, proprio in virtù delle predette esigenze, nonché del principio di ordine pubblico e di tutela della difesa del chiamato, la relativa richiesta deve essere tempestiva, ossia deve essere formulata nella memoria difensiva ex art. 416 c.p.c. e non in un momento successivo (Cass., nn. 15080/2008; 9800/1998, richiamate da Tribunale Milano Sez. lavoro, sentenza 3 marzo 2020).

La contestazione dei fatti affermati dal ricorrente: Nella memoria con cui si costituisce il resistente, quest'ultimo «deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata a una generica contestazione, circa i fatti affermati dal ricorrente a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto e indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare» (art. 416 c.p.c.). La mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto, ne rende inutile la prova perché tale fatto verrà considerato non più controverso (Cass. S.U. nn. 761/2002 e 11353/2004, richiamate da Cass. civ. Sez. lavoro, n. 31704/2019). In punto si ritiene che:

  • nell'ambito del processo per opposizione a cartella esattoriale per il pagamento di contributi e premi, «una non contestazione dei fatti costitutivi della pretesa creditoria è configurabile soltanto qualora, a seguito della sua costituzione in giudizio, la parte opponente, che è attrice in senso solo formale, non prenda, rispetto ai fatti allegati nella memoria di costituzione dell'ente, posizione in maniera precisa (e non limitata ad una generica contestazione) nella prima difesa utile, vale a dire all'udienza di cui all'art. 420 c.p.c., in cui, com'è noto, le parti possono modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate, previa autorizzazione del giudice» (Cass. civ. Sez. lavoro, n. 31704/2019);
  • nelle cause in cui il lavoratore agisce per ottenere il pagamento delle differenze retributive, è il lavoratore stesso che deve provare i fatti costitutivi dei diritti su cui si fonda la sua domanda. Tale onere probatorio, tuttavia, si affievolisce se il datore di lavoro resistente non contesta i fatti. In tali casi questi potranno essere ritenuti pacifici e, come tali, «non bisognevoli di specifica dimostrazione [...], fatta salva ovviamente l'ipotesi di una logica incompatibilità tra la linea difensiva adottata in generale e il fatto non oggetto di puntuale contestazione» (Tribunale Bergamo Sez. lavoro, sentenza 27 maggio 2020);
  • «nel processo del lavoro, l'onere di contestare specificamente i conteggi relativi al "quantum" sussiste anche quando il resistente contesti in radice la sussistenza del credito, poiché la negazione del titolo degli emolumenti pretesi non implica necessariamente l'affermazione dell'erroneità della loro quantificazione, mentre la contestazione dell'esattezza del calcolo ha una sua funzione autonoma, dovendosi escludere una generale incompatibilità tra il sostenere la propria estraneità al momento genetico del rapporto e il difendersi sul "quantum debeatur» (Cass. nn. 29236/2017; 16970/2018; 20998/2019, richiamata da Corte d'Appello Potenza Sez. lavoro, sentenza 7 aprile 2020).

 

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