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Processo civile: focus sull'elezione del domicilio e sul luogo di notificazione dell'impugnazione

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Inquadramento normativo:Art. 330 c.p.c.

L'elezione del domicilio: L'elezione di domicilio è un atto della parte e non del difensore, ossia «costituisce atto ontologicamente distinto dal conferimento del mandato alle liti e conserva la sua validità in relazione a ogni stato e grado del giudizio[...], esplicando la diversa funzione (del tutto distinta dal conferimento della procura) di individuare il luogo che la parte ritiene più idoneo ai fini della conoscenza degli atti che le sono notificati» (Cass., Sez. L, n. 9249/1995, richiamata da Tribunale Monza, sentenza 19 marzo 2020). L'elezione del domicilio costituisce, altresì, un atto unilaterale e prescinde dal consenso o dall'accettazione del domiciliatario. Con l'ovvia conseguenza che, «fino a quando non intervenga la revoca dell'elezione, la facoltà del soggetto, nei cui confronti si è eletto domicilio, di notificare validamente gli atti al domiciliatario è indipendente dalla concreta esistenza dell'accordo, che costituisce soltanto un rapporto interno tra eleggente e domiciliatario» (Cass., n. 13243/2014, richiamata da Tribunale Monza, sentenza 19 marzo 2020).

Il luogo di notificazione dell'impugnazione: «Se nell'atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato la sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice che l'ha pronunciata, l'impugnazione deve essere notificata nel luogo indicato» (art. 330 c.p.c.). Questo sta a significare che se l'impugnazione è preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata (oppure se non contiene la dichiarazione di residenza o l'elezione del domicilio), essa sarà notificata presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio, a scelta della parte impugnante, dovendosi escludere che tra tali luoghi sussista un tassativo ordine di successione, anziché un concorso alternativo degli stessi (Cass. n. 16925/2007, richiamata da Cass. civ., n. 34252/2019). 

Nel caso di notifica al procuratore costituito, occorre che il destinatario sia effettivamente domiciliatario. Ne consegue che colui che propone appello non ha l'onere di indicare nel corpo dell'atto il nome del domiciliatario, essendo sufficiente che quest'ultimo risulti dagli atti del giudizio (Cass. nn. 19244/2014, 16896/2011, richiamate da Cass. civ., n. 7495/2020).

Mancata notifica nei luoghi indicati dall'art. 330 c.p.c.: La notificazione effettuata in violazione dell'art. 330 c.p.c. costituisce vizio processuale che viene sanato dalla costituzione della parte destinataria della notificazione nel giudizio di impugnazione (Corte d'Appello Napoli, sentenza 7 maggio 2019). In punto, è stato ritenuto che:

  • «la notificazione dell'atto di appello consegnato a un avvocato condividente lo studio del difensore e avvenuta presso il domicilio professionale esistente ed eletto al momento della costituzione in giudizio, pur se non inesistente (Cass., n. 24506/2011, richiamata da Cass. civ., n. 6164/2020) in quanto effettuata nel domicilio dovuto, comune a entrambi gli avvocati (Cass., n. 1341/2003, richiamata da Cass. civ., n. 6164/2020), è nulla». E ciò in considerazione del fatto che la notifica è stata eseguita in un luogo che in ogni caso presenta un riferimento con il destinatario della notifica, «con la conseguenza che il relativo vizio è sanato dalla costituzione nel giudizio d'impugnazione della parte cui la notificazione era destinata (Cass., n. 2759/2012, richiamata da Cass. civ., n. 6164/2020), dovendo viceversa, qualora la parte sia rimasta contumace in appello, essere disposta la rinnovazione della notificazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c.» (Cass., n. 10464/2011, richiamata da Cass. civ., n. 6164/2020);
  •  nel caso in cui sussista discordanza tra il domicilio del difensore indicato in sentenza o negli atti del giudizio e quello dove è stato notificato l'appello, il giudice non può dichiararne l'inammissibilità per mancata dimostrazione dell'effettività del domicilio presso cui è stata indirizzata la notificazione. In queste ipotesi, infatti, egli può rilevare d'ufficio la ritualità della notificazione, attraverso fonti di conoscenza degli elementi rilevanti di carattere ufficiale, esistenti in virtù dell'organizzazione pubblicistica della professione forense (Cass. n. 2763/2009, richiamata da Cass. civ., n. 4914/2020). Ne consegue che se la notifica dell'atto d'appello viene effettuata a mani della persona "addetta al ritiro", seppure in luogo diverso da quello indicato dal procuratore domiciliatario e in assenza di un'indicazione negli atti processuali o di una comunicazione all'Ordine degli avvocati da parte del destinatario, detta notifica sarà valida in quanto, in questi casi, si privilegerà il riferimento personale su quello topografico. E ciò in considerazione del fatto che, ai fini della notifica dell'impugnazione ai sensi dell'art. 330 c.p.c., «l'elezione di domicilio presso lo studio del procuratore assume la mera funzione di indicare la sede di questo ed è priva di una sua autonoma rilevanza» (Cass. n. 17391/2009, richiamata da Cass. civ., n. 4914/2020).

La notificazione al difensore e il domicilio digitale: Se manca la dichiarazione di residenza o l'elezione del domicilio nella circoscrizione del giudice ove è instaurato il giudizio, l'atto di impugnazione si notifica presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite. «A seguito dell'introduzione [...] del "domicilio digitale" (corrispondente all'indirizzo p.e.c. che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza), non è più possibile procedere alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui il medesimo ufficio ha sede, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario» (Cass., nn. 17048/2017; 14914/2018, richiamate da Cass. civ., n. 14140/2019). 

 

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