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Prestazione stragiudiziale, compenso: rientra nella tariffa giudiziale solo se connessa e complementare con il giudizio

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Con l'ordinanza n. 21565 dello scorso 7 ottobre, la II sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su una richiesta di liquidazione dei compensi maturati per un'attività legale stragiudiziale, ha escluso che la relativa liquidazione fosse inclusa in quanto percepito dal legale per la fase giudiziaria svolta a seguito dell'infruttuoso esito della fase precontenziosa.

Si è difatti specificato che "ai sensi dell'art. 2 della tariffa degli onorari e delle indennità spettanti agli avvocati in materia stragiudiziale civile, di cui al D.M. n. 127 del 2004, i rimborsi ed i compensi previsti per le prestazioni stragiudiziali sono dovuti dal cliente anche se il professionista abbia prestato la sua opera in giudizio, sempre che dette prestazioni non siano connesse e complementari con quelle giudiziali, sì da costituirne il naturale completamento".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal deposito di un ricorso per decreto ingiuntivo con cui un legale chiedeva il pagamento di Euro 50.651,47, a titolo di compensi maturati per l'attività per l'assistenza in una di pratica di successione e di divisione dei beni in comproprietà dei coniugi, oltre che di quelli caduti in successione, nonché per l'attività svolta nel successivo giudizio di divisione dinanzi al tribunale di Sassari.

In particolare, il legale evidenziava di aver ricevuto, nell'agosto del 2003, un incarico per la sola attività stragiudiziale inerente il disbrigo di tutto quanto occorrente per la successione. 

 A tal fine, aveva intrattenuto rapporti telefonici ed epistolari con le controparti e con le banche, ottenendo lo svincolo delle somme depositate sui conti del de cuius, inoltrando richieste e solleciti scritti e recandosi presso gli istituti di credito per tutte le attività consequenziali; era inoltre intervenuto nella fase di valutazione dei beni dell'asse e durante le trattative per pervenire ad una valutazione condivisa del valore dei cespiti.

Le attività stragiudiziali si erano protratte per lungo periodo, fino a quando – giunti alla conclusione che la lite non era affatto inevitabile – nel 2006 la cliente gli conferiva specifico mandato per instaurare la causa.

Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, la cliente, opponendosi alla domanda avanzata, denunciava l'incongruità del compenso richiesto, in quanto lo stesso ricomprendeva anche talune attività stragiudiziali.

Il Tribunale di Sassari accoglieva parzialmente l'opposizione e liquidava il minor compenso di Euro 16.627,35, oltre accessori.

La Corte di appello di Sassari, pur condannando la cliente al pagamento di ulteriori Euro 6.300,00 a titolo di compenso, non riconosceva l'integrale compenso richiesto per tutte le pratiche stragiudiziali compiute, ritenendo che la proposizione del giudizio era inevitabile sin dal momento dell'incarico e che non aveva rilievo alcuno che la procura ad litem fosse stata rilasciata solo ex post.

Il legale proponeva, quindi, ricorso in Cassazione, deducendo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'omesso esame di più fatti decisivi per il giudizio, per aver la Corte di merito applicato la tariffa giudiziale senza riconoscere un autonomo compenso per l'attività stragiudiziale; a tal riguardo evidenziava come le acquisizioni processuali non avevano affatto confermato che l'instaurazione del processo fosse inevitabile.

La Cassazione condivide le doglianze sollevate del ricorrente.

 La Corte ribadisce che, ai sensi dell'art. 2 della tariffa degli onorari e delle indennità spettanti agli avvocati in materia stragiudiziale civile, di cui al D.M. n. 127 del 2004, i rimborsi ed i compensi previsti per le prestazioni stragiudiziali sono dovuti dal cliente anche se il professionista abbia prestato la sua opera in giudizio, sempre che dette prestazioni non siano connesse e complementari con quelle giudiziali, sì da costituirne il naturale completamento.

Tale connessione deriva dallo stesso tenore della tariffa, allorquando le prestazioni concretamente svolte siano esplicitamente catalogate tra le attività giudiziali: in tal caso, compete unicamente il compenso per l'assistenza giudiziale, con le eventuali maggiorazioni previste per la complessità delle questioni giuridiche trattate e per l'importanza della causa, tenuto conto dei risultati del giudizio e dell'urgenza richiesta.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la sentenza impugnata – nel ritenere applicabile la tariffa giudiziale per il calcolo dei compensi con riferimento all'intera pratica successoria, ivi compresa la fase stragiudizialenon abbia fatto corretta applicazione dei principi sopra esaminati.

Difatti, la Corte di appello non ha accertato se talune delle prestazioni svolte in via stragiudiziale dal legale – quali, in via esemplificativa, contatti ed incontri con gli istituti di credito, svincolo, riscossione e ripartizione delle somme depositate sui conti del de cuius – trovassero corrispondenza nella tariffa giudiziale.

Di contro, in via del tutto apodittica, la Corte di merito ha ritenuto che le prestazioni compiute dal difensore nella fase anteriore all'instaurazione del giudizio fossero strettamente funzionali o preordinate allo svolgimento di attività propriamente processuali o fossero ad esse complementari. Nell'omettere tale imprescindibile accertamento, la Corte distrettuale è quindi incorsa nella violazione denunciata dal ricorrente.

In conclusione, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d'appello di Cagliari in diversa composizione.

 

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