I Giudici della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 33074 del 28 luglio 2016, respingendo il ricorso del procuratore della Repubblica di Torino avverso il capo di sentenza emessa dal tribunale del riesame della stessa città che aveva escluso la ricorrenza del reato di autoriciclaggio nella condotta di chi, dopo essersi impossessato illegalmente di una carta bancomat ed aver prelevato delle somme, le immette nuovamente nel circuito economico, hanno stabilito il principio che ai fini della configurabilità del reato di autoriciclaggio di cui all´art. 648 ter 1 c.p. , è necessario riscontrare un effettivo e concreto scopo dissimulatorio nell´azione posta dall´autore del reato. Occorre cioè che sia stata riscontrata un attività idonea ad ostacolare l´identificazione della provenienza delittuosa dei beni che sono stati reimpiegati.
Nel caso di specie l´autore del reato di furto di un bancomat ai danni di una signora cui aveva sottratto la borsetta, si era limitato ad effettuare un prelievo della somma di euro 500,00 che poi veniva depositata in una carta prepagata intestata allo stesso autore del reato presupposto.
I giudici della Cassazione, disattendendo la tesi della procura, hanno dichiarato che nella condotta dell´indagato non si poteva configurare il reato di autoriciclaggio per l´assenza di quell´attività economica o finanziaria richiesta dalla norma e in secondo luogo per l´assenza, nella condotta contestata, di quell´effetto dissimulatorio e di concreto nascondimento dei beni che sono stati re-immessi nel circuito economico.
Per tali ragioni veniva rigettato il ricorso proposto dalla Procura.
Segue testo della sentenza
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