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Pensione di reversibilità: quali criteri incidono sulla ripartizione tra coniuge divorziato e superstite?

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Con l'ordinanza n. 25656 depositata lo scorso 13 novembre, la VI sezione civile della Corte di Cassazione chiamata ad esaminare la corretta ripartizione della quota della pensione di reversibilità tra il coniuge divorziato e il superstite, ha dato risalto alla durata delle convivenze prematrimoniali, alle condizioni economiche e patrimoniali e alle opportunità di lavoro delle due contendenti precisando che ove sia il coniuge divorziato che quello superstite abbiano i requisiti per percepire la pensione di reversibilità, la ripartizione del trattamento va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, anche tenendo conto di ulteriori elementi correlati, alla finalità solidaristica dell'istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, l'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge e le condizioni economiche dei due aventi diritto.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Sulmona, nel pronunciarsi sulla ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, attribuiva alla prima moglie la quota del 35% ed il restante 65%, alla moglie superstite. 

 La Corte di Appello dell'Aquila, accogliendo parzialmente le richieste avanzate dalla prima moglie, rideterminava la quota della pensione di reversibilità alla stessa spettante in qualità di primo coniuge, fissandola nella maggior misura del 40%; attribuiva, inoltre, alla coniuge superstite ed al figlio minorenne la restante quota del 60%.

Ricorrendo in Cassazione, la prima moglie denunciava la violazione e falsa applicazione degli articoli 5 e 9, comma 3, della legge n. 898/1970.

A tal fine deduceva come la Corte abruzzese non aveva tenuto in debita considerazione circostanze rilevanti al fine di pervenire ad una decisione rispondente ai criteri di cui al citato articolo 9.

La Cassazione non condivide le difese formulate dalla ricorrente.

In punto di diritto, la Corte ricorda che la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell'istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, l'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge e le condizioni economiche dei due aventi diritto

 Alla convivenza "more uxorio" va riconosciuta non una semplice valenza "correttiva" dei risultati derivanti dall'applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale.

Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza in commento premette come la ricorrente – pur prospettando una violazione di legge – miri, nella sostanza, ad ottenere un riesame del merito in relazione agli elementi di fatto su cui la Corte di appello aveva già sufficientemente motivato.

Difatti, nella pronuncia impugnata, la Corte territoriale, con valutazione incensurabile in sede di legittimità, si è attenuta ai principi giurisprudenziali elaborati, compiendo tutte le relative valutazioni: ha, difatti, ponderato la durata della convivenza matrimoniale con quella dei due matrimoni nella determinazione delle quote di rispettiva pertinenza tra le parti, così come le condizioni economiche e patrimoniali e le opportunità di lavoro delle due contendenti.

Alla luce di tanto, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso.

 

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