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Peculato: SC precisa termini dell´accordo criminoso ai fini del concorso

Con la sentenza n. 17503 del 18 aprile 2018, la Sesta Sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di concorso dell´extraneus nel delitto di peculato di cui all´art. 314 c.p.
I giudici hanno affrontato e individuato l´apporto rilevante del contributo a fini di concorso, affermando che ciascuno dei concorrenti deve agire per la medesima finalità delittuosa con la consapevolezza di contribuire alla condotta di altri nella realizzazione del fatto reato, senza che sia necessario però un previo concerto tra i concorrenti.
La decisione trae le mosse dalla vicenda di un direttore di biblioteca che, secondo la prospettazione accusatoria, aveva sottratto preziosi volumi dell´istituto che dirigeva e, traportandoli dall´Italia a Monaco di Baviera, li aveva immessi nel circuito dell´antiquariato, consegnandoli al titolare di una casa d´aste tedesca.
Anche il contitolare della casa d´aste, che aveva ricevuto i manoscritti in Germania, veniva condannato ai sensi del combinato disposto degli artt. 110 e 314 c.p. per essersi appropriato dei volumi di interesse storico e artistico al fine di metterli all´incanto presso la propria casa d´aste agendo in concorso e previo accordo con il direttore di biblioteca e, sempre in concorso, del delitto di cui all´art. 174 d.lgs. 42/2004 per aver trasferito all´estero i preziosi manoscritti.
Il delitto di peculato si configura come un delitto proprio, di evento di natura istantanea che si consuma quando l´incaricato o pubblico servizio che, avendo per ragione del loro ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropriano.
Proponeva ricorso avverso tale sentenza il contitolare della casa d´aste, extraneus concorrente con il pubblico ufficiale bibliotecario nel delitto di peculato.
Affidava il suo ricorso a ben 4 motivi.
I primi tre riguardavano il delitto di peculato e concernevano la configurabilità della fattispecie di concorso di persone.
Tale ricorso permetteva ai giudici di legittimità di operare una ricognizione sulle due contrapposte teorie in tema di concorso di persone.
Secondo la prima teoria - che ha trovato smentita nella decisione in commento - la realizzazione di un reato concorsuale doloso non richiede un preventivo accordo. Basta che due persone orientino causalmente i loro comportamenti così da produrre, con il concorrere dei loro apporti, l´evento che integra l´illecito.
Secondo questa ricostruzione l´intesa tra i correi potrebbe del tutto mancare bastando che sia dimostrata la consapevolezza del concorrente di incidere con il proprio contributo su una serie causale avviata da altro soggetto.
Secondo la Corte, tuttavia, tale teoria c.d. teleologica - basata su una ricostruzione del reato come insieme di fatti orientati alla lesione del bene giuridico protetto - si pone in contrasto con il principio di determinatezza della fattispecie poiché renderebbe punibile chiunque consapevolmente contribuisse alla lesione del bene tutelato.
Secondo i giudici della Suprema Corte, invece, se la volontà di contribuire alla realizzazione di un reato non presuppone necessariamente un previo accordo con i compartecipi, ben potendo il concorso essere di tipo unilaterale, occorre, però, compiere un´indagine circa la consapevolezza in capo all´agente di una partecipazione materiale o morale alla realizzazione del fatto commesso dall´autore principale.
"Non occorre [quindi] un preventivo concerto tra i concorrenti, ma è necessario dimostrare che ciascuno di loro abbia agito per una finalità unitaria con la consapevolezza, anche solo unilaterale, del ruolo svolto dagli altri e con la volontà di contribuire alla loro condotta." (cit., enfasi aggiunte).
Tale affermazione di principio ha portato ad escludere il concorso del titolare della casa d´aste nel peculato del bibliotecario.
I giudici di legittimità osservano, infatti, come dalla ricostruzione offerta dai giudici di merito, risulta l´assenza di un contributo materiale che abbia agevolato l´appropriazione dei beni da parte del bibliotecario, momento nel quale in cui il delitto di peculato si era consumato.
Di rimando, era da ritenersi altresì assente anche un contributo agevolatore, ancorché di tipo morale, poiché non era stata data prova della consapevolezza da parte dell´imputato delle implicazioni della sua disponibilità verso il bibliotecario, sebbene avesse ricevuto in Germania i preziosi volumi, prima di metterli all´asta, specialmente perché nel momento del primo contatto tra il direttore di biblioteca e il titolare della casa d´aste l´attività criminosa era già in corso.
Secondo i giudici di legittimità, in assenza di ulteriori prove, dunque, la possibilità di fare affidamento sulla disponibilità generalizzata dell´imputato a ricevere libri, in un momento successivo alla consumazione del delitto di peculato, non integra gli estremi richiesti per la prova di un contributo agevolatore - quanto meno morale - ai fini della punibilità a titolo di concorso, a meno di essere accompagnato dalla comprovata piena consapevolezza del concorrente circa il suo ruolo svolto nell´economia del delitto.
Giulia Zani
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