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Paola, 28 anni, respinta al colloquio di lavoro per una domanda sui figli

Quell´uomo non ha voluto scoprire le mie capacità, cacciata perché difendevo la mia privacy
di Claudia Voltattorni
«Data di nascita?». «Residenza?». «Sei sposata? Convivi? Hai figli?». A quel punto Paola Filippini, 28 anni, fotografa freelance di Mestre, non ci ha visto più. E all´uomo che aveva davanti, le dava del tu pur vedendola per la prima volta e le chiedeva cose già scritte sul suo curriculum ha detto: «A queste domande io non rispondo». Bene, ha reagito lui, «il nostro colloquio finisce qui, esci dall´ufficio e vai via».
«Non credevo alle mie orecchie», racconta ora Paola: «Quell´uomo non era interessato a sentire se fossi capace o meno a fare quel lavoro, gli ho chiesto perché mi chiedesse solo della mia vita privata e lui: "Per conoscere la tua disponibilità lavorativa"». Ma allora, protesta Paola, «chiedimi se sono disposta a lavorare in certi giorni, cosa importa se ho figli o convivo?».
Paola Filippini fa la fotografa, ma per arrotondare cercava un lavoretto. Aveva mandato il suo curriculum in quella grande agenzia immobiliare di Mestre specializzata in affitti agli stranieri per le vacanze, «cercavo un part time». Parla tre lingue. «Ma giovedì quell´uomo, di cui non rivelerò mai l´identità, non ha voluto scoprire le mie capacità, mi ha cacciato dalla sua agenzia solo perché mi sono rifiutata di dargli informazioni sulla mia vita privata, ma io ho esercitato il diritto di difendere la mia privacy».
Allora M. M. — sono le iniziali del titolare dell´agenzia — le ha strappato davanti il suo curriculum e l´ha mandata via. «Mi tolga una curiosità — gli ha chiesto Paola prima di uscire —: agli uomini fa la stessa domanda?». «No, perché questo è un lavoro da donne». Il colloquio si chiude così, con Paola che si toglie l´ultimo sasso dalla scarpa: «È per colpa di persone come lei che questo Paese va a rotoli».
Ma è solo l´inizio. Paola si ritrova scossa e incredula in un bar e di getto butta giù un lungo post su Facebook con tutta la storia. Arrivano migliaia di «mi piace» e condivisioni. Racconti, applausi, complimenti e critiche. E offerte di lavoro.
Allora lei decide che «stavolta non finisce qui». Perché, racconta al Corriere , «mi è già successo e so che non sono la prima né l´ultima cui succederà, ma ora voglio dire basta e far sapere agli uomini che nel 2015 ancora succedono queste cose e soprattutto far sapere alle donne che mi hanno chiesto "perché non hai risposto?" che fare quelle domande durante un colloquio di lavoro è illegale».
Il post di Paola ha fatto il giro di Mestre. «Speravo M. M. mi chiamasse — dice — perché vorrei dirgli che io ho perso un´opportunità di lavoro senza neanche essere ascoltata». Non l´ha fatto. S´illumina quando sente le parole del Papa sulle donne incinte licenziate: «Ha letto il mio post?». E ricorda quella collega incinta di 6 mesi costretta a dimettersi. «Oggi ha un bel bambino, ma è disoccupata. Qualcosa deve cambiare».(Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)


Fonte: Corriere della Sera > La ventisettesima ora >

 

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