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Oratorio, se qualcuno si fa male chi ne risponde? Ecco la risposta della Cassazione

Se un bimbo si fa veramente male (o addirittura, come in questo caso, muore) mentre gioca all´oratorio chi dovrà essere ritenuto responsabile?

I giudici della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n.19029 del 20 aprile 2017, hanno fatto chiarezza sul tema della responsabilità penale per il venir meno da parte del soggetto obbligato, dell´osservanza delle norme di vigilanza, affermando il principio secondo cui la posizione di garanzia derivante dalla relazione di governo intrattenuta con una fonte di pericolo, deve essere individuata alla luce delle specifiche circostanze del sinistro che si sia verificato, dovendosi accertare la effettiva titolarita` del potere-dovere di gestione nella sequenza di accadimenti alla quale accede l´evento, senza che possa ritenersi sufficiente una valutazione sul piano astratto.

La Corte è dovuta intervenire per giudicare un caso assai delicato che ha visto purtroppo come vittima di un omicidio colposo un bambino che si trovava a giocare presso il campetto di calcio di un oratorio parrocchiale.

Per l´accaduto era stato chiamato a rispondere il parroco, quale titolare del potere di fatto e di diritto sulla cosa.
Il giudice di primo grado aveva emesso una sentenza di assoluzione del parroco ritenendo che, non non fosse ravvisabile quella carenza strutturale del campo da gioco descritta nell´imputazione; che comunque una violazione di quel dovere non potesse essere ascritta all´imputato perchè al momento dell´incidente non era presente sul posto ed infine, affermando che la vittima aveva tenuto un comportamento imprevedibile ed abnorme.

La sentenza di primo grado veniva impugnata avanti la Corte d´Appello competetente territorialmente che ribaltava il giudizio ritenendo responsabile dell´acccaduto proprio il parroco.

I giudici d´appello, nel motivare la loro decisione, avevano affermato che già il Tribunale aveva ritenuto sussistente in capo all´imputato una posizione di garanzia, quale responsabile della Parrocchia e che la condotta colposa era consistita nella violazione del dovere di vigilanza (non delegato ad altri) finalizzato ad impedire l´uso del campo di calcetto in assenza delle condizioni di sicurezza.

Avverso tale decisione veniva proposto ricorso in Cassazione dalla difesa dell´imputato sadducendo l´avvenuta violazione di legge in relazione agli artt. 40, 43 e 113 c.p., e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente nello specifico faceva presente che in capo al parroco nessuna posizione di garanzia poteva insorgere e quindi nessun dovere di vigilanza doveva richiedersi in quanto tale posizione occorreva cogliere in capo al vice parroco e al responsabile del comitato organizzatore della festa patronale che aveva avuto in comodato il campo per lo svolgimento dei festeggiamenti.
L´effettivo responsabile dell´uso del campo, sosteneva la difesa che aveva fatto accedere i ragazzi era da individuare nella persona del vice parroco. Infine il ricorrente sosteneva che poiché al comitato era stato concesso in comodato il campo da calcetto e pertanto spettava proprio al suo responsabile di vigilare acchè non fosse usato dai ragazzi sino a quando non venissero ancorata fermamente al suolo la porta da gioco che provocò la morte del ragazzo.

Con un secondo motivo il ricorrente si soffermava sul rapporto tra il parroco ed il suo vice al fine di richiamare e segnalare l´esistenza di una delega delle funzioni di organizzazione e vigilanza dell´uso del campo.

I giudici della Corte hanno condiviso le motivazioni a supporto del ricorso, ritenendolo quindi fondato. Gli stessi infatti hanno affermato che il parroco fosse da individuare come il soggetto titolare del potere di disposizione del campo da gioco, del quale la porta rovesciatasi era pertinenza e che quindi lo stesso deve essere considerato in astratto il soggetto su cui si radica la posizione di garanzia e quel dovere di vigilanza finalizzato ad eviatare l´insorgenza di danni a terzi., ma gli stessi hanno evidenziato, con effetti risolutivi sul caso di specie, che "occorre anche tener presente che, in tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall´esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, purchè l´agente assuma la gestione del rischio mediante un comportamento concludente consistente nella effettiva presa in carico del bene protetto (Sez. 4, n. 34975 del 29/01/2016 - dep. 18/08/2016, P.C. in proc. Biz, Rv. 267539).

"Quanto sin qui espresso- continuano i giudici della Corte- può essere condensato nel seguente principio di diritto: "la posizione di garanzia derivante dalla relazione di governo intrattenuta con una fonte di pericolo deve essere individuata alla luce delle specifiche circostanze del sinistro che si sia verificato, dovendosi accertare la effettiva titolarità del potere-dovere di gestione nella sequenza di accadimenti alla quale accede l´evento, senza che possa ritenersi sufficiente una valutazione sul piano astratto."
In applicazione di tale principio la Corte ha quindi annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Roma.
Segue sentenza

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 01-12-2016) 20-04-2017, n. 19029
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Luisa - Presidente -
Dott. MENICHETTI Carla - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
Dott. DOVERE Salvatore - rel. Consigliere -
Dott. TANGA Antonio Leonardo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D.N.G., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 6056/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del 14/04/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/12/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Luigi (Ndr: testo originale non comprensibile) che ha concluso per l´inammissibilità del ricorso;
Udito, per la parte civile, l´avv. Ugo (Ndr: testo originale non comprensibile), che non ha formulato richieste;
Udito il difensore Avv. Domenico Oropallo, che ha chiesto l´accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Roma ha riformato quella pronunciata dal Tribunale di Latina, che aveva mandato assolto D.N.G. dal reato di omicidio colposo in danno del minore T.M., condannando l´imputato alla pena ritenuta equa e al risarcimento del danno in favore delle parti civili.
La vicenda dalla quale trae origine il presente procedimento presenta un nucleo fattuale non controverso, rappresentato dalle seguenti circostanze. Il (OMISSIS) il minore T.M., che unitamente ad alcuni compagni di giochi aveva fatto accesso al campo di calcetto della Parrocchia (OMISSIS), si appendeva alla traversa della porta da calcetto che, non essendo fissata al terreno o in altro modo, si ribaltava finendo sul giovane, che riportava lesioni mortali.
Il primo giudice giungeva all´assoluzione dell´imputato, parroco, ritenendo che, non trattandosi di un campo da gioco regolare, la porta non dovesse essere necessariamente fissata e che quindi non fosse ravvisabile la carenza strutturale descritta nell´imputazione; che un eventuale dovere di vigilanza non avrebbe potuto essere posto a base di una condanna senza incorrere nella violazione dell´art. 521 c.p.p.; che comunque una violazione di quel dovere non potesse essere ascritta al D.N. perchè al momento dell´incidente egli non era presente sul posto ed aveva fatto affidamento su coloro che, avendo rimosso la porta per utilizzare il campetto per una festa patronale, avrebbero dovuto riposizionarla; infine, affermando che il T. aveva tenuto un comportamento imprevedibile ed abnorme.
La Corte di Appello, dal canto suo, ha affermato che già il Tribunale aveva ritenuto sussistere in capo all´imputato una posizione di garanzia, quale responsabile della Parrocchia, sicchè l´eventuale trasgressione cautelare di altri soggetti poteva valere unicamente a configurare una cooperazione colposa nel reato; che la condotta colposa era consistita nella violazione del dovere di vigilanza finalizzato ad impedire l´uso del campo di calcetto in assenza delle condizioni di sicurezza, non delegato ad alcuno; che ciò poteva essere affermato senza alcuna violazione del principio di correlazione, risultando contestata anche la colpa generica; che il comportamento del minore non poteva ritenersi imprevedibile.
3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l´imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. Domenico Oropallo.
3.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 40, 43 e 113 c.p., e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Rileva l´esponente che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di Appello (laddove ha affermato il decisivo carattere saltuario ed informale dei rapporti inerenti la vigilanza), il fatto che non sussistessero carenze strutturali e che la porta fosse stata contingentemente spostata, previa slegatura dalla rete di recinzione, incideva sulla identificazione della posizione di garanzia, da cogliere in capo al vice parroco e al responsabile del comitato organizzatore della festa patronale. Il primo era l´effettivo responsabile dell´uso del campo e aveva fatto accedere i ragazzi; al comitato era stato concesso in comodato il campo da calcetto e pertanto spettava al suo responsabile di vigilare che esso non fosse usato dai ragazzi sino a quando non fosse stato sgombrato e le porte fossero state nuovamente fissate; peraltro nel caso concreto tale responsabile era stato presente sul posto al momento dell´accesso dei ragazzi.
Un secondo motivo si sviluppa sul medesimo tema, circoscritto all´ambito del rapporto tra il parroco ed il vice don S.P.; rapporto che viene richiamato per segnalare l´esistenza di una delega delle funzioni di organizzazione e vigilanza dell´uso del campo e l´affidamento che legittimamente il D.N. poteva porre sull´esatto comportamento del proprio vice. Per l´esponente, proprio la presenza sul posto di questi e del custode dimostrano l´insussistenza di responsabilità del D.N..
3.2. Con un terzo motivo si lamenta l´assoluta carenza motivazionale in ordine alla causalità tra la ritenuta omissione e l´evento illecito.

Motivi della Decisione
4. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
4.1. Il principale tema posto dal ricorrente attiene alla individuazione del soggetto gravato - nelle concrete circostanze in cui si verificò il sinistro dell´obbligo di controllo della fonte di pericolo costituita dall´attrezzatura sportiva il cui rovesciamento al suolo determinò il tragico evento.
In entrambe le sentenze di merito risultano assenti precisi riferimenti normativi che valgano ad identificare la fonte della posizione di garanzia.
Ciò nonostante appare evidente che il parroco è stato individuato come colui che ha la disponibilità giuridica e di fatto delle aree entro le quali si svolgono le attività parrocchiali, ivi comprese quelle ricreative. Più specificamente, come il soggetto titolare del potere di disposizione del campo da gioco del quale la porta rovesciatasi era pertinenza.
La giurisprudenza di legittimità, da tempo orientata a riconoscere che la posizione di garanzia può derivare sia da fonti formali che dalla concreta titolarità di poteri dispositivi, propende quindi per la valorizzazione di quest´ultima, poichè ove è la disponibilità giuridica e fattuale di una fonte di pericolo per gli altrui beni vi è normalmente anche il potere di impedire il pregiudizio che ne può derivare per questi ultimi.
Non si può seriamente dubitare, quindi, che il parroco abbia in generale il dovere di assicurare che dall´uso delle aree e delle pertinenziali attrezzature sulle quali si esercita il suo governo non derivino offese alla salute di quanti sono ammessi a farne uso.
Tuttavia, la persistenza al momento dell´evento illecito della titolarità di una posizione di garanzia predicabile in linea astratta - tipologica, verrebbe da dire va comunque verificata in concreto, pena l´elevazione di un rimprovero in realtà per fatto altrui.
E´ sufficiente considerare che ove nel "governo" di una fonte di pericolo si inseriscano ulteriori soggetti, deve pur sempre essere esaminata la natura ed estensione dei poteri che questi ultimi hanno acquisito. Si pensi alla relazione tra proprietario e conduttore di un immobile; a quella tra proprietario e custode di un´area; a quella tra delegante e delegato nel settore della sicurezza del lavoro. Ove si affermasse la responsabilità del proprietario in quanto titolare di poteri dispositivi senza verificare se per alcuni di essi sia intervenuta una qualche vicenda modificativa e se i poteri impeditivi richiesti dal caso non fossero proprio quelli nella titolarità degli ulteriori soggetti, il giudizio mostrerebbe evidenti profili di illegittimità.
Occorre anche tener presente che, in tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall´esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, purchè l´agente assuma la gestione del rischio mediante un comportamento concludente consistente nella effettiva presa in carico del bene protetto (Sez. 4, n. 34975 del 29/01/2016 - dep. 18/08/2016, P.C. in proc. Biz, Rv. 267539).
Quanto sin qui espresso può essere condensato nel seguente principio di diritto: "la posizione di garanzia derivante dalla relazione di governo intrattenuta con una fonte di pericolo deve essere individuata alla luce delle specifiche circostanze del sinistro che si sia verificato, dovendosi accertare la effettiva titolarità del potere-dovere di gestione nella sequenza di accadimenti alla quale accede l´evento, senza che possa ritenersi sufficiente una valutazione sul piano astratto".
4.2. Calando simili premesse nel caso che occupa va rilevata la estrema semplificazione operata dalla Corte di Appello del tema della puntuale identificazione del garante, nonostante i dati probatori lasciassero emergere l´esistenza di soggetti diversi dal parroco, dei quali andava investigata e chiarita la titolarità al momento del fatto di poteri di disposizione sull´area in questione. Si tratta di un tema che la Corte distrettuale ha svolto con affermazioni che vorrebbero essere risolutive ma che, all´inverso, denunciano un insufficiente approfondimento.
Scrive la Corte di Appello che l´assunto difensivo per il quale al momento del sinistro altri erano i garanti della sicurezza di quanti, in specie minori, accedessero al campetto, "è scarsamente persuasivo, considerato il carattere del tutto informale e saltuario dei rapporti concernenti la vigilanza, la gestione o il provvisorio utilizzo del campo di calcetto". Si tratta di un giudizio incoerente con i principi posti dalla giurisprudenza di legittimità a riguardo della necessaria valenza della concreta situazione fattuale e della scriminante rappresentata dalla natura strutturale o contingente della lacuna cautelare che ha determinato l´evento.
In linea generale, il riferirsi indifferentemente ai poteri di vigilanza, di gestione e di utilizzo del campetto denuncia una pregiudizievole mancata considerazione delle differenze che corrono tra le diverse posizioni. Quanto alla informalità e saltuarietà del ruolo svolto da altri, si è rammentato sopra che assume piena rilevanza la effettiva titolarità di poteri dispositivi, senza che possa fare da salvacondotto la mancata formalizzazione del ruolo assunto in concreto. Tali poteri, ancorchè temporaneamente assunti, impegnano ad assicurare che la fonte di pericolo non determini danni a terzi. Nè è risolutiva - almeno nella motivazione resa dalla Corte di Appello - l´evocazione dell´istituto della cooperazione colposa, che nella fattispecie appare essa stessa figlia dell´insufficiente approfondimento e che null´altro che la ripetizione con altre parole dell´assunto di partenza.
In particolare, la stessa Corte di Appello conviene in ordine ad una ripartizioni di compiti tra parroco e vice parroco, in forza della quale sarebbe stato quest´ultimo ad occuparsi della gestione dell´area ricreativa (annota la sentenza che dei suoi compiti lo S. aveva affermato che "l´attività di controllo si limitava a dare uno sguardo"); circostanza che trova conferma nella presenza sul posto dello S. nel torno di tempo in cui si verificò il sinistro, mentre l´imputato si trovavi altrove, impegnato nell´ufficio sacerdotale; non dubita della messa a disposizione del comitato promotore della festa dell´area del campetto, dalla quale era scaturita la modifica della ordinaria situazione dei luoghi, con la eliminazione dell´ancoraggio della porta dal cancello posto nella parte ad essa retrostante e il suo appoggio a terra. Ciò non di meno non indaga sui termini dell´accordo intervenuto tra il parroco e il presidente del comitato: se esso prevedesse o meno la disponibilità esclusiva dell´area per un tempo predeterminato (e quale) da parte di quest´ultimo; se prevedesse o meno l´adozione di misure di sicurezza resesi necessarie dopo lo spostamento della porta. E ciò sull´evidente presupposto dell´essere terminata la festa patronale il maggio; senza tener conto che essa stessa scrive che al momento del sinistro "la porta non era stata ancora rimontata, in quanto doveva essere ancora completata l´attività di rimozione delle attrezzature per lo stand e per l´allestimento del carro utilizzato per la processione del santo patrono...". Ne consegue che anche l´affermazione secondo la quale il parroco avrebbe dovuto in ogni caso dare disposizioni ai suoi collaboratori e al comitato promotore e/o installare una segnaletica di divieto di accesso risulta meramente apodittica siccome priva di connessione alla puntuale ricostruzione della specifica situazione venutasi a determinare. Basterà considerare che ove al comitato fosse stato consentito di escludere dall´uso dell´area ogni soggetto non impegnato nelle attività preparatorie della festa patronale, anche con l´adozione di misure a ciò funzionali (cartelli, chiusura degli accessi, vigilanza sul posto ecc.), i poteri impeditivi sarebbero risultati temporaneamente trasferiti in capo al presidente del comitato.
Nel tratteggiare la distribuzione degli obblighi tra committente e appaltatore di lavori che riguardano la sede stradale, questa Corte ha rammentato che avuto riguardo agli artt. 14 e 21 del C.d.S., nonchè alle pattuizioni del contratto, deve essere distinto a seconda che i lavori si svolgano o meno nella persistenza dell´uso della strada. Nel caso negativo, ovvero quando "l´area di cantiere risulti completamente enucleata, delimitata ed affidata all´esclusiva custodia dell´appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all´interno di questa area risponde esclusivamente l´appaltatore, che ne è l´unico custode". Nel caso affermativo, ovvero quando "l´area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, questa situazione denota la conservazione della custodia da parte dell´ente titolare della strada, sia pure insieme all´appaltatore" (Sez. 4, n. 17010 del 29/03/2016 - dep. 22/04/2016, P.C. in proc. Corrao, Rv. 266548, che richiama Cass. civ. Sez. 3, n. 15882 del 25/06/2013, Rv. 626858 e Cass. civ. Sez. 3, n. 12811 del 23/07/2012, Rv. 623374).
Per quanto il principio sia stato formulato in relazione ad una differente relazione intersoggettiva esso pare illustrare con proprietà anche la relazione tra il parroco, in ragione dell´ufficio amministratore dei beni della parrocchia, e coloro ai quali viene temporaneamente affidato in custodia uno di questi.
Nè può essere risolutivo il solo affermare l´esistenza di un obbligo di vigilanza, quale residuo di un trasferimento ad altri di poteri di diretta gestione. L´obbligo di vigilanza presuppone che sia stato consentito l´uso del bene a terzi; che fosse conosciuto il pericolo; che fosse evitabile l´evento lesivo occorso a terzi e che sia stato omesso l´intervento diretto all´eliminazione del rischi (Sez. 4, n. 37589 del 05/06/2007 - dep. 12/10/2007, Petroselli, Rv. 237772, ancora con riferimento all´amministratore committente di lavori su pubblica via).
Valga rilevare che già solo rispetto all´ultima delle condizioni appena rammentate, risulta affermato dal giudice di merito che dopo l´affidamento del campetto al comitato la porta era stata adagiata al suolo e che per il peso essa non poteva essere ricollocata in piedi dai minori. Il rischio rappresentato dalla porta non ancorata era stato quindi eliminato; e la Corte di Appello ha omesso di chiarire le circostanze della modifica della posizione della porta, che sino al 4 maggio 2009 era ancora adagiata a terra, ed i suoi riflessi sul dovere di vigilanza del parroco.
5. Traendo le somme da quanto sin qui esposte, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio alla Corte di Appello di Roma per nuovo esame. Il quale dovrà condurre all´identificazione del soggetto garante del rischio determinato dalla presenza della porta di calcetto all´interno del campo momentaneamente posto a disposizione del Comitato promotore della festa, non trascurando di considerare il tema della accessibilità a tale area, in concreto e per come eventualmente regolata tra le parti, con specifico riferimento al giorno del sinistro; si dovranno esplicitare le fonti del dovere di vigilanza del quale fa menzione la contestazione e verificarne i contenuti nella specifica vicenda, alla luce del rapporto instauratosi tra l´imputato ed con il Comitato e dei compiti affidati al vice parroco S.P..

PQM
annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Roma.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 1 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017




































Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 01-12-2016) 20-04-2017, n. 19029
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Luisa - Presidente -
Dott. MENICHETTI Carla - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
Dott. DOVERE Salvatore - rel. Consigliere -
Dott. TANGA Antonio Leonardo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D.N.G., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 6056/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del 14/04/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/12/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Luigi (Ndr: testo originale non comprensibile) che ha concluso per l´inammissibilità del ricorso;
Udito, per la parte civile, l´avv. Ugo (Ndr: testo originale non comprensibile), che non ha formulato richieste;
Udito il difensore Avv. Domenico Oropallo, che ha chiesto l´accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Roma ha riformato quella pronunciata dal Tribunale di Latina, che aveva mandato assolto D.N.G. dal reato di omicidio colposo in danno del minore T.M., condannando l´imputato alla pena ritenuta equa e al risarcimento del danno in favore delle parti civili.
La vicenda dalla quale trae origine il presente procedimento presenta un nucleo fattuale non controverso, rappresentato dalle seguenti circostanze. Il (OMISSIS) il minore T.M., che unitamente ad alcuni compagni di giochi aveva fatto accesso al campo di calcetto della Parrocchia (OMISSIS), si appendeva alla traversa della porta da calcetto che, non essendo fissata al terreno o in altro modo, si ribaltava finendo sul giovane, che riportava lesioni mortali.
Il primo giudice giungeva all´assoluzione dell´imputato, parroco, ritenendo che, non trattandosi di un campo da gioco regolare, la porta non dovesse essere necessariamente fissata e che quindi non fosse ravvisabile la carenza strutturale descritta nell´imputazione; che un eventuale dovere di vigilanza non avrebbe potuto essere posto a base di una condanna senza incorrere nella violazione dell´art. 521 c.p.p.; che comunque una violazione di quel dovere non potesse essere ascritta al D.N. perchè al momento dell´incidente egli non era presente sul posto ed aveva fatto affidamento su coloro che, avendo rimosso la porta per utilizzare il campetto per una festa patronale, avrebbero dovuto riposizionarla; infine, affermando che il T. aveva tenuto un comportamento imprevedibile ed abnorme.
La Corte di Appello, dal canto suo, ha affermato che già il Tribunale aveva ritenuto sussistere in capo all´imputato una posizione di garanzia, quale responsabile della Parrocchia, sicchè l´eventuale trasgressione cautelare di altri soggetti poteva valere unicamente a configurare una cooperazione colposa nel reato; che la condotta colposa era consistita nella violazione del dovere di vigilanza finalizzato ad impedire l´uso del campo di calcetto in assenza delle condizioni di sicurezza, non delegato ad alcuno; che ciò poteva essere affermato senza alcuna violazione del principio di correlazione, risultando contestata anche la colpa generica; che il comportamento del minore non poteva ritenersi imprevedibile.
3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l´imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. Domenico Oropallo.
3.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 40, 43 e 113 c.p., e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Rileva l´esponente che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di Appello (laddove ha affermato il decisivo carattere saltuario ed informale dei rapporti inerenti la vigilanza), il fatto che non sussistessero carenze strutturali e che la porta fosse stata contingentemente spostata, previa slegatura dalla rete di recinzione, incideva sulla identificazione della posizione di garanzia, da cogliere in capo al vice parroco e al responsabile del comitato organizzatore della festa patronale. Il primo era l´effettivo responsabile dell´uso del campo e aveva fatto accedere i ragazzi; al comitato era stato concesso in comodato il campo da calcetto e pertanto spettava al suo responsabile di vigilare che esso non fosse usato dai ragazzi sino a quando non fosse stato sgombrato e le porte fossero state nuovamente fissate; peraltro nel caso concreto tale responsabile era stato presente sul posto al momento dell´accesso dei ragazzi.
Un secondo motivo si sviluppa sul medesimo tema, circoscritto all´ambito del rapporto tra il parroco ed il vice don S.P.; rapporto che viene richiamato per segnalare l´esistenza di una delega delle funzioni di organizzazione e vigilanza dell´uso del campo e l´affidamento che legittimamente il D.N. poteva porre sull´esatto comportamento del proprio vice. Per l´esponente, proprio la presenza sul posto di questi e del custode dimostrano l´insussistenza di responsabilità del D.N..
3.2. Con un terzo motivo si lamenta l´assoluta carenza motivazionale in ordine alla causalità tra la ritenuta omissione e l´evento illecito.

Motivi della Decisione
4. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
4.1. Il principale tema posto dal ricorrente attiene alla individuazione del soggetto gravato - nelle concrete circostanze in cui si verificò il sinistro dell´obbligo di controllo della fonte di pericolo costituita dall´attrezzatura sportiva il cui rovesciamento al suolo determinò il tragico evento.
In entrambe le sentenze di merito risultano assenti precisi riferimenti normativi che valgano ad identificare la fonte della posizione di garanzia.
Ciò nonostante appare evidente che il parroco è stato individuato come colui che ha la disponibilità giuridica e di fatto delle aree entro le quali si svolgono le attività parrocchiali, ivi comprese quelle ricreative. Più specificamente, come il soggetto titolare del potere di disposizione del campo da gioco del quale la porta rovesciatasi era pertinenza.
La giurisprudenza di legittimità, da tempo orientata a riconoscere che la posizione di garanzia può derivare sia da fonti formali che dalla concreta titolarità di poteri dispositivi, propende quindi per la valorizzazione di quest´ultima, poichè ove è la disponibilità giuridica e fattuale di una fonte di pericolo per gli altrui beni vi è normalmente anche il potere di impedire il pregiudizio che ne può derivare per questi ultimi.
Non si può seriamente dubitare, quindi, che il parroco abbia in generale il dovere di assicurare che dall´uso delle aree e delle pertinenziali attrezzature sulle quali si esercita il suo governo non derivino offese alla salute di quanti sono ammessi a farne uso.
Tuttavia, la persistenza al momento dell´evento illecito della titolarità di una posizione di garanzia predicabile in linea astratta - tipologica, verrebbe da dire va comunque verificata in concreto, pena l´elevazione di un rimprovero in realtà per fatto altrui.
E´ sufficiente considerare che ove nel "governo" di una fonte di pericolo si inseriscano ulteriori soggetti, deve pur sempre essere esaminata la natura ed estensione dei poteri che questi ultimi hanno acquisito. Si pensi alla relazione tra proprietario e conduttore di un immobile; a quella tra proprietario e custode di un´area; a quella tra delegante e delegato nel settore della sicurezza del lavoro. Ove si affermasse la responsabilità del proprietario in quanto titolare di poteri dispositivi senza verificare se per alcuni di essi sia intervenuta una qualche vicenda modificativa e se i poteri impeditivi richiesti dal caso non fossero proprio quelli nella titolarità degli ulteriori soggetti, il giudizio mostrerebbe evidenti profili di illegittimità.
Occorre anche tener presente che, in tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall´esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, purchè l´agente assuma la gestione del rischio mediante un comportamento concludente consistente nella effettiva presa in carico del bene protetto (Sez. 4, n. 34975 del 29/01/2016 - dep. 18/08/2016, P.C. in proc. Biz, Rv. 267539).
Quanto sin qui espresso può essere condensato nel seguente principio di diritto: "la posizione di garanzia derivante dalla relazione di governo intrattenuta con una fonte di pericolo deve essere individuata alla luce delle specifiche circostanze del sinistro che si sia verificato, dovendosi accertare la effettiva titolarità del potere-dovere di gestione nella sequenza di accadimenti alla quale accede l´evento, senza che possa ritenersi sufficiente una valutazione sul piano astratto".
4.2. Calando simili premesse nel caso che occupa va rilevata la estrema semplificazione operata dalla Corte di Appello del tema della puntuale identificazione del garante, nonostante i dati probatori lasciassero emergere l´esistenza di soggetti diversi dal parroco, dei quali andava investigata e chiarita la titolarità al momento del fatto di poteri di disposizione sull´area in questione. Si tratta di un tema che la Corte distrettuale ha svolto con affermazioni che vorrebbero essere risolutive ma che, all´inverso, denunciano un insufficiente approfondimento.
Scrive la Corte di Appello che l´assunto difensivo per il quale al momento del sinistro altri erano i garanti della sicurezza di quanti, in specie minori, accedessero al campetto, "è scarsamente persuasivo, considerato il carattere del tutto informale e saltuario dei rapporti concernenti la vigilanza, la gestione o il provvisorio utilizzo del campo di calcetto". Si tratta di un giudizio incoerente con i principi posti dalla giurisprudenza di legittimità a riguardo della necessaria valenza della concreta situazione fattuale e della scriminante rappresentata dalla natura strutturale o contingente della lacuna cautelare che ha determinato l´evento.
In linea generale, il riferirsi indifferentemente ai poteri di vigilanza, di gestione e di utilizzo del campetto denuncia una pregiudizievole mancata considerazione delle differenze che corrono tra le diverse posizioni. Quanto alla informalità e saltuarietà del ruolo svolto da altri, si è rammentato sopra che assume piena rilevanza la effettiva titolarità di poteri dispositivi, senza che possa fare da salvacondotto la mancata formalizzazione del ruolo assunto in concreto. Tali poteri, ancorchè temporaneamente assunti, impegnano ad assicurare che la fonte di pericolo non determini danni a terzi. Nè è risolutiva - almeno nella motivazione resa dalla Corte di Appello - l´evocazione dell´istituto della cooperazione colposa, che nella fattispecie appare essa stessa figlia dell´insufficiente approfondimento e che null´altro che la ripetizione con altre parole dell´assunto di partenza.
In particolare, la stessa Corte di Appello conviene in ordine ad una ripartizioni di compiti tra parroco e vice parroco, in forza della quale sarebbe stato quest´ultimo ad occuparsi della gestione dell´area ricreativa (annota la sentenza che dei suoi compiti lo S. aveva affermato che "l´attività di controllo si limitava a dare uno sguardo"); circostanza che trova conferma nella presenza sul posto dello S. nel torno di tempo in cui si verificò il sinistro, mentre l´imputato si trovavi altrove, impegnato nell´ufficio sacerdotale; non dubita della messa a disposizione del comitato promotore della festa dell´area del campetto, dalla quale era scaturita la modifica della ordinaria situazione dei luoghi, con la eliminazione dell´ancoraggio della porta dal cancello posto nella parte ad essa retrostante e il suo appoggio a terra. Ciò non di meno non indaga sui termini dell´accordo intervenuto tra il parroco e il presidente del comitato: se esso prevedesse o meno la disponibilità esclusiva dell´area per un tempo predeterminato (e quale) da parte di quest´ultimo; se prevedesse o meno l´adozione di misure di sicurezza resesi necessarie dopo lo spostamento della porta. E ciò sull´evidente presupposto dell´essere terminata la festa patronale il maggio; senza tener conto che essa stessa scrive che al momento del sinistro "la porta non era stata ancora rimontata, in quanto doveva essere ancora completata l´attività di rimozione delle attrezzature per lo stand e per l´allestimento del carro utilizzato per la processione del santo patrono...". Ne consegue che anche l´affermazione secondo la quale il parroco avrebbe dovuto in ogni caso dare disposizioni ai suoi collaboratori e al comitato promotore e/o installare una segnaletica di divieto di accesso risulta meramente apodittica siccome priva di connessione alla puntuale ricostruzione della specifica situazione venutasi a determinare. Basterà considerare che ove al comitato fosse stato consentito di escludere dall´uso dell´area ogni soggetto non impegnato nelle attività preparatorie della festa patronale, anche con l´adozione di misure a ciò funzionali (cartelli, chiusura degli accessi, vigilanza sul posto ecc.), i poteri impeditivi sarebbero risultati temporaneamente trasferiti in capo al presidente del comitato.
Nel tratteggiare la distribuzione degli obblighi tra committente e appaltatore di lavori che riguardano la sede stradale, questa Corte ha rammentato che avuto riguardo agli artt. 14 e 21 del C.d.S., nonchè alle pattuizioni del contratto, deve essere distinto a seconda che i lavori si svolgano o meno nella persistenza dell´uso della strada. Nel caso negativo, ovvero quando "l´area di cantiere risulti completamente enucleata, delimitata ed affidata all´esclusiva custodia dell´appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all´interno di questa area risponde esclusivamente l´appaltatore, che ne è l´unico custode". Nel caso affermativo, ovvero quando "l´area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, questa situazione denota la conservazione della custodia da parte dell´ente titolare della strada, sia pure insieme all´appaltatore" (Sez. 4, n. 17010 del 29/03/2016 - dep. 22/04/2016, P.C. in proc. Corrao, Rv. 266548, che richiama Cass. civ. Sez. 3, n. 15882 del 25/06/2013, Rv. 626858 e Cass. civ. Sez. 3, n. 12811 del 23/07/2012, Rv. 623374).
Per quanto il principio sia stato formulato in relazione ad una differente relazione intersoggettiva esso pare illustrare con proprietà anche la relazione tra il parroco, in ragione dell´ufficio amministratore dei beni della parrocchia, e coloro ai quali viene temporaneamente affidato in custodia uno di questi.
Nè può essere risolutivo il solo affermare l´esistenza di un obbligo di vigilanza, quale residuo di un trasferimento ad altri di poteri di diretta gestione. L´obbligo di vigilanza presuppone che sia stato consentito l´uso del bene a terzi; che fosse conosciuto il pericolo; che fosse evitabile l´evento lesivo occorso a terzi e che sia stato omesso l´intervento diretto all´eliminazione del rischi (Sez. 4, n. 37589 del 05/06/2007 - dep. 12/10/2007, Petroselli, Rv. 237772, ancora con riferimento all´amministratore committente di lavori su pubblica via).
Valga rilevare che già solo rispetto all´ultima delle condizioni appena rammentate, risulta affermato dal giudice di merito che dopo l´affidamento del campetto al comitato la porta era stata adagiata al suolo e che per il peso essa non poteva essere ricollocata in piedi dai minori. Il rischio rappresentato dalla porta non ancorata era stato quindi eliminato; e la Corte di Appello ha omesso di chiarire le circostanze della modifica della posizione della porta, che sino al 4 maggio 2009 era ancora adagiata a terra, ed i suoi riflessi sul dovere di vigilanza del parroco.
5. Traendo le somme da quanto sin qui esposte, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio alla Corte di Appello di Roma per nuovo esame. Il quale dovrà condurre all´identificazione del soggetto garante del rischio determinato dalla presenza della porta di calcetto all´interno del campo momentaneamente posto a disposizione del Comitato promotore della festa, non trascurando di considerare il tema della accessibilità a tale area, in concreto e per come eventualmente regolata tra le parti, con specifico riferimento al giorno del sinistro; si dovranno esplicitare le fonti del dovere di vigilanza del quale fa menzione la contestazione e verificarne i contenuti nella specifica vicenda, alla luce del rapporto instauratosi tra l´imputato ed con il Comitato e dei compiti affidati al vice parroco S.P..

PQM
annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Roma.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 1 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017





 

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