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Offende il superiore gerarchico : illegittimo il licenziamento. Cassazione spiega i motivi

Moscuzza

 

Perfino chi non ha mai lavorato può bene rendersi conto come nessun luogo di lavoro sia immune da incomprensioni e litigi, che se non sedati in tempo, portano ad offendersi. Ma quale la conseguenza nel caso in cui tale offesa sia rivolta da un dipendente ad un superiore al di fuori dell´orario di lavoro?
A dare la risposta definitiva è la sezione Lavoro della Cassazione che, con sentenza n.11027/17 depositata lo scorso 5 maggio, ha stabilito che il lavoratore che offende il superiore gerarchico prima dell´inizio dell´attività lavorativa non è licenziabile
Sostando davanti la macchinetta del caffè, al di fuori dell´orario lavorativo, si trovavano a discutere in modo animato fino al punto che, non potendo evidentemente farne a meno, il lavoratore rivolgeva degli insulti al superiore. Rigettata la domanda in primo grado dal Tribunale di Velletri, il dipendente perseverava nella sua richiesta in appello, dove infatti, trovava accoglimento essendo dichiarato illegittimo il licenziamento irrogato a seguito di un tale episodio, che non andando a integrare l´insubordinazione non poteva dar luogo alla misura inflitta, perché sproporzionata.
Ricorreva quindi per Cassazione l´azienda che, lamentando il comportamento non propriamente civile e rispettoso tenuto dal dipendente, e qualificandolo come insubordinazione, tale da far ledere inevitabilmente il rapporto di fiducia,
nonchè richiamandone uno simile avvenuto nel semestre precedente, reclamava la legittimità del provvedimento con cui aveva congedato il dipendente.
Non dello stesso parere i giudici della Cassazione, che ad un esame più attendo dell´episodio, lo inquadravano più in un semplice diverbio, vale a dire, citando proprio il vocabolario della lingua italiana " uno scambio aspro e scomposto di parole e/o di insulti, una lite verbale, una discussione molto animata", e dimostrando così, l´inopportunità da parte del ricorrente del richiamo all´ insubordinazione, che consiste nel rifiuto di eseguire un ordine impartito ( sottintesa la sua legittimità ) da un superiore. Nel caso di specie, un rifiuto in questi termini non emergeva né dalla sentenza impugnata né dalla contestazione disciplinare.
E infatti ciò che dispone la Suprema Corte è avvalorato dal fatto che il tutto si è verificato non durante l´ora di lavoro, e posto senza dubbio che si deve portare rispetto alla gente in quanto tale non in quanto "capo del reparto", nel caso di specie la condotta è criticabile ma non poteva dar luogo ad una misura come quella del licenziamento. I vincoli gerarchici non si estendono, dice la Corte, anche al di fuori dell´orario di lavoro e i rapporti fra le persone non devono essere improntati a questi.
Rigettato il ricorso, il lavoratore veniva pertanto reintegrato nel posto di lavoro.
 
Paola Moscuzza, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Messina, nell´anno 2015.
 
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