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"Non i Trojan nei cellulari dei giudici mi fanno paura, ma ciò che fanno ogni santo giorno in aula e come ci trattano"

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 Il Trojan nel cellulare di Palamara. Lotti. Cosimo Ferri. Un giudice che si addormenta mentre gli altri – pare – si spartiscono le nomine in Italia. Non mi scandalizzo. Non sono queste le cose che mi fanno paura.
Ciò che mi spaventa sono tutto quello che i giudici fanno alla luce del sole. Quotidianamente.
Sono alle prese con una crisi di mezz'età. D'accordo. Però non ho voglia – ogniqualvolta indossi la toga – di affrontare questioni extragiudiziarie.
Quali sono ? Vi servo subito.
Prima di tutto l'antipatia. A certi giudici sto sul cazzo. Lo so. Mi stanno sul cazzo anche loro.
Ma io sono un semplice avvocato.
Io non alzo gli occhi al cielo quando loro sfoderano una tesi che non mi piace.
O che magari non condivido.
Come avvocato, quando ascolto cazzate in aula, fisso un punto sopra di loro. Oppure – se trattasi di collegio - guardo il giudice che mi sta più simpatico.
Però, vi sembra giusto ? Sei lì.
Con un cliente in affanno seduto accanto.
La sua questione è delicata. Hai speso due giorni tra lo studio della pratica e il confezionamento dell'atto. Appena apri bocca e dici le prime due parole ti stoppano.
Avvocato, questo non c'entra, questo è risaputo, quello l'abbiamo già affrontato, quest'altro lo sappiamo. Stringa.
Cosa mi stringo, ditemi, cosa devo stringermi ? 

È già difficile sostenere un ragionamento magari sottile, aereo, sul quale ti sei spremuto le meningi per giorni (e anche qualche notte di mezzo) e ti senti ammonire così ?
Non solo perdi il filo ma io – di solito – mi incazzo. Perdo lucidità.
Chi ne fa le spese è il mio cliente.
Poi.
Vi sembra giusto che noi dobbiamo sintetizzare la nostra difesa orale e loro – il giorno dopo la nostra prova – hanno già pronto il rigetto ?
Come fanno, mi chiedo, come fanno ad elaborare un rigetto così, fresco di giornata, e senza motivazione ?
Che bello il nostro codice sarebbe se li costringesse ad emettere in tutte le decisioni che i giudici adottino, una bella motivazione contestuale.
Anche concisa, ma contestuale.
Inoltre.
Vi sembra giusto che le nostre istanze di rinvio – modulate su motivi di natura personale, familiare et alia – vengano sempre rigettate ?
L'esempio del collega affetto da lombosciatalgia che non è un legittimo impedimento è soltanto un esempio.
E' la manifestazione di ciò che siamo noi e di ciò che si credono loro. Perchè ?
Per quale motivo quando ci arrivano i differimenti di ufficio – per motivi di ufficio – siamo costretti ad accettarli perinde ac cadaver, e se invece siamo noi ad avanzare un'istanza di rinvio – o di anticipazione – per motivi di ufficio nostro, vanno tutti cestinati ?
Manco fossero la dimostrazione della nostra – sedicente – scarsa voglia di lavorare ? O della nostra faziosità intrinseca che rischia sempre – dico sempre – di contagiare gli ingranaggi sani di un processo ariostesco ?
L'idea che a volte serpeggia in alcuni rigetti sembra essere questa. La sensazione c'è.
Ecco perchè quanto rivelato da un trojan usato ormai anche quando vai al cesso non mi preoccupa né mi stupisce.
Mi dà semmai l'idea impietosa di quanto noi avvocati siamo in mezzo a certi marosi che non ti guardano manco in faccia.
Trojan o non trojan.

 

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