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L'arcivescovo al tribunale parla ai giudici: "Non abbiate riguardi, non accettate regali, resistete alla corruzione"

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L'arcivescovo di Milano Mario Delpini ha parlato al Tribunale: "Avrei voluto fare questo incontro in un contesto più sereno dopo le tempeste che si sono scatenate in tutta Italia e che in particolare riguardano voi. Occorre resistere alla corruzione."

Avrebbe potuto declinare l'invito, o rimandarlo a tempi migliori ed invece no. L'arcivescovo di Milano Mario Delpini, invitato ieri ad un convegno in tribunale,  ha deciso di entrare nel cuore del dramma che sta vivendo la magistratura italiana, che vede alcuni suoi rappresentanti,  e personalità autorevoli del Consiglio Superiore della magistratura, su organo di autogoverno, alle prese con delicatissime inchieste promosse dalle procure  e con indagini che, di certo, e se pur non possa farsi di tutta l'erba un fascio, ne mettono in discussione la credibilità e l'imparzialità. 

L'arcivescovo ha deciso di non fare finta di nulla e nella sua allocuzione  ha ricostruito la funzione del giudice. Egli, ha detto, deve possedere una fortezza personale tale da non "tremare di fronte al potente" e una "coscienza retta che gli consenta di resistere alla corruzione". Parole appropriate  e coerenti con il tema del convegno 'Il dovere di difendere, la fatica di decidere'.

"Avrei voluto fare questo incontro in un contesto più sereno dopo le tempeste che si sono scatenate in tutta Italia e che in particolare riguardano voi", ha detto l'arcivescovo ai magistrati, con una chiara allusione alla tempesta che ha investito il Consiglio Superiore della Magistratura. Secondo Delpini, il giudice deve avere "una coscienza che sia retta. Come dice il testo sacro Deuteronomio: non farai violenza al diritto, non avrai riguardi personali e non accetterai regali, perché il regalo acceca gli occhi dei saggi e corrompe le parole dei giusti". Ha poi concluso così: "il mio contributo qui oggi è di riscrivere il titolo di questo incontro da 'il dovere di difendere' e di sostituirlo con 'il dovere di assistere, la responsabilità di decidere'" perché si amministra la giustizia "per il bene comune della società".

 

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