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Docenti ed aspettativa retribuita per dottorato, i precari non ne hanno diritto

SUPPLENZE

I giudici della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n. 3096 dell´8 febbraio 2018 hanno affermato il principio secondo cui al docente con incarico a tempo determinato, a differenza di quello di ruolo, non potrà essere riconosciuto il diritto alla aspettativa retribuita per espletare l´incarico di dottorato presso l´Università.

I Fatti
La Corte di Appello di Milano aveva rigettato l´appello proposto dal Ministero dell´Istruzione Università e Ricerca avverso la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio che aveva riconosciuto il diritto di un docente assunto a tempo determinato, a poter fruire del congedo straordinario per dottorato di ricerca ex art. 2 della legge 13/8/1984 n. 476, come modificato dall´art. 52 della legge n. 448 del 2001, da svolgersi presso l´Università di Messina.
Con la stessa sentenza l´amministrazione scolastica era stata condannata alla conservazione del trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in favore del lavoratore. Tale pronuncia trovava il suo fondamento giuridico nel consolidato principio di non discriminazione fra assunti a tempo indeterminato e lavoratori a termine.
 
Avverso detta pronuncia proponeva ricorso in Cassazione Il MIUR denunciando con il primo motivo del ricorso la "violazione e falsa applicazione dell´art. 2 della legge 13 agosto 1984 n. 476, dell´art. 453 del d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297 e dell´art. 18 del C.C.N.L. 2002-2005" facendo rilevare che in base alle norme citate il personale della Scuola assunto a tempo determinato debba avere il medesimo trattamento del personale di ruolo con riferimento alle ferie, ai permessi e alle assenze. Con riferimento invece alla ipotesi di aspettativa per motivi di studio o dottorato, l´art. 18 del CCNL prevede che il docente in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza ma a condizione che dopo il conseguimento del dottorato il rapporto di lavoro prosegua per almeno due anni.
Tale norma non sarebbe quindi compatibile, come nel caso di specie, con il rapporto a tempo determinato.
Motivi della decisone
I giudici della Sezione lavoro dopo aver analizzato ogni profilo sollevato con i motivi di appello dal ricorrente e dopo aver analizzato le varie norme che disciplinano la materia anche in confronto ai principi giurisprudenziali elaborati in tema di divieto di trattamento discriminatorio tra diverse condizioni di impiego del lavoratore, hanno deciso di accogliere il ricorso proposto ed enunciato il seguente principio di diritto: «l´aspettativa retribuita in caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca, prevista dall´art. 2 della legge 13/8/1984 n. 476, come modificato dall´art. 52, comma 57, della legge 22/12/2001 n. 448, è stata riservata dal legislatore al rapporto a tempo indeterminato, come si desume dal riferimento alla prosecuzione del rapporto, per un periodo minimo di durata, dopo il conseguimento del dottorato. La limitazione agli assunti a tempo indeterminato non contrasta con il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell´accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE nel caso in cui non vi sia compatibilità fra la condizione risolutiva prevista dallo stesso art. 2, giustificata da una legittima finalità, e la durata del contratto a termine, tale da non consentire, dopo il conseguimento del dottorato, la prosecuzione almeno biennale del rapporto ».
Si allega testo sentenza
Avv. Giovanni Di Martino
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