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Corte Giustizia su nesso causale vaccino-malattia: sua prova anche indiziaria conduce a risarcimento

Moscuzza

 

Quando non sia stato dato il consenso scientifico, per dimostrare la provenienza di una malattia da un vaccino, si deve provare il nesso di causalità tra questo e la malattia, tramite un insieme di indizi che siano gravi, precisi e concordanti.
 
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Europea, Seconda Sezione, con sentenza 21 Giugno 2017, causa C621/15, con cui ha sancito che tale principio è compatibile con la direttiva 85/374 CEE, che disciplina la responsabilità per danno da prodotti difettosi.
 
Un uomo, dopo essersi sottoposto alla vaccinazione contro l´epatite B, accusava una serie di disturbi che lo conducevano, dopo alcuni anni, a contrarre la sclerosi multipla. La fatale malattia, che nei primi tempi non gli consentiva più di svolgere l´attività professionale, necessitando dell´assistenza costante di una terza persona, lo conduceva in fine alla morte.
Così, dopo aver riscontrato i primi sintomi, agiva in giudizio contro la società, al fine di ottenere il risarcimento danni.
 
Avendo negato la Corte d´appello di Parigi, il nesso di causalità tra la vaccinazione e la malattia, tre dei familiari del malcapitato, adivano la Cassazione. La concomitanza tra la vaccinazione e il manifestarsi della sclerosi multipla, la mancanza di una predisposizione familiare alla malattia, erano argomentazioni logiche e razionali su cui basare le presunzioni gravi, precise e concordanti sul difetto del vaccino e del nesso di causalità tra questo e l´esplosione della malattia.
 
La Suprema Corte investiva la Corte di Giustizia europea della questione. E precisamente, l´interrogativo sottopostole riguardava se, in mancanza del consenso scientifico, spetta o no al danneggiato provare il danno subito, il difetto, il nesso di causalità, e che il giudice decida in base a indizi gravi, precisi e concordanti, tenendo presente la direttiva 85/374/CEE.
 
La Corte di Giustizia, asseriva che "un regime probatorio che autorizza il giudice, in mancanza di prove certe e inconfutabili, a concludere che sussistono un difetto del vaccino e un nesso di causalità tra quest´ultimo e una malattia sulla base di un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti, qualora tale complesso di indizi gli consenta di ritenere, con grado sufficientemente elevato di probabilità, che una simile conclusione corrisponda alla realtà", è compatibile con la direttiva 85/374/CEE ( pensata al fine di " tutelare la salute dei consumatori e garantire una giusta ripartizione dei rischi inerenti alla produzione tecnica moderna tra danneggiato e produttore ").
 
Puntualizzava poi la Corte che, i Giudizi nazionali devono inoltre, assicurarsi che, applicando tale regime probatorio, non venga violato l´onere della prova previsto dall´articolo 4 della Direttiva, ai sensi del quale " Il danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e danno"
 
Paola Moscuzza, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Messina, nell´anno 2015.
 
 
 
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