Nataliya a Anna, due madri sulla frontiera di guerra

 Storie di guerra, storie di donne. Si può essere madri anche senza figli, o con i figli di un'altra madre, lungo quella frontiera dai passi perduti Nataliya e Anna lo hanno ricordato a un mondo distratto. Stava fuggendo Nataliya, dalla guerra, valigia di cartone con il suo mondo dentro, chissà se ci sarà un ritorno, il grido di un uomo, due bambini infreddoliti per mano "Ci aiuti, solo lei può salvarci". Difficile dar credito a uno sconosciuto lungo sentieri di guerra, ma gli occhi di quei tre sono sui miei, sì che mi fermo, li ascolto. "Sono i miei bambini, mia moglie è oltre quel confine, sta arrivando dall'Italia per riabbracciarli, per portarli con sè. Io sono un uomo, combatterò per il mio paese, li raggiungerò, se ci sarà un dopo".

 Nataliya li guarda, è un attimo. Pensa ai suoi due figli, un poliziotto e un infermiere, son rimasti anche loro a Podilskyi, forse hanno già in spalla un fucile. "Certo che li prendo con me, questi cuccioli, andiamo". Un ultimo abbraccio, ciao papà, c'è ancora tempo per far sostare sull'amore il cuore. "Passate". Il sì delle guardie, il cammino che comincia senza che Nataliya abbia certezza di un incontro. Stringe tra le mani un biglietto, un nome, il cellulare di Anna, un'altra madre, un'altra sconosciuta. "Bambini, questa è l'Ungheria, Beregsurany, aspetteremo la mamma in questa tenda.

 Ore di attesa, il cellulare non prende, il pianto disperato del piccolo, la mente vola. Se lei non verrà, sì io li prenderò con me. Uno squillo, ci sono quasi, ora sono qui. Anna è arrivata, jeans, scarpe da tennis, una felpa, capelli biondi e coda di cavallo. Ha abbracciato i propri bambini, poi gli occhi su Nataliya. Sono rimaste lì, al freddo, a guardarsi, poi a stringersi in un abbraccio mentre piangevano. "Sublimi le madri, tutte istinto, non sono donne ma femmine" scriveva Victor Hugo; ed è la storia di loro due. Dio benedica le madri.