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Nascite indesiderate, Cassazione su responsabilità di ginecologo e analista

È responsabile per danno da nascita indesiderata il ginecologo di fiducia che si limiti a comunicare l´esistenza di un´alterazione cromosomica alla propria paziente per poi indirizzarla al centro di genetica per avere ulteriori informazioni. Nel contempo il centro che esegue l´analisi non può confidare che l´informazione sia data dal medico di fiducia. Su questo assunto laCassazione, sezione terza, con la sentenza 5004/2017, depositata il 28 febbraio, destinata a fare giurisprudenza e che definisce il ruolo del ginecologo e quello del laboratorio genetico, ha cassato con rinvio la decisione della Corte d´appello di Roma che aveva respinto le domande dei genitori riferiti alla nascita indesiderata della figlia.
I fatti
I genitori, in proprio e quali esercenti la potestà sulla minore affetta da ritardo del linguaggio e dislessia, convennero in giudizio il ginecologo di fiducia, il genetista nonché il laboratorio di analisi chiedendo un risarcimento di 13 milioni di euro.
In ragione della consanguineità esistente all´interno della famiglia del marito, il ginecologo fece eseguire alla madre l´analisi del liquido amniotico (amniocentesi). Dall´esame risultò che il feto presentava un´alterazione cromosomica ("trisomia X"). Il ginecologo si limitò a comunicare alla madre l´esistenza del suo diritto di abortire, cosa che la donna non attuò. Il Tribunale di Roma rigettò la domanda riferita alla minore e condannò i tre convenuti principali in solido a risarcire il danno in favore della madre, nella misura complessiva di euro 33mila, e in favore del padre nella misura di euro 28mila circa. In sede d´appello, la Corte d´appello annullò la sentenza ritenendo che i sanitari avessero correttamente assolto agli obblighi informativi. Tesi respinte dalla Cassazione, che coglie l´opportunità di indicare una linea guida da seguire per il consenso perfetto.
I professionisti non possono fare a "scaricabarile"
I professionisti coinvolti in un percorso clinico non possono confidare che qualcun altro fornisca al paziente le informazioni necessarie alla scelta consapevole.
In un giudizio di risarcimento del danno per violazione del diritto al compimento di una scelta consapevole, l´accertamento va fatto con valutazione ex ante, ovvero sulla base delle informazioni delle quali avrebbe potuto disporre la madre prima della nascita, al momento di scegliere se interrompere o meno la gravidanza, e non con valutazione ex post, sulla base della situazione concreta del nato.
Tuttavia, questo tipo di accertamento presuppone che il genitore che agisce abbia soddisfatto l´onere probatorio a suo carico (che può assolvere anche facendo ricorso alle presunzioni), che la madre avrebbe esercitato la facoltà di interrompere la gravidanza ove fosse stata informata, mentre grava sul medico la prova contraria, ovvero che la partoriente, per le sue convinzioni morali o religiose o altro, ove messa di fronte alla scelta dell´aborto perché correttamente informata, in ogni caso avrebbe scelto di non abortire. Si tratta dell´accertamento in fatto che, nella fattispecie, il giudice di merito dovrà rinnovare.
Gli obblighi del ginecologo
Qualora la gestante o anche il ginecologo abbiano richiesto un esame specialistico atto a far emergere l´esistenza di alterazioni cromosomiche o altre anomalie del feto, il compito del professionista di fiducia non si esaurisce nell´indicare alla paziente la presenza della alterazione, ma esso è necessariamente comprensivo, in particolare ove gli sia stato richiesto, di un approfondimento in ordine alle conseguenze di tale alterazione, alle percentuali di verificabilità, alle alterazioni della qualità della vita dei genitori e del nascituro ipotizzabili, alla riconducibilità di tali possibili conseguenze a una scelta abortiva libera o alla indicazione se esse comportino rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro che possano determinare un grave pericolo per la salute psichica o fisica della donna, tali da legittimare una interruzione della gravidanza oltre i primi novanta giorni (ex articolo 6 della legge 194/1978).
Ne consegue che il comportamento dello specialista di fiducia-ginecologo che a fronte di una, per quanto rara, alterazione rinvii per più dettagliate informazioni la paziente non a uno specialista dell´alterazione stessa proprio con la finalità di fornire alla donna un´informazione di maggior competenza dopo la propria informazione generale sulle ricadute della alterazione cromosomica, ma come avvenuto in questo caso a soggetto non maggiormente specializzato e neppure legato alla paziente da un pregresso rapporto fiduciario, come il laboratorio di analisi, non integra un idoneo assolvimento dei doveri di informazione e non libera il professionista della sua responsabilità per mancata formazione di un consenso informato.
Gli obblighi del laboratorio di genetica
Quanto alla posizione del laboratorio di analisi e del genetista che abbiano riscontrato la presenza di un´anomalia genetica, a loro volta non possono ritenersi assolti dai doveri di informazione qualora si siano limitati, a reindirizzare la donna al ginecologo di fiducia opponendo di aver terminato il proprio compito.
Il compito del laboratorio specialistico di diagnostica e del genetista non si arresta alla verifica della esistenza della anomalia, ma, a specifica richiesta della paziente, deve soddisfare le sue richieste di informazioni anche in relazione alle più probabili conseguenze di tali anomalie.
Avv. Paola Ferrari
Fonte: Sole24Ore 7.3.17

 

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