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Riferimenti normativi: Art.1130 cod. civ.- Artt.612 bis - 659 - 660 cod. pen.
Focus: Il condominio è il luogo in cui spesso i rapporti di buon vicinato cedono il passo a comportamenti che rendono la convivenza insopportabile. Può trattarsi di semplici dissidi e conflitti verbali ma anche di una serie di molestie consistenti nel provocare rumore notturno, far gocciolare acqua dal balcone del piano superiore a quello sottostante, gettare acqua sporca sui balconi dei condòmini, cicche di sigarette, sottrarre la posta nella cassetta delle lettere ecc., cioè atteggiamenti che generano un fondato timore per l'incolumità personale e che sconfinano nello stalking condominiale quando le molestie sono ripetute nel tempo e tali da creare uno stato di timore o ansia.
Principi generali: In ambito condominiale, secondo il buon senso e la giurisprudenza, dovrebbero sussistere rapporti di buon vicinato derivanti dal fatto di condividere la proprietà di alcuni beni (le scale, il cortile, l'androne, ecc) e ci si dovrebbe astenere da comportamenti che possano turbare la tranquillità e la quiete. Invece, i fatti di cronaca evidenziano sempre più atti di intolleranza di varia natura sui quali ci si chiede se l'amministratore di condominio ha l'obbligo di intervenire. Ebbene la legge non prevede alcuna prerogativa e incombenza in capo all'amministratore di condominio che ricomprenda direttamente l'obbligo di gestire o intervenire nelle liti tra vicini, eccezion fatta nei casi in cui le intemperanze di uno dei comproprietari creino danno o pericolo di danno per le cose comuni e nel caso in cui il regolamento di origine contrattuale vieti espressamente determinate condotte.
Solo in queste circostanze, ai sensi dell'art. 1130, primo comma nn. 1 e 2, c.c., l'amministratore è tenuto ad intervenire, agendo anche per le vie legali, al fine di ottenerne il rispetto. In assenza delle due condizioni citate l'amministratore, se è richiesto il suo intervento, può rispondere che non è in suo potere intervenire. Dall'intensità e dalla frequenza dei comportamenti molesti, come vedremo di seguito, dipende, comunque, la possibilità di difendersi dai vicini chiedendo in giudizio il risarcimento del danno patito, fatta eccezione per danni di poco valore o dettati da questioni di mero principio.
Rumori molesti e normale tollerabilità: Quando i rumori, che si propagano sia all'interno che all'esterno del condominio, posso definirsi molesti? Ciò che determina la molestia è il superamento della soglia di normale tollerabilità del rumore. Il concetto di normale tollerabilità non è definito dal legislatore ma è solo menzionato nell'art.844 c.c. che recita: "il proprietario di un immobile non può impedire i rumori che provengono dal fondo e/o abitazione del vicino, se questi non superano la normale tollerabilità". Ci si è chiesti, dunque, quando si può parlare di intollerabilità del rumore e come essa può essere misurata perché si possa configurare come un illecito nocivo per la salute umana e su questo aspetto le precisazioni sono giunte dai giudici della Corte Suprema.
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n.6867/2018 emessa in una controversia tra due condòmini per il risarcimento del danno nei confronti degli inquilini del piano sovrastante a causa dei rumori molesti provenienti dal loro appartamento, si è pronunciata precisando " che in tema di immissioni la soglia della normale tollerabilità può essere accertata non solo facendo ricorso a mezzi di prova di natura tecnica, posto che solo un esperto è in grado di accertare l'intensità dei suoni e delle immissioni di gas e fumo, ma anche acquisendo prove testimoniali". Oltre ad essere nocivi per la salute i rumori possono sconfinare nel reato di disturbo della quiete pubblica di cui all'art.659 c.p. come nel caso in cui la Corte di Cass., III sez. pen., con sent. n.38973 del 2017, ha riconosciuto fondato il diritto al risarcimento del danno ai condòmini nella controversia contro una vicina rumorosa che di notte disturbava battendo zoccoli o stivali sul pavimento, con musica ad alto volume e rumori di tavoli e sedie spostati, a fronte del reato ascrittole di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. Sempre la Corte Suprema, III sez. pen., con la recente sent. n. 9361/2018 dell'1/3/2018 si è pronunciata in un caso di urla e schiamazzi notturni, con rottura di vetri, prodotti da un condòmino e percepiti sia all'interno che all'esterno del condominio, precisando che, per l'accertamento del disturbo della quiete pubblica (art.659 c.p.) non sempre è necessaria la verifica strumentale del superamento della normale tollerabilità tramite perizia o consulenza tecnica. Perché si perfezioni la fattispecie criminosa del disturbo della pubblica quiete il giudice può fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori molesti.
Dalle molestie agli atti persecutori nel condominio. Talvolta le molestie condominiali si concretizzano in dispetti frequenti che possono costare una condanna penale, come ad esempio pulire il pianerottolo e la parte di scale dell'edificio di pertinenza con detersivi che causano allergia alla vicina, specie se ciò è fatto per vendicarsi di vecchi rancori risalenti a una lite arrivata in tribunale. Ed è così che la Cassazione penale con la sentenza 39197/13, relativamente ad un accadimento frequente, ha condannato il condòmino colpevole all'ammenda di 100 euro, oltre al pagamento di mille euro alla cassa delle ammende e delle spese processuali alla parte civile. Altre volte è stato condannato (Suprema Corte, III sez.pen.,sent. n.16459/2013) il comportamento di un condòmino consistente nel getto pericoloso di cose, atte a offendere o imbrattare o molestare persone ex art. 674 c.p buttando nell'appartamento del piano sottostante rifiuti, cenere, cicche di sigarette nonché candeggina o nel caso di acqua mista a terriccio che fuoriesce dai vasi e cade sul balcone o comunque sull'abitazione del vicino ( Cass. sent.n. 15956 del 10/04/2014). Quando le molestie sono continue può essere contestato ai condòmini il reato contravvenzionale di molestie continuate ex artt. 81 e 660 c.p., come il caso, sollevato dinanzi ai giudici di legittimità, di una coppia di coniugi condannata perché, a causa di precedenti dissapori con il sottostante titolare di un panificio, aveva posto in essere atti di disturbo alle normali attività del negozio versando grandi quantità di acqua dal piano soprastante da loro abitato davanti all'entrata del panificio, spesso proprio quando giungevano clienti. La coppia, inoltre, aveva costretto il negoziante a subire altre molestie, quali il getto di foglie, rami e altri materiali di scarto in prossimità dell'entrata del panificio, così da diminuirne l'immagine, il decoro e l'igiene (Cass. pen., sez. I, 14 febbraio–14 marzo 2013, n. 11998).
Stessa condanna per molestie continuate è stata irrogata ad un condòmino che in più occasioni ha arrecato molestie ad altra coppia di coniugi, suoi vicini di casa, per aver scrutato in continuazione all'interno del loro appartamento da un terrazzo posto a brevissima distanza attraverso cinque finestre prospicienti su detto terrazzo, costringendo in tal modo le parti offese a tirare i tendaggi ed ad accendere la luce anche in pieno giorno per proteggersi dalla sua intrusione. A ciò si aggiungevano le molestie reiterate, nei confronti delle parti offese, attraverso gesti con la bocca e con le mani a titolo beffardo e apostrofando la coppia con frasi irridenti, sghignazzi e fischi, quando la incontrava sulle scale dell'edificio ovvero sulla pubblica via (Cass. pen., sez. I, 8 marzo-15 aprile 2011, n. 15450,Cass. pen.,sez. III, 7 febbraio–11 aprile 2013, n. 16459).
Stalking condominiale: Si verifica quando le azioni persecutorie sono reiterate con modalità tali da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto. Lo stalking influisce sull'emotività della vittima come nel caso in cui era abitudine del molestatore di rincorrere, chiudere in ascensore e minacciare di morte ogni condòmina incontrata nel palazzo. Si tratta di una fattispecie di reato non sufficientemente determinata dal legislatore pur collocandosi nell'ambito dell'art.612 bis c.p. per cui è lasciata alla discrezionalità dei giudici delinearne i confini. Anche se la Suprema Corte ritiene che sono sufficienti due soli episodi di minaccia o molestia ad integrare il reato dall'612 bis c.p. "che punisce chiunque abbia indotto un perdurante stato di ansia o di paura nella vittima, che si sia vista costretta a modificare le proprie abitudini di vita "(Cass. sentenza 12477/2017 ).
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Il mio nome è Carmela Patrizia Spadaro. Esercito la professione di Avvocato nel Foro di Catania. Sin dal 1990 mi sono occupata di diritto tributario formandomi presso la Scuola Tributaria "Ezio Vanoni" - sez.staccata di Torino.. Sono anche mediatore iscritta all'Albo della Camera di mediazione e conciliazione del Tribunale di Catania dal 2013. Da alcuni anni mi occupo di volontariato per la tutela dei diritti del malato. Nel tempo libero coltivo I miei hobbies di fotografia e pittura ad olio.