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Con decreto dello scorso 23 aprile, la sezione lavoro del Tribunale di Bologna ha accolto la richiesta di una lavoratrice, invalida e madre di una bambina disabile in condizione di gravità, volta ad ottenere lo smart working durante il periodo di emergenza sanitaria legata al Coronavirus, così ritenendo illegittimo il diniego operato dal datore di lavoro.
Il Tribunale ha ordinato all'impresa di assegnare immediatamente alla ricorrente una modalità di lavoro agile, dotandola degli strumenti necessari o concordando l'uso di quelli personali, precisando che sussiste il fondato timore di ritenere che lo svolgimento della attività di lavoro in modalità ordinarie, uscendo da casa per recarsi al lavoro, possa esporre la ricorrente, durante il tempo occorrente per una pronuncia di merito, al rischio di un pregiudizio imminente ed irreparabile per la salute sua e della figlia convivente.
Il caso sottoposto all'attenzione del Tribunale prende avvio con il deposito di un ricorso cautelare da parte di una lavoratrice, la quale deduceva di aver richiesto, all'azienda presso la quale lavorava, di poter usufruire della formula lavorativa in Smart Working durante periodo di emergenza Covid; a tal fine aveva allegato la certificazione sia del suo stato di invalidità in misura del 60% sia della figlia disabile nelle condizioni di cui all'art. 3, comma 3, della legge 104/92.
Nonostante le richieste della lavoratrice, la società – pur rispondendo che avrebbe esaminato la sua istanza – di fatto, dopo un periodo di cassa integrazione, disponeva il rientro sul luogo di lavoro della ricorrente, utilizzando la modalità smart working per taluni suoi colleghi.
Tale comportamento costringeva la donna a rivolgersi al Tribunale di Bologna.
Il Tribunale accoglie la domanda del ricorrente, ritenendo sussistente i presupposti per l'emissione dell'invocato decreto cautelare, che viene adottato in via urgente, inaudita altera parte, poiché la convocazione preventiva della controparte avrebbe pregiudicato l'attuazione del provvedimento che, per essere efficace, deve essere necessariamente immediata.
Il Tribunale richiama la legislazione emergenziale adottata nelle settimane scorse, ricordando che nell'attuale situazione di emergenza sanitaria il lavoro da casa è raccomandato o imposto: l'art. 1, comma 7, del DPCM 3.3.2020 raccomanda il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza, mentre l'articolo 4 del DPCM dell'1.3.2020 specifica che la modalità di lavoro agile può essere applicata, per la durata dello stato di emergenza, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato.
Con specifico riferimento alla condizione dei lavoratori disabili, l'articolo 39 del decreto Cura Italia ha disposto che fino alla data del 30 aprile 2020 (oggi prorogato fino al 31 luglio), i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di gravità di cui all'articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione; ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell'accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile.
Così delineato il quadro normativo, il giudice evidenzia come, nel caso di specie, ricorrano sia i presupposti del fumus bonis iuris che del periculum in mora.
In relazione al fumus bonis iuris, appare evidente come la ricorrente, invalida al 60%, convivente con figlia con handicap grave, abbia diritto, ai sensi dell'art. 39, del D.L. n. 18 del 17.3.2020 ad accedere allo smart working disciplinato dagli articoli da 18 a 23 della L. 81/2017, vieppiù perché ha effettuato tempestiva richiesta, rimasta inopportunamente senza risposta, sebbene il lavoro di contabile dalla stessa svolto fosse compatibile con la modalità agile, ben potendo svolgere mansioni con l'utilizzo del telefono e di strumenti informatici.
In relazione al periculum in mora, il Tribunale evidenzia come le condizioni di salute della ricorrente, che peraltro convive con una figlia con handicap grave accertato e documentato, rendono altamente pericoloso qualsiasi spostamento, in quanto sia lei che la figlia sono due soggetti gravemente esposti al rischio di contagio, anche in forma grave; inoltre sussiste il fondato timore di ritenere che lo svolgimento della attività di lavoro in modalità ordinarie, uscendo da casa per recarsi al lavoro, possa esporre la ricorrente, durante il tempo occorrente per una pronuncia di merito, al rischio di un pregiudizio imminente ed irreparabile per la salute sua e della figlia convivente.
In ragione di tanto, il Tribunale ordina al datore di lavoro di procedere immediatamente, dalla comunicazione del provvedimento, ad assegnare la ricorrente a modalità di lavoro agile Smart Working, dotandola degli strumenti necessari o concordando l'uso di quelli personali, assegnando alla parte il termine per l'instaurazione del giudizio di merito.
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Esercito la professione forense nel Foro di Bari, occupandomi prevalentemente di diritto civile ( responsabilità contrattuale e extracontrattuale, responsabilità professionale e diritto dei consumatori); fornisco consulenza specialistica anche in materia penale, con applicazione nelle strategie difensive della formula BARD.