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Idoneo fisicamente, licenziato, Cassazione annulla: "Datore deve provare impossibilità diversa utilizzazione"

Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 18594/16, depositata il 22 settembre nel caso del licenziamento irrogato ad un dipendente per giustificato motivo oggettivo, dalla Società presso la quale lavorava, a causa di sopravvenuta inidoneità fisica.
Nel caso "de quo" veniva dichiarata dalla Corte d´Appello chiamata a decidere sulla questione, l´illegittimità del licenziamento intimato dalla società il 17 ottobre 2007, condannandosi la cooperativa a reintegrare la ricorrente "nel posto di lavoro in precedenza occupato, con attribuzione di mansioni compatibili con il suo stato di salute" ed a corrispondere alla lavoratrice, a titolo di risarcimento del danno, le retribuzioni maturate dalla data del recesso sino a quella della effettiva reintegra.
Avverso tale Sentenza la Società ha proposto, invano, ricorso in Cassazione.
I Supremi Giudici hanno infatti confermato l´illegittimità del licenziamento con conseguente reintegra del ricorrente.
Infatti, questi ultimi si sono conformati ad un loro costante precedente orientamento affermando che la sopravvenuta infermità permanente e la conseguente impossibilità della prestazione lavorativa possono giustificare oggettivamente il recesso del datore di lavoro dal rapporto di lavoro subordinato, ai sensi della L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 3 (normativa specifica in relazione a quella generale dei contratti sinallagmatici di cui agli artt. 1453, 1455, 1463 e 1464 c.c.), a condizione che risulti ineseguibile l´attività svolta in concreto dal prestatore e che non sia possibile assegnare il lavoratore a mansioni equivalenti ai sensi dell´art. 2103 c.c. ed eventualmente inferiori, in difetto di altre soluzioni.
È stato evidenziato, al riguardo, dal Supremo Collegio, che, nell´ipotesi di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore, il giustificato motivo oggettivo consiste non soltanto nella fisica inidoneità del lavoratore all´attività attuale, ma anche nell´inesistenza in azienda di altre attività (anche diverse, ed eventualmente inferiori) compatibili con lo stato di salute del lavoratore ed a quest´ultimo attribuibili senza alterare l´organizzazione produttiva, onde spetta al datore di lavoro convenuto in giudizio dal lavoratore in sede di impugnativa del licenziamento fornire la prova delle attività svolte in azienda, e della relativa inidoneità fisica del lavoratore o dell´impossibilità di adibirlo ad esse per ragioni di organizzazione tecnico - produttiva, fermo restando che, nel bilanciamento di interessi costituzionalmente protetti (artt. 4, 32 e 36 Cost.), non può pretendersi che il datore di lavoro, per ricollocare il dipendente non più fisicamente idoneo, proceda a modifiche delle scelte organizzative escludendo, da talune posizioni lavorative, le attività incompatibili con le condizioni di salute del lavoratore.
A detti principi di diritto, hanno precisato gli Ermellini, si è correttamente attenuta la Corte territoriale, la quale ha accolto la domanda evidenziando che nell´atto introduttivo del ricorso di primo grado la ricorrente, pur non contestando la inidoneità alle mansioni per le quali era stata assunta, aveva allegato di essere in possesso della professionalità necessaria per svolgere attività di natura impiegatizia presso il Centro Anziani di (OMISSIS) o presso i centri di aggregazione giovanile. La Corte ha pertanto escluso che la società abbia assolto all´onere della prova sulla stessa gravante.
La Suprema Corte alla luce di quanto detto ed evidenziato ha rigettato il ricorso proposto dalla Società datrice di lavoro.
Sentenza allegata

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