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Lesione di un diritto assoluto della persona, azione risarcitoria non è imprescrittibile

Lo ha dichiarato la Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con Sentenza 8 aprile 2016 n. 6833.
S.F. aveva impugnato la sentenza del Tribunale di Venezia con la quale era stata rigettata, per intervenuta prescrizione (vertendosi in tema di illecito extracontrattuale da asserito illecito endofamiliare), la domanda di risarcimento dei danni da lui patiti a seguito della scoperta delle cartelle cliniche relative a due suoi ricoveri presso i servizi psichiatrici dell´ospedale di Venezia, risalenti al 1974 ed al 1980, dovuti ad ingiustificate e pressanti richieste da parte del padre F. (deceduto nelle more del giudizio).
La Corte di appello di Venezia, investita dell´impugnazione proposta dall´attore, l´aveva rigettata.
Per la cassazione della sentenza della Corte veneziana, proponeva ricorso la parte soccombente sulla base di 3 motivi di censura.
Il ricorso è stato però rigettato dalla Corte.
Richiamando la propria giurisprudenza, la Sezione ha infatti premesso che la violazione di un diritto assoluto (quale la vita, la libertà, la salute, la dignità e l´integrità morale della persona), che costituisca la causa petendi di un´azione risarcitoria, non trasforma, per una sorta di traslazione contenutistica, il conseguente diritto al risarcimento del danno in un diritto imprescrittibile, restando quest´ultimo collocato tout court nell´area dell´illecito aquiliano, disciplinato in via generale dalla regola prescrizionale di cui all´art. 2947 c.c., qual che sia il fatto illecito che abbia cagionato il danno, qual che sia il diritto inciso dalla condotta illecita del danneggiante, come affermato dalle stesse sezioni unite di questa Corte in tema di risarcimento del danno alla salute da trasfusione di sangue infetto (Cass. ss.uu. 577/2008).
La Corte non ha neppure riconosciuto la fondatezza della tesi sostenuta dal ricorrente con il secondo motivo di censura, predicativa di una sorta di indefinita permanenza dell´illecito contestato al padre dello S., poichè con essa inammissibilmente si confonde il momento della consumazione dell´illecito (di carattere evidentemente istantaneo, e già di per se produttivo di effetti ipoteticamente dannosi) con quello della permanenza dei suoi effetti (e delle conseguenze dannose risarcibili), onde l´inconferenza del richiamo al principio della decorrenza della prescrizione dal momento della percezione o percepibilità esterna della illiceità della condotta.
Da qui il rigetto.
Segue testo Sentenza
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta - Presidente -

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - rel. Consigliere -

Dott. SCRIMA Antonietta - Consigliere -

Dott. VINCENTI Enzo - Consigliere -

Dott. ROSSETTI Marco - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24588-2012 proposto da:

S.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA T. SALVINI 55, presso lo studio dell´avvocato CARLO D´ERRICO, che lo rappresenta e difende unitamente all´avvocato PAOLO BURLINETTO giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

S.A., S.M., S.E., S. R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 11, presso lo studio dell´avvocato PAOLO STELLA RICHTER, che li rappresenta e difende unitamente all´avvocato ZENO FORLATI giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 1512/2012 della CORTE D´APPELLO di VENEZIA, depositata il 28/06/2012 R.G.N. 1033/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/07/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l´Avvocato CARLO D´ERRICO;

udito l´Avvocato ZENO FORLATI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

S.F. impugnò la sentenza del Tribunale di Venezia con la quale era stata rigettata, per intervenuta prescrizione (vertendosi in tema di illecito extracontrattuale da asserito illecito endofamiliare), la domanda di risarcimento dei danni da lui patiti a seguito della scoperta delle cartelle cliniche relative a due suoi ricoveri presso i servizi psichiatrici dell´ospedale di Venezia, risalenti al 1974 ed al 1980, dovuti ad ingiustificate e pressanti richieste da parte del padre F. (deceduto nelle more del giudizio).

La corte di appello di Venezia, investita dell´impugnazione proposta dall´attore, la rigettò.

Per la cassazione della sentenza della Corte lagunare S. F. ha proposto ricorso sulla base di 3 motivi di censura.

Resistono con controricorso gli eredi di S.F..

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare delle norme e dei principi in tema di qualificazione e/o definizione dei diritti azionati dall´attore in correlazione all´art. 2043 c.c. e all´art. 2059 c.c. con particolare riferimento agli artt. 2 e ss. Cost.. Loro qualificazione quali diritti soggettivi pieni e conseguente loro imprescrittibilità.

Con il secondo motivo, si denuncia insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia: il mancato riconoscimento della permanenza dell´illecito subito dal ricorrente.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, attesane la intrinseca connessione, sono manifestamente infondati.

E´ insegnamento consolidato di questa Corte regolatrice quello secondo il quale la violazione di un diritto assoluto (quale la vita, la libertà, la salute, la dignità e l´integrità morale della persona), che costituisca la causa petendi di un´azione risarcitoria, non trasforma, per una sorta di traslazione contenutistica (come pare auspicare l´odierno ricorrente), il conseguente diritto al risarcimento del danno in un diritto imprescrittibile, restando quest´ultimo collocato tout court nell´area dell´illecito aquiliano, disciplinato in via generale dalla regola prescrizionale di cui all´art. 2947 c.c., qual che sia il fatto illecito che abbia cagionato il danno, qual che sia il diritto inciso dalla condotta illecita del danneggiante, come affermato dalle stesse sezioni unite di questa Corte in tema di risarcimento del danno alla salute da trasfusione di sangue infetto (Cass. ss.uu. 577/2008).

Nè maggior pregio può riconoscersi alla tesi sostenuta dal ricorrente con il secondo motivo di censura, predicativa di una sorta di indefinita permanenza dell´illecito contestato al padre dello S., poichè con essa inammissibilmente si confonde il momento della consumazione dell´illecito (di carattere evidentemente istantaneo, e già di per se produttivo di effetti ipoteticamente dannosi) con quello della permanenza dei suoi effetti (e delle conseguenze dannose risarcibili), onde l´inconferenza del richiamo al principio della decorrenza della prescrizione dal momento della percezione o percepibilità esterna della illiceità della condotta.

Con il terzo notino, si denuncia insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia: sull´interruzione della prescrizione ai sensi dell´art. 2944 c.c. a seguito del valore confessorio dello scritto autografo del 2.3.2007.

Il motivo non ha giuridico fondamento.

La lettera inviata dal padre all´odierno ricorrente, con la quale quest´ultimo dichiara di sentirsi responsabile dei ricoveri e del conseguente male derivatone a suo figlio, a tacer d´altro (e cioè della assoluta impredicabilità di una sua efficacia interruttiva della prescrizione) risale ad epoca in cui la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno era già ampiamente maturata.

Il ricorso è pertanto rigettato.

Le spese del giudizio possono essere compensate in questa sede, stante la qualità personale delle parti in giudizio e la assoluta peculiarità ed eccezionalità del caso trattato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 16 luglio 2015.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2016

 

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