Sull´argomento si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 19922/16, depositata in data 5 ottobre.
Il pronunciamento della Corte di legittimità ha tratto spunto da una vicenda culminata nella sentenza con cui la Corte di appello di Venezia aveva parzialmente accolto il reclamo proposto dalla società (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Padova che, a propria volta, aveva accolto l´opposizione di un lavoratore di una ditta di vigilanza diretta alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimatogli per giusta causa per insussistenza dei fatti, ordinandone la reintegrazione nel posto dl lavoro nonchè il pagamento delle retribuzioni non percepite.
L´ addebito mosso al lavoratore consisteva nell´accusa di avere registrato nel rapporto di giro alcune ispezioni che, in realtà, non erano state da lui effettuate perché il veicolo risultava altrove nell´orario indicato come rilevato dal sistema satellitare gps installato nella vettura; in altri casi era stata punzonata una sola posizione mentre i punti da controllare erano più di uno.
Per la cassazione di tale decisione proponeva ricorso la Ditta, mentre resisteva controparte con ricorso.
I Supremi Giudici chiamati a pronunciarsi sull´accaduto si sono trovati a snodare due nodi gorghiani in ordine alle presunte non conformità di petitum e causa petendi ed alla liceità o meno del licenziamento irrogato sulle risultanze del controllo a distanza operato nei confronti del lavoratore nell´ambito di applicabilità dell´art. 4 L. n. 300/70.
Secondo il Supremo Collegio, non poteva esser ritenuta fondata la doglianza relativa alla alterazione degli elementi identificativi del petitum e della causa petendi emergendo dalla sentenza impugnata che i fatti e le richieste erano stati specificati dal ricorrente e che quindi ben poteva la domanda essere interpretata e qualificata dal Giudice rapportandola ad una delle ipotesi previste all´art. 18, come novellato nel 2012.
In ordine poi all´applicabilità dell´articolo 4 della Legge n. 300 del 1970, la Corte rileva che le indagini predisposte non avevano carattere difensivo.
In primo luogo perché il sistema di controllo attraverso gps istallato sulle vetture in uso ai dipendenti della Ditta era stato predisposto ex ante ed in via generale ben prima che si potessero avere sospetti su una eventuale violazione da parte del lavoratore licenziato ; si trattava invece di un meccanismo generalizzato di controllo, come emergeva anche dal ricorso, che unitamente al sistema patrol manager era in uso nell´azienda indipendentemente da sospetti o reclami di clienti; i sindacati avevano autorizzato tale sistema per ragioni di sicurezza in quanto richiesto dalla Questura di Rovigo presumibilmente anche nell´Interesse dell´incolumità dei lavoratori, ma si era escluso che lo stesso potesse essere utilizzato per controllare la loro attività lavorativa. In secondo luogo, il supremo Collegio si è richiamato al principio già affermato secondo il quale "l´effettività del divieto di controllo a distanza dell´attività dei lavoratori richiede che anche per in cosidetti controlli difensivi trovino applicazione le garanzie dell´art. 4 secondo comma legge n 300/70; ne consegue che, se per l´esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati come prove"
Per le ragioni su esposte la Corte ha rigettato il ricorso principale.
Sentenza allegata