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Lecito prostituirsi ma contrasto a "papponi" non contrasta con Carta: Consulta rigetta tesi dei giudici baresi

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La Corte costituzionale, riunita in camera di consiglio, ha deciso le questioni sulla legge Merlin sollevate dalla Corte d'appello di Bari e discusse nell'udienza pubblica del 5 febbraio 2019. 

In attesa del deposito della sentenza, l'Ufficio stampa della Corte fa sapere che le questioni di legittimità costituzionale riguardanti il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione, puniti dalla legge Merlin, sono state dichiarate non fondate. 

Le questioni erano state sollevate con specifico riferimento all'attività di prostituzione liberamente e consapevolmente esercitata dalle cosiddette escort. 

I giudici baresi sostenevano, in particolare, che la prostituzione è un'espressione della libertà sessuale tutelata dalla Costituzione e che, pertanto, punire chi svolge un'attività di intermediazione tra prostituta e cliente o di favoreggiamento della prostituzione equivarebbe a compromettere l'esercizio tanto della libertà sessuale quanto della libertà di iniziativa economica della prostituta, colpendo condotte di terzi non lesive di alcun bene giuridico.

La Corte costituzionale ha ritenuto che non è in contrasto con la Costituzione la scelta di politica criminale operata con la legge Merlin, quella cioè di configurare la prostituzione come un'attività in sé lecita ma al tempo stesso di punire tutte le condotte di terzi che la agevolino o la sfruttino. 

Inoltre, la Corte ha ritenuto che il reato di favoreggiamento della prostituzione non contrasta con il principio di determinatezza e tassatività della fattispecie penale.

La questione rimessa alla Corte Costituzionale e così decisa, era stata sollevata dai giudici di Bari nell'ambito del processo a carico di Tarantini, per le modelle che erano state portate nella residenza del premier Silvio Berlusconi.

In attesa che la Corte Costituzionale si pronunci sulla questione, a Bari era stato sospeso il processo d'appello nei confronti dei quattro imputati già condannati in primo grado per reclutamento e favoreggiamento della prostituzione a pene fino ai 7 anni e 10 mesi di reclusione: Gianpaolo Tarantini, che portò 26 giovani donne affinché si prostituissero al leader di Forza Italia, Sabina Began, 'l'ape regina' dei party berlusconiani, Massimiliano Verdoscia e il pr milanese Peter Faraone, entrambi amici di 'Gianpi'.

 

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