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Lavoro intermittente, disposizioni statali discriminatorie ? Soluzione a Corte Giustizia U.E.

Lo ha stabilito la Quarta Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con Ordinanza interlocutoria n. 3982 del 29/02/2016 (allegata).
La Suprema Corte, con l´ordinanza in questione, ha rimesso alla Corte di Giustizia il quesito riguardante la sussistenza o meno di un contrasto tra le norme statali disciplinanti il contratto di lavoro ad intermittenza e i principi del diritto comunitario (Direttiva 2000/78; Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea, art. 21, n. 1) ritenendo plausibile che le prime possano risultare discriminatorie riguardo l´età del lavoratore.
La questione rimessa alla Corte comunitaria è sostanzialmente la corretta interpretazione di tale principio di non discriminazione rispetto alla disposizione nazionale (Legge csd. "Biagi" D.Lgs. n. 276/2003, odiernamente recepita nel decreto Lgs. n. 81/2015 di attuazione del Jobs act) che stabilisce che il contratto ad intermittenza possa utilizzarsi per prestazioni rese da lavoratori di età minore ai venticinque anni.
Il fatto
In riforma della pronuncia del giudice di prime cure, la Corte di Appello accoglieva la domanda di un lavoratore, dipendente da una nota ditta operante nel terziario e condannava quest´ultima, dichiarato intercorrente tra le parti un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, alla riammissione nei propri organici dell´appellante e al risarcimento dei danni da questi patiti.
Secondo la Corte territoriale, la procedura di cui all´art. 28, D.Lgs. n. 150/2011 non poteva ritenersi abrogata dallo jus superveniens per cui era legittima l´azione esperita dal dipendente ai sensi dell´art. 28, anche alla luce del richiamo dell´art. 18 dello Statuto dei lavoratori in direzione della richiesta cessazione della condotta discriminatrice.
La Corte d’appello riteneva contrario al diritto comunitario il licenziamento intimato al ricorrente, che medio tempore aveva raggiunto il venticinquesimo anno di età. In particolare, ritenendo essere violati i principi impressi nella direttiva 2000/78/CE dato che l´art. 34, D.Lgs. n. 276 del 2003 "trovava fondamento esclusivamente sull´età senza alcuna altra specificazione non essendo richiamata alcuna ulteriore condizione soggettiva del lavoratore e non avendo esplicitamente finalizzato tale scelta ad alcun obiettivo individuabile".
La parte datoriale proponeva quindi ricorso avanti la Suprema Corte, chiedendo principaliter la cassazione nel merito della sentenza e, in linea subordinata, la rimessione della questione alla Corte di giustizia.
L´ordinanza della Cassazione
La Cassazione ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale se la normativa nazionale di cui all´art. 34 del D.Lgs. n. 276 del 2003, secondo la quale il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni di età, sia contraria al principio di non discriminazione in base all´età, di cui alla Direttiva 2000/78 e alla Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea (art. 21, n. 1).
Osservando, in proposito, che l´art. 6, n. 1, 1° comma, della Direttiva 2000/78 stabilisce che non sussiste alcuna disparità di trattamento in base all´età se nell´ambito del diritto nazionale sussista una finalità legittima e se gli strumenti per conseguire tale finalità siano appropriati e necessari (sentenza 19 gennaio 2010, causa C-555/07 Kucukdeveci, punto 33).
Mentre, secondo la Corte, l´articolazione letterale dell´art. 34 del D.Lgs. n. 276 del 2003 non conterrebbe alcuna ragione rilevante ex art. 6, n. 1, primo comma, della Direttiva 2000/78.

 

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