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Lavori sulla facciata rallentati dalla condotta di un condòmino. Il condòmino deve risarcire i danni al condomìnio?

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Riferimenti normativi: Art.928 c.c.- Art.2230 c.c.

Focus: Se un condomìnio delibera lavori di ripristino di una facciata condominiale ed un condòmino rallenta i lavori con il suo comportamento, ostacolando il transito degli operai e dei mezzi necessari, la compagine condominiale può chiedere la condanna del condòmino al risarcimento danni? La questione è stata affrontata dal Tribunale di Napoli con sentenza n. 7587/2022, pubblicata l'1agosto 2022.

Il caso: Il Condomìnio, nel caso di specie, aveva commissionato ad un'impresa edile lavori di ripristino di una facciata di un muro condominiale. La ditta, per accedere alla zona di esecuzione dei lavori, doveva attraversare un cancello di pertinenza di un condòmino. Quest'ultimo, però, aveva apposto un lucchetto al cancello di accesso, spogliando così il condomìnio della servitù di passaggio vantato sull'accesso carrabile attraverso il quale gli operai sarebbero dovuti transitare, unitamente ai mezzi necessari, per eseguire alcuni lavori sulla facciata condominiale. Il condomìnio, ricorrendo ad un giudizio possessorio, aveva ottenuto l'ordine di rimozione del lucchetto e la condanna del condòmino al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 1.680,00 oltre accessori di legge. Quest'ultimo, però, dopo aver eseguito l'ordine del giudice aveva nuovamente inibito il passaggio, apponendo il lucchetto e causando il rallentamento delle operazioni e, quindi, un maggior costo degli stessi (prolungamento del nolo dell'elevatore ragno, ecc.). Pertanto, il Condomìnio lo citava nuovamente in giudizio dinanzi al Tribunale per ottenere il risarcimento di maggiori danni subiti, sia a causa dell'apposizione del lucchetto al cancello che per la corresponsione per intero, a carico del condòmino, del compenso concordato con il proprio difensore per il precedente giudizio possessorio. Infatti, nel giudizio possessorio il giudice aveva liquidato al difensore di fiducia del condomìnio un onorario minore rispetto a quello concordato con lo stesso; pertanto, il condominio chiedeva l'addebito di tale "eccedenza" al condòmino ostruzionista. 

Il condòmino/convenuto si costituiva in giudizio contestando la richiesta del condomìnio. In particolare, con riferimento ai presunti maggiori costi sopportati dal condomìnio per forzato prolungamento del nolo dell'elevatore, lo stesso riteneva la richiesta priva di ogni giustificazione logica ed economica. Al riguardo, il condòmino osservava che, a seguito di richiesta della ditta incaricata di eseguire i lavori per consentire l'uscita dell'elevatore, aveva aperto il lucchetto del cancello consentendo il transito, così come documentato dal verbale redatto nello stesso giorno dai Vigili Urbani intervenuti sul posto. Inoltre, con riferimento ai compensi richiesti dal legale al condomìnio per assistenza nel giudizio possessorio, osservava che essendo già stato condannato in tale giudizio al ristoro di spese e compensi in favore del condomìnio aveva corrisposto, a detto titolo, complessivi euro 1.883,20, in tre tranche a mezzo bonifici bancari, come documentato in atti. Il giudice ha accolto parzialmente le richieste del condomìnio/attore. Nel merito, ha riconosciuto la responsabilità del condòmino nel determinare il rallentamento dei lavori a causa del lucchetto di chiusura del cancello di accesso all'area condominiale, le cui chiavi erano nella sua esclusiva disponibilità. Infatti, poiché detto cancello era l'unico varco per la transitabilità di veicoli, e la chiusura con il lucchetto aveva impedito l'uscita degli automezzi e dell'elevatore dal condomìnio, terminato il suo utilizzo, l'uscita era stata consentita solo a seguito dell'intervento delle Forze dell'Ordine. Di conseguenza, ha condannato il convenuto al pagamento a favore del condomìnio della somma di 5.200,00 euro oltre Iva.

Invece, il Tribunale ha rigettato la richiesta attorea di pagamento del maggior onorario dell'avvocato del condomìnio ritenendo il compenso dell'avvocato del tutto svincolato dalla pronuncia emessa dal giudice, così come costantemente stabilito dalla Suprema Corte (ex multis, Cass., sent. n. 9633 del 22 aprile 2010), secondo cui la parcella che il legale concorda con il cliente può essere maggiore rispetto a quanto liquidato in sentenza, con la conseguenza che il legale ben può chiedere (in sede di preventivo) un compenso maggiore da quello che eventualmente il giudice gli riconoscerà in caso di esito vittorioso del procedimento. Ciò trova giustificazione sul contratto di prestazione d'opera che lega il cliente al legale (art. 2230 cod. civ.) in cui le parti concordemente determinano l'ammontare del corrispettivo dovuto per la prestazione effettuata. La Suprema Corte ha affermato che l'efficacia vincolante dell'accertamento giurisdizionale non produce effetto verso i terzi, estranei alla lite, che siano titolari di un rapporto giuridico autonomo e indipendente da quello oggetto del giudicato (Cass., sent. n. 10383/2017). In pratica, la pronuncia che ha deciso sulla liquidazione delle spese giudiziali è improduttiva di effetti verso l'avvocato, giacché egli non è parte del giudizio. La misura delle competenze professionali dovute dal cliente al legale non dipende dalla liquidazione contenuta nella sentenza con cui si condanna l'altra parte al pagamento delle spese e degli onorari di causa. L'obbligo del pagamento delle competenze da parte del cliente si fonda sul contratto di prestazione d'opera, e l'esubero non può essere posto a carico della parte soccombente che ha adempiuto al dettato del Giudice. Sulla base di ciò, il Tribunale di Napoli ha stabilito che nel caso di specie le maggiori competenze concordate tra il condominio e il proprio difensore, rispetto a quelle liquidate dal giudice in sede di processo possessorio, restano a carico del condominio e non possono essere riconosciute quale risarcimento del danno a causa del comportamento del convenuto. 

 

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