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SC: maltrattamenti in famiglia, quali criteri per stabilire giudice competente

I giudici della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 18175 del 24 aprile 2018, hanno stabilito che in tema di reato di maltrattamenti in famiglia, previsto dall´art. 572 del cod. pen., al fine di individuare la competenza territoriale del giudice, occorre stabilire in quale momento e in quale luogo il reato di maltrattamenti si consuma. Tale momento coincide con quello in cui le condotte poste in essere siano divenute nel loro complesso riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti
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I Fatti
Avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Palermo che confermava la sentenza del Tribunale di Agrigento che aveva condannato l´imputato alla pena di anni 2 di reclusione per il delitto di maltrattamenti in danno della convivente, veniva proposto ricorso per Cassazione.
Con il ricorso la difesa dell´imputato denunciava la violazione dell´art. 8 c.p.p., comma 1, in materia di competenza territoriale nonchè la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Deduceva che la Corte di appello aveva confermato la decisione del primo giudice, nonostante la sollevata eccezione di incompetenza territoriale da parte della difesa, modificandone la motivazione.
 
Secondo il Tribunale i fatti oggetto di distinte denunce avvenute in luoghi diversi, avvennero in continuazione e di pari gravità con conseguente radicamento della competenza nel luogo di commissione del primo reato ai sensi dell´art. 16 c.p.p.. Secondo la Corte di Appello la competenza era del giudice di Agrigento in quanto avrebbe assimilato il reato abituale al reato permanente.
La sentenza della Corte di Appello veniva inoltre impugnata per altri motivi su cui in questo commento, non ci soffermeremo.
Ragioni della decisone
Secondo i giudici di legittimità il ricorso è infondato e va rigettato. Con riferimento all´eccezione di incompetenza territoriale, nonostante risulti errato il criterio utilizzato dalla Corte territoriale, l´eccezione preliminare di incompetenza territoriale è stata giudicata infondata.
I giudici della Corte di Appello hanno errato nell´equiparare il reato abituale e il reato permanente al fine di individuare il luogo di consumazione del reato e quindi, il giudice competente. Infatti nel nel reato permanente si ha una sola azione che assume un´autonoma valenza antigiuridica fin dal suo primo momento e protraendosi nel tempo, assume la qualità di condotta permanente. Nel reato abituale si è invece in presenza di singole condotte che solo per effetto della reiterazione saranno rilevanti per la configurazione del reato, come nell´ipotesi dell´art. 572.
I giudici della Sesta Sezione affermano che " In tal caso è del tutto irrilevante giuridicamente individuare il momento iniziale della consumazione, in relazione ad una condotta di cui non può prevedersi l´inquadramento futuro, o improcedibile per mancanza di una condizione di punibilità, ma che assume rilevanza penale nella considerazione del comportamento complessivo. In tale ipotesi, il luogo del commesso reato ai fini della determinazione della competenza è quello in cui l´azione diviene complessivamente riconoscibile e qualificabile come maltrattamento, e si identifica nel luogo in cui la condotta viene consumata all´atto della presentazione della denuncia (Sez. 6, n. 52900 del 04/11/2016, Rv. 268559; Sez. 6, n. 43221 del 25/09/2013, Rv. 257461)."
Per tale motivo i giudici di legittimità hanno ritenuto corretta la valutazione del giudice di primo grado, atteso che, contrariamente alla prospettazione difensiva, il reato risulta contestato dal maggio 2009 al settembre 2010, dunque, da epoca precedente alla presentazione della prima denuncia, sporta nel luglio 2009, ed evidentemente riferita ad una serie di episodi pregressi, connotati da abitualità ed integranti il reato di maltrattamenti.
Per tali motivi e per l´infondatezza delle altre censure proposte dal ricorrente il ricorso è stato rigettato
Si allega sentenza
avv. Giovanni Di Martino
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