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La passione di Silvia, avvocato disabile: "Io in campo per aiutare i Colleghi più deboli"

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Si, cari amici, lo confesso, questo post, scovato quasi per caso su facebook, mi ha emozionato. Non conosco personalmente l'autrice, la collega Silvia Assennato del Foro di Roma, un avvocato "con disabilità" - è lei stessa, con una semplicità che la dice lunga sulla serenità con la quale affronta tale sua condizione e, ritengo, ogni altra sfida della sua e nostra professione - che ha deciso di scendere in campo in prima persona, candidandosi alle prossime elezioni del comitato per le pari opportunità del Consiglio dell'Ordine di Roma, che si terranno la prossima settimana. 

Non conosco Silvia, come non conosco quasi nessuno dei circa 120 candidati a un organismo - che nel Foro capitolino mi dicono essere eletto per la prima volta - che, benché spesso sottovalutato da tanti, è di straordinaria importanza, in quanto paradigma per antonomasia di un impegno, quello degli avvocati, a rimuovere ogni ostacolo che si frappone alla piena fruizione, nella professione come anche in ogni altro ambito della vita di una persona, dei diritti e delle opportunità che spettano ad ogni persona, nel caso specifico ad ogni professionista.

I Colleghi romani decideranno chi dovrà sedere nell'organismo, e faranno certamente le scelte migliori. Lasciatemi però dire che questa candidatura è una pietra lanciata nelle acque, molto spesso stagnanti, dell'indifferenza. Quando una professionista si racconta in questo modo, narrando pubblicamente, senza reticenza alcuna, delle proprie difficoltà quotidiane, dei problemi incontrati in un percorso di emancipazione - che per una persona disabile è impegnativo come scalare a mani nude delle ripide montagne - è perché ci crede profondamente, ed è capace di gettare il proprio cuore oltre ogni ostacolo. E quando, come fa lei in questa lettera, dichiara di volersi candidare per essere utile agli altri, allora Io penso di trovarmi di fronte non solo ad una persona perbene, ma ad una professionista ed una Collega che meriterebbe di stare in quel Comitato.

Grazie, Silvia! Grazie per ciò che sei prima ancora per ciò che fai.  Grazie perchè questa tua testimonianza per me, e sono certo per tanti di noi, vale enormemente di più dei mille discorsi che si sono succeduti, proprio in questi giorni nella Tua città, nel corso di un congresso che tutto ha rappresentato meno che l'avvocatura di base, quella che si arrabatta ogni giorno con problemi legati alla sopravvivenza rimasti puntualmente irrisolti e perfino non affrontati. Grazie per il Tuo voler essere "quell'aiuto per i giovani colleghi, o anche studenti, che ancora mi telefonano chiedendo se vi sia un elenco speciale per gli avvocati disabili o come fare a mettersi in proprio". Spero che queste Tue parole, prima ancora che valerTi una elezione (meritata) scuotano tutti noi, facendoci comprendere come non esistano diritti senza pari opportunità e piena inclusione. 

Ad majora, Silvia!

Piero Gurrieri, avvocato

Ecco, adesso, dopo lo spazio pubblicitario, la lettera dell'avvocato Silvia Assennato.

Il mondo del diritto può fare molto per alimentare un immaginario collettivo aperto, coraggioso e solidale. Per questo intendo promuovere anche nella professione forense, valori quali: partecipazione, inclusione sociale, accoglienza, parità di genere, non violenza, cittadinanza attiva, riduzione delle diseguaglianze, promozione della giustizia sociale, tutto questo si sintetizza nel Prendersi cura delle persone e del loro patrimonio.
Viviamo in un mondo che ha una profonda paura sociale che cresce, innescando l'idea che in caso di rischi legati alla salute, alla vecchiaia o alla povertà si finirà per non avere quella copertura che fino a pochi lustri fa era garantita.
Sono fenomeni che colpiscono maggiormente i soggetti più fragili con minore dotazione – anche culturale – per costruire una propria difesa sociale, rappresentando una diversificazione di fatto nelle opportunità di accesso alle cure, non solo sanitarie, con situazione analoga per ciò che concerne la non autosufficienza dove l'impegno familiare rimane molto alto – spaziando dal care diretto alla gestione delle badanti ecc ed è inevitabilmente condizionato dalla disponibilità di reddito e patrimonio oltre che dalla stabilità e solidità della rete familiare. Ma è una paura che porta a non riconoscere l'altro negando la sua umanità e il suo diritto di autodeterminarsi: chi non si è mai trovato a parlare di fronte ad una persona in difficoltà rivolgendosi al suo accompagnatore piuttosto che direttamente a lui?

Da professionista con disabilità, quale sono, è un comportamento che fa molto male perché in un solo istante annulla tutto ciò che è stato fatto, lasciando apparire la quotidiana battaglia per l'uguaglianza come un esercizio donchisciottesco.

Per combattere questo quadro, parecchio fosco, la declinazione universale delle pari opportunità può fare molto, rappresentando un'ancora per garantire tutela e per smontare molti degli stereotipi legati alle condizioni di fragilità, ed è uno strumento che si può agire quasi a costo zero, con buona pace di chi ancora pretermette i diritti umani a non meglio specificate esigenze di bilancio pubblico. Strumento base di questa che può essere definita una rivoluzione, insieme alla tecnologia, sono gli adattamenti ragionevoli che consentono di adeguare il mondo reale alle singole esigenze, rendendolo più giusto, facile ed inclusivo.

Se infatti i diritti della personalità sono quelli che tutelano i beni fondamentali quali ad esempio la vita, l'integrità fisica e morale e la dignità umana ossia quei beni dei quali l'ordinamento si limita a riconoscere l'esistenza, in capo al singolo (art. 2 Cost), si può osservare che ciò che assume valore dirimente non è la denominazione o l'inquadramento formale quanto piuttosto il concreto atteggiarsi di questa nel panorama delle varie misure e dei benefici che il legislatore ha predisposto quali strumenti di ausilio ed assistenza, tutte misure rispetto alle quali l'accessibilità – fisica o meno - rappresenta una precondizione necessaria ma, alle volte non sufficiente e neppure sempre garantita.


Questo è il motivo per cui intendo metterci la faccia, ritenendo necessario costruire una cultura delle pari opportunità che superi la mera accessibilità fisica, perché ciò che deve cambiare è in primo luogo l'atteggiamento delle persone verso l'altro, necessariamente diverso da sè.
Ritengo infatti che siano i disabili in prima persona a doversi impegnare per le proprie istanze, ed intendo impegnare quello spirito "di categoria" che sento e che dovrebbe portare il mondo della disabilità ad unirsi per fare massa critica, anziché disperdersi in battaglie intestine che, a mio modo di vedere squalificano il movimento fino a vanificare gli sforzi ed i sacrifici fatti.

Tutto questo perché voglio essere quell'aiuto per i giovani colleghi, o anche studenti, che ancora mi telefonano chiedendo se vi sia un elenco speciale per gli avvocati disabili o come fare a mettersi in proprio: no, non c'è un elenco speciale ed essere il capo non è mai facile per nessuno ma con tanta buona volontà, cocciutaggine e un po di aiuto esterno si può essere avvocati a tutto tondo, rispettando i diritti, dando lavoro ad altri e pesando meno sulla collettività, per scuorno di coloro che ci vogliono meri percettori di assistenza o anche truffatori.
In una parola, costruendo giorno per giorno un ambiente civile e lavorativo sempre migliore e per arrivare ad essere davvero tutti uguali davanti alla legge, il che significa arrivare ad un sistema di leggi che riconosca e protegga le specificità di ciascuno.

 

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